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Vince sempre il più ricco? E come si fa a batterlo?

di Luca Marchetti
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© foto di Federico De Luca

Spesso si fanno discorsi relativi al fatturato e alla capacità di spesa. È evidente che se hai più soldi sei avvantaggiato: diciamo che come minimo puoi permetterti più errori. Ma da qualche tempo a questa parte, soprattutto in Italia, sembra quasi si sia innestato un circolo virtuoso soltanto per alcuni, seguendo la scia di quanto sta succedendo in Europa.
Di fatto i grandi capitali attraggono grandi campioni, i grandi campioni attraggono nuovamente grandi capitali e nel frattempo nella maggior parte dei casi arrivano anche i risultati sportivi, che quindi rialimentano il sistema e continuano a dargli forza. Sembra complicato e difficile potersi inserire nel club dei grandi, bisogna essere decisamente più bravi degli altri, non soltanto dal punto di vista strettamente calcistico, ma anche di capacità manageriali.
Questa situazione ha portato però a uno sbilanciamento. E potrebbe continuare ad esserci, considerato che il trend, almeno quello studiato dal CIES, sembra disegnare un quadro ben preciso. Il centro studi svizzero ha preso in considerazione gli ultimi 10 di 22 leghe. Ho voluto prendere in considerazione soltanto il Big5, giusto per capire in che direzione stava andando chi traina (per risultati ed economia) il calcio mondiale. Bene: se nel 2008 il campione in uno dei primi 5 campionati al mondo faceva il 73% dei punti disponibili (contro il quasi 69% del secondo e il terzo) questa percentuale è crescita moltissimo e soprattutto si è allargata la forbice: 83% contro il 73%. Vale a dire che il campione fa il 10% di punti in più (in media) del secondo. I due campionati che hanno fatto il salto più grande sono (guarda un po’ la Ligue1 con il PSG (+10% rispetto a 19 anni fa) e SerieA con la Juve (+8,3%). Insomma la competitività è calata eccome. Pensate che nello stesso periodo l’Inghilterra ha avuto un +2,3% e la Spagna addirittura un segno negativo. Ma la ricchezza (e le vittorie) sono distrubuite diversamente.

Un altro parametro è quanti gol di differenza vengono segnati a partita: anche in questo caso la SerieA è seconda solo alla Ligue1, stesso discorso per la percentuale di partite che finiscono con più di tre gol di scarto. E questa situazione si verifica anche in Champions League: il divario sta crescendo tanto è vero che i numeri di questi ultimi due parametri è cresciuto molto di più in Coppa che nei vari campionati...
Quindi ci dobbiamo rassegnare a vedere questi monopoli continuare senza possibilità di inserimento? No, certamente. In Europa come in Italia c’è chi si sta attrezzando per porre fine all’egemonia. Il problema è che ci vuole di piu di un singolo acquisto o un singolo giocatore. Non è solo il mercato a determinare le sorti tecniche di una squadra. Aiuta, certamente. Ma non basta da solo. Serve una struttura societaria interessante, una solidità economica importante. E serve che il movimento calcio intorno a quella squadra funzioni. Le risorse per la squadre che parteciperanno alla Champions League continueranno a crescere, ecco perché sarà vitale parteciparvi, ecco perché il Milan punterà molto sul mercato di gennaio per riprendersi il posto nell’Europa che ha dominato.
Questo - come per l’Inter e come lo è stato per Juventus e Napoli - è il miglior trampolino per cominciare a prendere la rincorsa. Innescare un meccanismo virtuoso: vendere vincere e comprare per continuare a crescere. Marotta lo ha già fatto alla juve e proverà ad esportarlo all’Inter. La Juve ha piazzato l’asticella sempre più in alto e il colpo di CR7 testimonia quanto non sia solo una vicenda tecnica od economica, ma anche di motivazioni e di spinte.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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