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TMW - Guardiola integrale: "Futuro in Italia? Perché no... Ci sono talenti"

di Giacomo Iacobellis
Fonte: Dal nostro inviato, Alessandro Rimi
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Protagonista dell'evento 'La Bellezza del calcio raccontata dai maestri' al Festival dello Sport di Trento insieme ad Arrigo Sacchi e Carlo Ancelotti, l'allenatore del Manchester City Pep Guardiola ha parlato della sua carriera, dei suoi concetti di gioco e di questa stagione sportiva, con un occhio anche alle squadre italiane. Queste le sue dichiarazioni, raccolte da TMW: "Chi gioca bene vince? Sì, ma a volte non succede. Il bello del calcio è che tutto è possibile. È l’unico gioco del mondo nel quale puoi anche non tentare di ‘fare punto’ e vincere lo stesso".

Evoluzione del calcio? "È difficile fare valutazioni generali, di solito guardo all’allenatore per capire come il nostro avversario potrebbe affrontarci. In Serie A il Sassuolo, ad esempio, gioca in maniera propositiva, altre giocano nel modo opposto".

Squadre che mi hanno ispirato? "Più che altro a ispirarmi è stato Johan Cruyff. Per me è stato importantissimo, ci ha aperto gli occhi, aveva le idee chiare e ci ha fatto capire il calcio come un qualcosa di diverso. Cruyff ci mostrava tutto: come vincere e perché farlo in quel momento. Ha trasferito un sentimento, un amore verso i giocatori, ma anche l’essenza della competizione. Il calcio è uno sport complicato e lui ha dominato perché lo pensava come nessuno".

Tiki-taka? "Non voglio essere un falso umile, ma non ho inventato niente. Abbiamo vinto coppe dei campioni con sei-sette giocatori in arrivo dal settore giovanile. Abbiamo potuto beneficiare di una combinazione di stelle, il che succede una sola volta nella vita. Tutti interpretavano il gioco allo stesso modo. In più avevamo il giocatore più forte di tutti i tempi. Ci siamo mangiati tutti. C’era piacere nel giocare a pallone. Il tiki-taka non mi piace molto come concetto: è troppo ludico. Noi sapevamo cosa fare e come farlo e questo succedeva sempre. È sempre bello rivedere certe immagini, vedremo tra vent’anni se sarà ancora tanto interessante per le generazioni future e se davvero avremo lasciato un segno".

Messi? "Un ragazzo perbene, un animale competitivo, feroce, che aiuta tutti a crescere, uno da grandi partite e che odia perdere. Nei grandi eventi, se la squadra lo segue, fa la differenza. Lui e Cristiano hanno fatto cinquanta gol a stagione per quindici anni. Barcellona e Real hanno dominato non a caso".

City favorito per la Champions? "Dovremo essere proprio bravi bravi se lo dicono... Non so se siamo pronti, non abbiamo una storia alle spalle. Parlo di società e tifosi. Quando credi che puoi vincere, poi devi farlo. Il Milan, che tornerà presto in Champions, sa cosa vuol dire trionfare in questa competizione. Gli è successo tante volte. Le favorite sono le squadre che hanno storia e tradizione: Barcellona, Real Madrid e Juventus, che ogni volta è più vicina e adesso ha anche acquistato Cristiano Ronaldo. Penso anche all’Atletico, noi cercheremo di essere lì".

Cosa ruberei a Carlo? "Il cappello (ride, ndr). Anche ad Arrigo. Scherzi a parte, il calcio va a cicli. Quando parli con i suoi giocatori, ricevi solo risposte positive. Non solo in quanto allenatore, ma anche come uomo".

Mentalità nel calcio italiano? "Non manca nulla alle squadre italiane. Bisogna certamente riflettere sul passato, ma questo Paese ha vinto tantissimo nel calcio. Prima difensivamente, poi dopo Sacchi anche giocando bene. E comunque difendere bene è un grande talento e gli italiani in questo sono maestri. Tutti possono perdere, capita, si perde di più sia nel calcio sia nella vita. Ci sono grandi giocatori in Serie A. Ora i club e la Federazione faranno certamente un passo avanti".

Italia nel futuro? "Perché no. Non pensavo di andare in Germania e imparare il tedesco. Qui si mangia molto bene (ride, ndr)".

Premier? "Si sta molto bene in Inghilterra. In Germania il calcio piace tanto, ma durante la settimana c’è tanto altro. Non si parla sempre e solo di questo sport. Nei Paesi latini è indubbiamente diverso. Quando viaggi ti rendi conto delle differenze culturali".

Amarezze? "Nessuna, ho vinto meritando e altre meno. Da piccolo ho accettato che nel calcio si vince e si perde. Do sempre tutto, se sono bravo è perché lavoro molto. Lo sport è una forza culturale incredibile, fondato sulla competizione continua".

VAR? "Prima o poi arriverà anche in Champions e andrà meglio".

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