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Tare: "Il rapporto con i giocatori è la chiave del successo"

di Marco Frattino
Fonte: lalaziosiamonoi.it
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

La Lazio viaggia spedita e il ds Igli Tare fa il pieno di complimenti da parte di tutti gli addetti ai lavori. Il dirigente biancoceleste, però, non abbassa la guardia e continua a lavorare con il solito ritmo incessante, come rivelato alla tv Digitalb. Dopo l’uscita del primo stralcio dell’intervista, i siti albanesi oggi hanno pubblicato anche la seconda parte.

Hai dovuto affrontare lo scetticismo generale quando hai intrapreso la carriera da ds? “Scetticismo no, ma le persone erano giustamente dubbiose in quanto il mio curriculum non aveva esperienze di questo genere. Nessuno se lo aspettava, per questo era lecito che in molti si ponessero delle domande nel momento dell’annuncio del mio nuovo ruolo da ds”.

Il primo obiettivo che volevi realizzare? “Il momento più bello è stato quando ho annunciato il mio nuovo ruolo in Albania, in una conferenza stampa indetta per annunciare il mio addio al calcio giocato. Molti si chiedevano: “Com’è possibile che diventerà direttore sportivo?”. Per me è stato molto semplice, perché la mia carriera è sempre stata ricca di sfide da quando ero al Partizani, poiché sono il figlio di Isa Tare. Qualsiasi cosa mi accadeva era merito di mio padre, secondo loro. Una volta andato all’estero la sfida è diventata contro me stesso”.

Il nome di tuo padre ha un po’ ‘pesato’ nelle tue esperienze? "Più gli altri, perché per me è stato sempre un onore. Con la sua educazione ci ha trasmesso a me e ai miei fratelli il valore del sacrificio, che più tardi nel corso della mia carriera è diventata la chiave del mio successo".

Cosa ti manca del calcio giocato? “Sono due mondi differenti. Il calciatore vive in un mondo irreale, ma è la professione più bella. Cose semplici, belle senza starsi tanto a spremere le meningi. Parlo molto con i giocatori ora, come se fossi parte di loro. Loro devono sbagliare per capire come possono correggere i loro errori”.

Come ti chiamano i giocatori? “Igli. Non ho mai voluto che mi chiamassero direttore, perché ho sempre voluto instaurare un rapporto amichevole. E’ la chiave per una collaborazione di successo”.

Quanto tempo al giorno ti prende la Lazio? “La mia professione dà tanto ma toglie anche tanto. Lo noto quando vedo mio figlio: ho iniziato a fare questo lavoro quando lui aveva due anni e ora è quasi un uomo come me. In questi anni gli è un po’mancata la mia presenza e gli sono riconoscente, così come anche a mia moglie, perché comprendono perfettamente cosa richiede questa professione”.

Il luogo più bello di Roma? “Il lago di Bracciano. Passo molto tempo con la mia famiglia lì. E’ uno dei posti più belli per rilassarsi”.

Com’è Igli Tare in famiglia? “Non sono un papà severo o rigido. I tempi sono cambiati, cerco di soddisfare ogni richiesta dei miei figli”.

Come sei cresciuto tu invece? “Papà ci svegliava ogni giorno alle 6.30 per fare ginnastica. Nei momenti difficile della mia vita mi è servita molto”.

I poster nella tua camera? “Non ne ho avuti. Tuttavia all’epoca ero un grande ammiratore del Milan degli olandesi, quello di Sacchi, Van Basten, Gullit e Rijkaard. Sono cresciuto avendo Van Basten come idolo”.

La gioia più grande che hai dato ai tuoi genitori? “Quando segnavo e loro ascoltavano il mio nome urlato a gran voce da tutto lo stadio”.

Un problema per Tare? “Mi sento sempre uno straniero in Italia perchè non c’è nessun posto come la tua terra natale”.

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