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Parla Di Francesco: "Roma, contro lo Shakhtar non partiamo favoriti"

di Raimondo De Magistris
Fonte: It.uefa.com
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

Intervista concessa al sito dell'UEFA da Eusebio Di Francesco, allenatore della Roma che mercoledì contro lo Shakhtar guiderà i giallorossi in una sfida valida per l'andata degli ottavi di finale di Champions League: "Sulle chance dico 50 e 50, perché ritengo lo Shakhtar un’ottima formazione. Ma anche noi non siamo da meno, per cui ce la giocheremo alla pari. Detto questo, dobbiamo dare il massimo dal punto di vista dell’attenzione, della concentrazione e dell’aspetto tecnico-tattico. Questo potrebbe fare la differenza nell'arco delle due gare, dal momento che non ci sarà la possibilità di rimediare. Quando ci sono partite secche, c’è sempre meno tempo per rimediare e quindi un minor margine di errore. Dovremo essere bravi a sbagliare meno degli altri".

Un eventuale passaggio del turno potrebbe darvi slancio anche in campionato, aumentare autostima e convinzione?
"Nel calcio l’autostima va e viene, perciò speriamo di dare anche in questo caso grande continuità legandoci ai risultati. Naturalmente passare il turno sarebbe per noi motivo di grande orgoglio, ma anche di grandissimo entusiasmo, sia per il gruppo sia per l’ambiente"

Dove pensa che possa arrivare la Roma nel suo percorso in UEFA Champions League?
"Partita dopo partita! Per ora dobbiamo cercare di passare il turno in un confronto non facilissimo. Ricordiamoci che lo Shakhtar ha eliminato il Napoli, che in questo momento sta dominando il campionato italiano insieme alla Juventus. È una signora squadra, ben allenata, che sa quello che vuole".

Quanto è appagante per un allenatore vedere affermarsi giocatori come Cengiz Ünder e Gerson, cresciuti grazie al grande lavoro svolto dallo staff tecnico?
"A un allenatore dà soddisfazione trovare giocatori disponibili dall'altra parte. In quel caso si è già a già a metà dell’opera… poi si aggiungono le grandi qualità che hanno e la capacità di apprendimento. È ovvio che alcuni giocatori come Ünder hanno avuto bisogno di un po' più tempo per assimilare sia il tipo di campionato sia le direttive o i movimenti che io chiedevo. In questo momento è un giocatore che ha la spigliatezza, la capacità, l’esuberanza di trasformare ciò che gli chiedo in qualcosa di importante. Mi auguro che continui di questo passo, non deve mai mollare e lavorare con grande umiltà. Per quanto riguarda Gerson, ha avuto degli alti e dei bassi però è cresciuto tantissimo. Dal punto di vista fisico prima di tutto, perché ha maggiore continuità durante la gara e questo fa la differenza, abbinato alle sue grandi qualità tecniche".

Lei da giocatore della Roma partecipò alla Coppa UEFA, ma non alla UEFA Champions League. Che cosa ha provato la prima volta quando sono partite le notte dell’inno?
"L’inno è quello che ti ci fa pensare un pochino di più… ti rendi conto dove sei in quel momento. Però ero così concentrato sulla partita [contro l'Atlético Madrid] che tutto il resto è passato in secondo piano. Poi, avendo raggiunto l’obiettivo della qualificazione, mi sono reso conto di quello che avevamo fatto. In questo momento, però, l’importante è non accontentarsi".

Dopo quel sofferto pareggio contro l’Atlético Madrid, considerando anche il sorteggio, si aspettava una Roma qualificata come prima nel girone?
"Ogni partita ha una storia a sé. Noi non eravamo in un buon momento a livello fisico, oltre ad essere una squadra in costruzione. Con il tempo siamo cresciuti e abbiamo raggiunto maggiore consapevolezza. Abbiamo disputato un girone di UEFA Champions League in crescendo. Anche in casa dell'Atlético, nonostante la sconfitta, avevamo giocato bene per 70 minuti. È stata quella partita a farci capire quanto è difficile questa competizione, perciò questo primo posto ce lo teniamo veramente stretto".

Le due partite contro il Chelsea rappresentano finora l’apice della stagione della Roma?
"Sicuramente sì, è innegabile. Però mi auguro che ce ne siano altre. Sono state motivo di grande orgoglio, ma è qualcosa che sbiadisce in fretta. Se non si dà continuità ai risultati tutto appassisce".

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