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Nicchi: "Soddisfatti del VAR. Basta discussioni futili"

di Ivan Cardia
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

La Serie A saluta il primo anno di VAR. Ai microfoni di RMC Sport Network, il bilancio di Marcello Nicchi, presidente dell'AIA: "C'è da essere molto soddisfatti. Uno strumento che si è rivelato utile per gli arbitri, che ci viene copiato da tutto il mondo calcistico. Se in soli cinque mesi siamo riusciti a fare questo, sarà facile immaginare che negli anni gli errori si possano ridurre quasi allo zero".

Come mai l'UEFA non lo ha ancora adottato?
"Ha problematiche diverse. Noi lo applichiamo solo in Serie A, in campi attrezzati e con attrezzature permanente. Applicarlo in Europa League è più complicato, specialmente nei primi turni che si giocano in federazioni e su campi che durante la stagione non vedono l'applicazione di questo strumento. La UEFA sta valutando di applicarlo solo a partire dalla fase avanzata. Questo è quello che penso, almeno, poi non conosco le loro intenzioni".

Come si può migliorare? Forse a livello comunicativo?
"Sono d'accordo. Direi che la cosa che bisogna fare è questa: ripartire da dove siamo arrivati. Nei cinque mesi c'è stato un progressivo miglioramento nell'utilizzo. Nelle prime partite era comprensibile: qualche arbitro non voleva apparire VAR-dipendente, cercava di utilizzarlo il meno possibile. Poi, quando giustamente Rizzoli ha detto di utilizzarlo, ha fatto sì che gli arbitri vadano a vedere anche i casi meno eclatanti. Poi gli arbitri hanno capito: possono metterci il tempo che ci vuole, purché prendano una decisione giusta".

Sarebbe favorevole a separare gli arbitri in due categorie?
"No. Per un semplice motivo: l'arbitro che va al VAR non può essere uno specialista ma deve essere un arbitro in attività. Non vogliamo creare pensionati, cioè arbitri di 70 anni che vadano al VAR e interpretino le azioni come facevano alla loro epoca. Gli arbitri, per agire bene, devono fare tutti la stessa scuola e lo stesso allenamento. Se ci fosse uno specialista VAR dovrebbe fare un percorso diverso. Più si usano persone di campo e più la cooperazione funziona. Non siamo immuni dagli errori, però lavoriamo per migliorarci".

Va migliorato il protocollo o va spiegato meglio?
"L'abbiamo detto dall'inizio. Il protocollo è molto complicato, e gli arbitri hanno impiegato un po' di tempo per assimilarlo. Posso immaginare che sia servito un po' di tempo anche agli organi di formazione. Penso che il protocollo vada snellito, per esempio sui calci di rigore o sul fuorigioco. Bisogna lavorare nei cinque punti, senza complicarsi la vita. A che servirebbe prendere in esame un calcio d'angolo o un fallo laterale? Non sono quelle le cose che decidono una partita".

Quanli errori avrebbe potuto correggere il VAR ai suoi tempi?
"Quello che mi è costato la carriera. Ora è cambiato tutto, c'è un rapporto diverso coi calciatori, con le società, con gli allenatori. Non c'è più quel distacco, l'arbitro veniva visto come una figura da sopportare, ora c'è un bel rapporto".

Qual è questo errore?
"Perugia-Napoli, un gol di mano di Rapajc che non fu visto né da me né dagli assistenti, il VAR l'avrebbe beccato di sicuro".

A proposito di Napoli. Il bilancio è positivo, ma le recriminazioni sono tante.
"Io non mi permetto di rispondere su questi campi, ognuno valuta le cose per come le vede e per come gli interessano. Io dico che lo strumento funziona e non lo sto dicendo io ma lo dicono tutti. C'era curiosità. Noi ci siamo presi un rischio come FIGC, si veniva da soli tre mesi di sperimentazione, però abbiamo visto che i nostri ragazzi volevano questo strumento. A differenza di altre federazioni, abbiamo un'organizzazione capillare, abbiamo potuto utilizzare gli arbitri di B e gli assistenti internazionali".

È possibile pensare che gli arbitri diano una spiegazione nel post-partita delle decisioni prese?
"No, per il momento no. Devo ripetere cose che ho già detto: stiamo lavorando, ma finché non cambia la mentalità non si può fare".

Aveva lanciato un'apertura in passato.
"Lo potremo fare quando l'interprete di ciò che succede in campo sarà l'arbitro. Noi abbiamo uno strumento che soddisfa tutti e che viene messo in discussione da qualcuno. Ora ci sono i moviolisti della moviola. Non si può ogni volta discutere di cose futili. Bisogna azzerare questo tipo di comportamenti, lavorando su tante altre cose. Se conosci il protocollo non c'è bisogno di spiegazioni, sai già perché ha fatto una certa cosa".

Aprire a un challenge in stile tennis?
"Io credo che ora tutti cerchino la novità. Non lo so, ma credo che non sia giusto. Se in una partita non succede niente, come è successo spesso, e invece in un'altra ci sono dieci episodi, perché dovrebbero esserci comunque tre possibilità? Non credo inoltre che sia possibile dare ad altri il metro di giudizio. Penso che la serenità che c'è oggi porti a ritenere gli arbitri soddisfatti del mezzo che hanno a disposizione. Poi magari un domani, fra tre o dieci anni, chissà".

Non sarebbe utile aprire il confronto?
"Ma noi siamo aperti a tutto. Voi forse non lo sapete ma facciamo migliaia di riunioni all'anno. Ne facciamo una periodica con allenatori, capitani, dirigenti: gli facciamo vedere e sentire tutto. Non c'è uno che fa una domanda".

Fa parte del gruppo che ha candidato Abete alla presidenza FIGC. Perché quello che non era possibile a gennaio lo diventa a maggio?
"Io penso che la persona non sia mai stata messa in dubbio. Detto questo, il 29 gennaio non siamo stati capaci di eleggere un presidente perché si litigava sulle molliche di pane quando c'era da fare le torte. Siamo stati commissariati, e quell'errore non va ripetuto. Poi quel commissario ha iniziato a fare delle cose senza condividerle con nessuno. Il 2% dei voti? Noi lotteremo fino alla fine perché è una cosa che ci spetta democraticamente, non ne vediamo la necessità. Il problema è un altro: il commissario, che è arrivato per fare delle cose, le sta facendo in piena autonomia. Però ravvisiamo la necessità che, siccome purtroppo non andiamo ai mondiali, e abbiamo un'estate per fare delle riforme, siano 2-3 mesi da sfruttare. Servono un nuovo presidente e un nuovo Consiglio Federale prima che riparta la stagione. Se non approfittiamo di questo periodo si rischia di far iniziare un nuovo campionato senza che si facciano le cose che servono. Abete sa dove mettere le mani".

A gennaio tre candidati non hanno trovato l'intesa.
"I tre candidati forse hanno sbagliato tutti e tre. È un errore che non possiamo più rifare, da cui dobbiamo imparare e con cui dobbiamo crescere".

Il rapporto con Collina?
"Noi abbiamo buoni rapporti con tutti. Sono gli altri che devono avere buoni rapporti con noi. È lontano? È in Svizzera".

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