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L'assurdo processo mediatico per Ronaldo già prima delle sentenze. In campo Fenomeno e Juve pazzesca. L'Italia finalmente si accorge di Pellegrini mentre è in cerca di un 9. Solo che Cutrone è in panchina e il Milan pensa a Ibra

di Marco Conterio
Nato a Firenze il 5 maggio del 1985, è caporedattore di Tuttomercatoweb.com. Già firma de Il Messaggero e de La Nazione, è stato speaker per Radio Sportiva ed è ora voce di RadioMonteCarlo Sport
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Giustizialisti e innocentisti. Accecati dalla voglia di una soluzione, prima che il tempo faccia il suo corso. Scrivere di Cristiano Ronaldo in queste delicate ore non è certo facile. Perché pende su di lui una scure importante, un'accusa grave. Però non c'è null'altro da aggiungere. C'è un corso legale e non c'è una verità fin quando indagini e giustizia non daranno un loro incontrovertibile verdetto. L'accusa di stupro in Nevada, per un reato del 2009. Le dichiarazioni d'innocenza oggi, di Cristiano Ronaldo. La fotografia s'allarga con l'inchiesta del Der Spiegel che offre ipotetici dettagli ma non la soluzione. Sicché l'apertura è dovuta perché fattore di preoccupazione per multinazionali e investitori, ma oggi mettere alla ghigliottina un uomo, alla berlina una persona, per un'accusa, è farsesco e paradossale. E' il mondo contemporaneo, dove sei Maria Antonietta prima di esserti seduto sul trono. Il boia ti aspetta dietro l'angolo, senza sconti, platea e giudice. Nessuno giustifica e, soprattutto, nessuno giudica qui. A ciascuno il suo, scriveva Sciascia, uno che nei tempi moderni dovrebbe dar lezioni a chi pensa e spera di spiegare la medicina ai dottori e la scienza agli scienziati.

A ciascuno il suo è il calcio a Cristiano Ronaldo. Lì eccelle e lì lo giudichiamo, oggi. Straripante e strepitoso, contro l'Udinese. E' arrivato a Torino dal Real Madrid per depredare i galeoni nei mari d'Europa, ma pure nelle rive d'Italia è abile cacciatore. La sua missione era il bottino grosso ma pure gli spiccioli dell'orto ben noto alla Juventus sono un bersaglio a lui caro. Ha segnato, ha tirato, ha dribblato. Senza giri di parole: è dai tempi di Ronaldo che la Serie A non vedeva un giocatore così. Mancava, in Italia, uno così. E lo dice, scrive e racconta un Messista convinto, un ¡No pasarán! del Tiki Taka e del talento regalo degli alti cieli e non del laboratorio del sudore e dell'ambizione. Thierry Henry, non certo il sottoscritto, disse saggiamente che "a livello di talento puro non ci sono paragoni". E a quello dovresti mirare, quando pensi al più grande. Solo che, scendendo di livello, in Serie A Cristiano Ronaldo è pure il talento più puro per distacco rispetto agli altri. Una striscia di vittorie inaudita erge il colpo dell'estate a trasferimento più importante del calcio recente, per l'Italia. Per portata economica, è vero, ma pure tecnica e d'impatto immediato.

A ciascuno il suo, dicevamo. Pure a ciascuno i suoi tempi. Ai giocatori ma pure ai tifosi e agli addetti ai lavori, che per rendersi conto che Lorenzo Pellegrini è uno dei più fulgidi talenti del calcio italiano hanno trascorso troppo tempo. Per virtù ma pure per necessità, il romano si è ritrovato catapultato a fare il 'falso dieci'. Non è trequartista, semmai incursore, a metà tra le giocate di Perrotta e quelle di Nainggolan, con un pizzico di fantasia da uomo del ruolo. Fa l'interno e gioca a due, è uno di quelli che l'Italia sta cercando come il pane ed è pure il tempo di iniziare a considerarlo non solo più una promessa ma una realtà. Perché in fondo, questa Italia disgraziata, avrebbe pure una sua ossatura. Roberto Mancini, seppur qui nessuno voglia certo dare lezioni ma quanto meno un suggerimento di cuore, scelga un undici titolare. Ne avrebbe modo e uomini. Manca semmai un centravanti certo e garantito, perché Mario Balotelli è fuori per scelta tecnica a Nizza pure con Patrick Vieira, perché Ciro Immobile e Andrea Belotti sono meravigliosi ma in azzurro soffrono un fardello pesante. E' l'unica pecca di un'Italia che con Lorenzo Insigne, Federico Bernardeschi e Federico Chiesa, ha una trequarti mai così talentuosa da troppi anni. Manca il 9. Al Milan ce ne sarebbe uno, Patrick Cutrone, ma la vera e amara realtà è che dovrebbe lasciare i rossoneri per sbocciare e diventare grande. Sono state confermate dai protagonisti pure le voglie e le intenzioni di sondare il terreno per Zlatan Ibrahimovic ed è un paradosso, quando hai non solo Gonzalo Higuain, ma un tecnico che gioca a una punta e uno come Cutrone dietro. La soluzione dovrebbe essere una sola. Anche perché questa Italia avrebbe bisogno di uno così.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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