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Inter, Suning non molla. I piani di rilancio anche senza Sabatini. Il problema è Icardi. Milan, la verità sul rinnovo di Gattuso. Mondo, ci mancherai

di Enzo Bucchioni
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© foto di Federico De Luca

L’addio ravvicinato di Sabatini e Capello al mondo Suning e alla Cina hanno fatto pensare e scrivere di tutto e di più. La più grossa racconta più o meno così: Suning rivende l’Inter e lascia il calcio. Niente di più falso. Non è così. Nessun addio, nessun ridimensionamento o ripensamento. E allora? Che succede?

Il problema è tecnico e culturale allo stesso tempo. Chi pensa che i cinesi, in assoluto e non soltanto il signor Zhang, ragionino come noi, abbiano la nostra stessa idea del mondo e degli affari, sbaglia di grosso. Chi ritiene che il fatto stesso che noi sappiamo più di calcio di loro possa autorizzarci ad avere l’ultima parola, sbaglia ancor di più.

L’addio di Sabatini altro non è se non la presa d’atto della scarsa conciliabilità di due mondi. Sabatini è un grande uomo di calcio, per me uno dei migliori se non il migliore in assoluto. La carriera parla. Dopo quaranta anni ha esperienza e modi di fare consolidati. Ci tiene soprattutto alla sua autonomia e anche se conosce il gioco di squadra, spesso gioca da solo, come tutti i fuoriclasse. I cinesi no. I cinesi discutono, analizzano, pensano, valutano, prendono tempo, sono pieni di dubbi e di cavilli. Un modo di fare che mal si concilia con il decisionismo di Walter Sabatini. Lui, per cultura, è abituato a pensare le squadre e a farle direttamente. Ama il rischio di qualche colpo ad effetto. I cinesi no. E facile così capire come questa convivenza non potesse durare oltre. Sabatini era un uomo in gabbia, fra vincoli e paletti. Si sentiva frustrato nel suo lavoro. Il discorso su Capello è diverso. Il signor Zhang ha deciso di ingaggiare un allenatore dal curriculum prestigioso pensando che un uomo solo potesse risolvere i problemi della sua squadra cinese, lo Jiangsu. Capello s’è salvato, ma i cinesi, anche per le restrizioni e i freni imposti dal governo contro gli sprechi del calcio, presto si sono pentiti di un ingaggio così elevato. Forse si aspettavano di più da un manager che prende dieci milioni di euro, parallelamente Capello non era contento, pensava di poter incidere di più sul mercato. Al suo posto hanno preso un allenatore normale, che costa poco.

Così si comprendono anche le parole dell’Ad Antonello che ha bollato le vicende come “Cose personali”. In un certo senso lo sono.

Insomma, anche senza Sabatini l’Inter andrà avanti con i suoi programmi e non è detto neppure che venga di nuovo affidata a qualcuno la carica di coordinatore delle squadre di Suning. E’ assai probabile che resti il solo Ausilio ad occuparsi del mercato.

Suning ha già messo nell’Inter quasi 600 milioni, ma anche ieri Steven Zhang ha ribadito che i programmi di rafforzamento comunque andranno avanti. Naturalmente con oculatezza e attenzione ai conti. Fair play finanziario a parte, oggi comunque è fondamentale che i bilanci delle società siano in ordine. Chi pensava che la ricchissima Suning potesse immettere capitali a pioggia ha sbagliato di grosso, non sono più i tempi dei ricchi scemi. I cinesi investiranno ancora, vogliono la Champions stabilmente, ma con tempi e modi compatibili. Ma investiranno, è certo, e la conferma è importante. La dimostrazione arriva dall’acquisto di Lautaro Martinez, pagato quasi venticinque milioni. Ma l’altra dimostrazione, quella che il bilancio va sempre osservato, arriva anche dall’ingaggio di due svincolati come De Vraij della Lazio e Asamoah della Juve. L’Inter vuole crescere con intelligenza.

Il problema vero, caso mai, è il rinnovo di Icardi che sta chiedendo cifre molto elevate di ingaggio (alla fine con i bonus circa otto milioni) per rinnovare e alzare la clausola rescissoria a 200 milioni. Si discute, ma l’accordo non è facile e attorno a Icardi continuano ad esserci molte sirene. Finirà sul mercato sostituito proprio da Lautaro Martinez? Per ora Icardi sembra molto legato all’Inter, non ha avanzato richieste in questo senso, ma il caso è aperto.

Non è un caso, invece, il rinnovo di Rino Gattuso. Come vi avevamo scritto un mese fa proprio su questo editoriale ancora in memoria, il Milan ha da tempo deciso di rinnovare il contratto di Gattuso e lo aveva comunicato anche al tecnico. Era la fine di febbraio. Un modo per dargli fiducia, per caricarlo ulteriormente in vista di questa volta-Champions. Gattuso ha ringraziato, si è detto felice e d’accordo, ma anche per scaramanzia, ha chiesto di rinviare il tutto. Non vuole distrazioni. Naturalmente la pratica è andata avanti, Fassone ha preparato la bozza per il rinnovo che è stata sottoposta all’allenatore. Firmerà appena lo deciderà lui. Si è lavorato molto alla parte burocratica durante questa sosta, è tutto pronto, non è escluso che l’annuncio del rinnovo possa essere dato oggi alla vigilia della sfida con la Juve anche se nei fatti ormai è tutto scontato e assodato come vi avevamo scritto.

Sempre in tema allenatori, resta caldo il discorso nazionale. Ancelotti, il più amato dagli italiani, ha detto chiaramente a Costacurta che ha ancora voglia di allenare un club. Vuole fare un’altra esperienza in Inghilterra. Anche per correttezza, aspetta l’Arsenal che lo ha contattato prima della Nazionale. Perché non firma allora? Perché in seno alla società inglese ci sono due anime, una vorrebbe Ancelotti, un allenatore esperto in grado di provare a vincere subito. L’altra anima punta invece su un giovane come il tedesco Tuchel (45 anni, ex Borussia), per rifare un’esperienza lunga come quella di Wenger. Appena le cose saranno più chiare e se l’Arsenal dovesse decidere per Tuchel, Costacurta farà un altro tentativo, ma la strada è molto in salita. Per me possibilità zero.

Chiudo con il ricordo di Mondonico. Ho letto di tutto e di più, la retorica non serve e lui non l’amava. Mondonico sapevamo tutti molto bene chi fosse, cosa ha fatto, le sue straordinarie qualità di uomo e tecnico. Un uomo pieno di valori e di ideali che al calcio manca già. Uno degli ultimi che metteva nel pallone umanità, passione e umiltà. Ha trasformato squadre normali in grandi squadre proprio perché sapeva cementare tutto e tutti attorno a lui. Attorno alla maglia. Amava il pane e il salame. Lui era pane e salame. Genuino e onesto. Un grande professionista perbene. Ci manca già come ci mancano Davide Astori e Fabrizio Frizzi, persone straordinarie, ma normali, in mondi dove la normalità fa fatica a trovare alloggio.

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