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Inter, hai visto i cugini? Benedetto calendario

di Alessandro Rimi
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Altro che Roma(ne) e basta. Da ieri sera c’è un nuovo profilo in lotta per un posto in paradiso. Un profilo i cui lineamenti poco hanno a che fare con l’Eden. Il Milan (o il diavolo, appunto) è tornato davvero e adesso punta forte al terzo derby della stagione. Il secondo di fronte a un popolo riacceso da un unico, vero comandante: Gattuso. Da quando è arrivato lui, escluso il mesetto di assestamento, i rossoneri non hanno più visto l’ombra di una sconfitta. La vittoria netta, quasi disorientante per carattere, maturata all’Olimpico, risulta essere il dodicesimo risultato utile di fila. Lo scorso 25 novembre, l’Inter conquistava la sua ultima vittoria in trasferta a Cagliari con un netto 3-1. Il giorno dopo, a San Siro, l’allora formazione di Montella sbatteva a reti inviolate sul Torino. Distanza in graduatoria: 18 punti. Sfottò, meme, fortissimo sarcasmo. Poi arriva Rino che dice qualcosa del tipo “adesso si cambia tutto, i magazzinieri pesano quanto i calciatori titolari”. Da quel momento è un altro film. Ora le lunghezze sono appena sette. E tra sei giorni si va ancora in scena contro i cugini.

Quei cugini protagonisti di un percorso opposto. In testa a dicembre, cattivi e terribilmente uniti fino allo schiacciante 5-0 sul Chievo, spaventati e ai confini dell’imbarazzo ai giorni nostri. Sarà l’aver preparato la gara come si stesse per incontrare il Real Madrid a rendere l’Inter incapace di mettere in piedi due passaggi di fila. Emblematico in avvio l’appoggio di Vecino subito in fallo laterale. Contano però i sorrisi di fine partita. Contano quei tre punti ottenuti con le gambe tremanti. Grazie a chi l’Inter l’aveva condannata una settimana prima. Conta, insomma, aver vinto sulla svogliatezza, sull’errore facile e sulla lentezza cronica che affligge la Beneamata ormai da un pezzo. Come l’anno scorso e pure come due o tre anni fa. Un refrain utopistico che, invero, Spalletti si è messo in testa di stoppare. La sfida è di quelle personali. Di quelle che non puoi perdere perché altrimenti mandi a quel paese venticinque anni di carriera in panchina. Sbagliare non si può. Soprattutto quando guardi a quel primo posto, a quella prestazione, comunque a tratti rinunciataria, offerta nel nobile salottino della Juventus.

Ecco, a proposito, il fatto che il livello dei prossimi avversari spinga l’asticella parecchio più su, in fondo, per i nerazzurri non è che una benedizione. Milan, Napoli, Sampdoria. Questa Sampdoria che, guarda un po’, divide la stanza con l’altra faccia di Milano. Il timore incondizionato che sta zavorrando l’Inter non è tanto di quelli reverenziali, quanto più figlio di una spaventosa pressione generata da una superiorità solo presunta. La prova dei campani al Meazza testimonia che puoi divertire anche se in squadra non hai Messi. E quando tu sbagli e gli altri no, passeggi e gli altri corrono, passi e gli altri calciano in porta, la differenza tra il valore supposto e quello poi mostrato dagli avversari in campo può persino sconvolgere la mente più di quanto non lo sia già. Per queste ragioni gli interisti accolgono di buon grado i prossimi competitors. Dati alla mano, dei sei match (tre in casa e tre fuori) giocati contro le grandi di questo campionato, l’Inter ne ha vinti due e pareggiati quattro, prendendosi la soddisfazione di lasciare - per il momento - a quota zero la casellina dei ko. 540 giri d’orologio al termine dei quali si contano sette gol realizzati, appena quattro subiti e un totale di tre clean sheet. Spesso le statistiche riescono a delineare i contorni di un proiezione affidabile. Ecco perché Spalletti dà molto volentieri il benvenuto al mese di marzo. Il mercato è alle spalle, il traguardo neanche troppo lontano. La verità, come sempre, la troveremo nel mezzo.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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