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Inter, festa, ambizione e mille altre cose

di Alessandro Rimi
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© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews

Mister, al di là della tragedia Astori, lei il derby avrebbe voluto giocarlo? "Avremmo voluto, sì". Risposta secca quella di uno Spalletti elegantissimo in occasione della festa dei 110 anni dell’Inter. Perché dopo giorni di profonda tristezza e commozione impossibile da frenare, signori, lo show deve comunque andare avanti. Ora bisogna tornare in campo e ricominciare a correre. Perché altri stop, escluso quello per l’ultima pausa Nazionale, vogliamo essere certi, non ce ne saranno più. Ieri sera un appuntamento che traboccava di interismo. Storia, leggende e ricordi passeggiavano su un tappeto blu e anche mistico. Tutto il meglio, o quasi, che questi colori possono regalare era lì. Come a dire: “Ve la raccontiamo noi la storia di un club che mica ha finito di scrivere pagine gloriose”. Zenga, Zanetti, Matthäus e Ronaldo sono i primi ad entrare nella prestigiosa Hall of Fame interista. Erano i nomi più papabili e, di fatti, hanno vinto loro. Difficile pensare diversamente.

Come diversamente invece dovrà pensare l’Inter attuale. Quella che ieri era assente alla festa e che domenica sera dovrà puntare non ad evitare il ko, ma a vincere la partita contro la capolista. Diversamente dovranno pensare gli uomini di Spalletti secondo il quale è giusto che “ambiscano ad essere ricordati per aver determinato dei nuovi successi che hanno posto l'Inter nella parte importante, che va ricordata". Ambire e basta però potrebbe non essere sufficiente anche se rappresenta certamente un buon punto di partenza. Chi ha reso l’Inter grande, all’ambizione sapeva abbinare magistralmente mille altre cose. Il metodo e l’idea, il sacrificio e la professionalità, la mentalità e l’attaccamento a ciò che il club era, è e vorrà essere per sempre. Qualcosa di unico.

“Prometto che questa società è nelle mani giuste. Vedrete l’Inter: continuate a lottare per i prossimi cento, duecento, trecento anni”. Parole da vero (perfetto) presidente quelle pronunciate a Inter TV da Steven Zhang al termine dell’evento. Il popolo nerazzurro qualche volta storce il naso quanto a presenza della proprietà. Non erano appunto presenti Jindong Zhang e la più alta carica dirigenziale del club Thohir. Era però presente colui che tanti, se non tutti, vedono come futuro leader della Beneamata. Un ragazzo brillante che arriva da solo, mani in tasca, salutando i presenti con un “Ciao a tutti”. Semplicità e forte spirito di adattamento. Calato in maniera del tutto naturale dentro alla tradizione più pura. Segno che il percorso di mutamento societario viaggia - più o meno - leggero verso mete felici. Anche questo è un inizio. Ora, dopo abbracci, applausi e spumante, lo show riprende il suo corso. Con gli occhi di chi studia il passato e pure con quelli di chi guarda al domani. E il domani si chiama Napoli, poi si chiamerà Sampdoria. Avanti così, a piccoli passi. Settimana dopo settimana. A corto raggio, volando bassi. Chè anche solo a guardare Baresi, Mazzola e Altobelli viene il magone allo stomaco.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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