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Inter, anche Zhang prima o poi parlerà

di Alessandro Rimi
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Tranquilli, anche il proprietario dell’Inter, prima o poi farà sentire la propria voce. Spiegherà, a chi avrà bisogno, le ragioni di ogni mossa societaria. Sul mercato, certo, ma anche su tutto ciò che ruota attorno all’universo nerazzurro. Non che ce ne fosse bisogno: i dati di bilancio li abbiamo letti tutti. L'Assemblea dei Soci di ottobre ha ampiamente soddisfatto gli affamati di curiosità ed economia aziendale. Sponsorship, plusvalenze, ammortamenti. Da questo punto di vista nulla, o quasi, si può imputare a una società tendenzialmente trasparente per quanto concerne il proprio operato. Nondimeno, i tifosi di una squadra che di successi, presidenti e avventure ne ha viste passare tante, vorrebbero comunque sentire chi nell’Inter si fregia del nome di proprietario. Avrebbero se non altro piacere, ogni tanto, a guardare negli occhi il governatore del proprio club che, per ognuno degli amanti della Beneamata, costituisce un modello, una passione impossibile da spiegare, una religione. Sì, uno stile di vita vero che sostanzialmente non ha eguali. Ecco, per questo motivo, seppur ogni azione dei tempi recenti appaia relativamente chiara, sarebbe decisamente cosa buona e giusta se fosse appunto Suning a rendere noti i meccanismi che ne stanno alla base.

Perché le aspettative del tifoso dell’Inter, fino a prova contraria, non possono che essere sempre alte, anzi altissime. Succede questo quando ti confronti con un club pieno di storia e di forti tradizioni. Il tutto è moltiplicato per enne volte quando senti che «l’Inter non è solo una squadra di calcio, è una fede per milioni di tifosi, ha un appeal mondiale, è un brand di fama internazionale, è un asset fondamentale, è la corona delle attività Suning». In una delle sue due o tre dichiarazioni rilasciate da quando ha rilevato la società nerazzurra dal presidentissimo Moratti, Zhang ha di fatto elevato il club al punto più alto delle sue priorità. Se non è così, poco ci manca. E quando ha riaperto bocca, poi, non si è molto discostato. Per questo il popolo interista pensa in grande, cosa che già farebbe comunque. Per questo quando c’è da spendere e non si spende, degli inutili acquisti di Joao Mario e Gabigol e relative conseguenze gliene frega poco. Detto e ribadito che, escluso quattro o cinque calciatori attivi nel mondo, il mercato non avrebbe guarito la squadra. Il punto è che la coerenza è cosa rara nel mondo del pallone moderno. Alle parole, ad altissimi livelli, sarebbe bene che corrispondessero i fatti. Gli interisti, tifosi più presenti allo stadio in Serie A, sono fatti così. Ti danno il cuore, ti portano in cielo, non ti abbandonano. Mai. Allo stesso modo, però, si irritano con estrema facilità non appena le azioni, interne ed esterne, cominciano ad assumere forme vischiose.

«Bisogna assolutamente non provocare inutili preoccupazioni ai nostri tifosi, perché ci seguono e ci sostengono tutte le domeniche e sono lì a soffrire per un risultato della propria squadra». Spalletti di queste piccole ma fondamentali sfaccettature se n’è accorto subito. Dopo aver portato a termine giusto qualche campionato, dice Lucio, ormai come funzionano certe cose lo sa. Alla straordinaria passione per i propri colori, in Italia molto spesso è abbinata la critica che sa essere cruda e velenosa. Dettagli impossibili da trascurare. Fare calcio da queste parti non è una passeggiata, non è una missione possibile esclusivamente con l’occhio votato al business. Non è roba per tutti, insomma. E questo i cinesi, con ogni probabilità, non lo hanno ancora compreso appieno. Si ripete spesso che la presenza costante della proprietà può fare la differenza addirittura nel breve periodo. Steven c’è e questo è un bene. Parlasse pure un po’ di italiano sarebbe anche meglio. Dal futuro presidente dell’Inter certe cose te le aspetti. E lui si renderebbe conto di quanto poco basta per abbattere certi instancabili mugugni e regalare, a chi riempie lo stadio a prescindere, anche qualche piccola e rigogliosa soddisfazione in più.

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