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L'editoriale sulla C - La strada verso la B e i ripescaggi della discordia

di Ivan Cardia
Editoriale di Ivan Cardia per TuttoC.com
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

19, 20, 22. Che faccio lascio? Né numeri del lotto, né gli etti del salumiere. Sono le squadre di Serie B, di quella dell’anno prossimo. 19 le escludiamo: quest’anno resterà negli annali come una pagina scritta male. 20 sarebbero l’obiettivo del nuovo corso FIGC. Riduzione minima, se è per questo, ma pur sempre riduzione. E col semi-professionismo riduzione vera. 22 sono quelle che saranno, che dovrebbero essere, dopo il giorno in cui la presidenza Gravina può considerarsi davvero partita, nel senso di aver portato qualche fatto sull’altare della cronaca.

22 perché l’accordo non c’è. 22 per l’anno prossimo, perché poi arriverà la riforma, che la Lega B voglia o meno. Un po’ un paradosso, per la seconda lega, perché l’accordo che non si trova è quello relativo alle promozioni. Era evidente che a fine anno si sarebbe arrivati a uno stallo del genere, l’ultimo lascito del commissario FIGC è di quelli ancora complicati da gestire. Serie B a 22 squadre, l’anno prossimo, con quattro promozioni e tre ripescaggi. Ecco, non ci siamo.

I ripescaggi, nell’estate appena conclusa, sarebbero stati la via più corretta per ripristinare il format del campionato cadetto. In un caso, l’Entella, per la verità non sarebbe neanche servito parlare di ripescaggio. Per il futuro, però, sono un’assurdità. Ovviamente qui e ora si parla di ciò che potrebbe essere, poi serviranno dei criteri e saremo lì a valutare. Però se si parla di ripescaggio non si fa riferimento solo alla classifica, ma anche ad altri fattori, storia e bacino d’utenza. Ora, è più legittimo volere una Serie B composta da piazze il più grandi possibili. E probabilmente non ci sono grandi alternative a livello formale. Ma decidere a metà stagione che tre squadre su sette andranno su per un ripescaggio, quindi potenzialmente anche arrivando, per esempio, decime in campionato, è un’assurdità. Cambia la competizione, che invece potrebbe essere arricchita. È una provocazione, un bluff? Fino a un certo punto, perché senza accordo rimarrà l’unica via percorribile. Servirebbe la capacità di tornare sui propri passi, rivedere i propri errori, rimboccarsi le maniche e mettersi d’accordo per andare avanti tutti insieme. Ci siamo forse dimenticati che siamo tutti sulla stessa barca?

Se ne sono dimenticati, per chiudere, a Caserta. Più o meno lo stesso tema della settimana scorsa, quando parlammo di Catania e teste di maiale. Il campionato, per i Falchetti, non sta andando secondo le attese. Di qui a scatenare la violenza, però, ce ne passa. Se non vogliamo arrivare a discutere di civiltà, che da sola basterebbe, ci sono due ottime ragioni. Primo: tra tanti “colpevoli” (virgolette d’obbligo, non si sta parlando di una squadra che ha perso tutte le partite), l’ultimo è D’Agostino. Ha costruito una rosa da Serie B, cos’altro doveva fare? Secondo: siamo tutti sulla stessa barca, ancora. Calciatori e tifosi della Casertana. Anche il presidente. Siamo a metà stagione, se i primi salutano perché il terzo viene aggredito dai secondi, ci si può scordare qualsiasi sogno di gloria. La pietra, certi “tifosi”, avrebbero fatto meglio a tirarla allo specchio. Ma, se D’Agostino non cambierà idea, è come se se la fossero tirata sulle palle.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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