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ESCLUSIVA TMW - River-Boca, Burdisso: "Violenza grana sociale. Gente stufa"

di Andrea Losapio
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

"Si doveva rigiocare al Monumental". È netta la posizione di Nicolas Burdisso nonostante il passato da Xeneize, giocatore del Boca Juniors, dal 1999 al 2004, prima dell'arrivo nel calcio italiano. "Dovevamo riparare all'errore fatto. Poi hanno deciso pensando al discorso sicurezza, forse in Sudamerica sarebbe stata comunque a rischio. Questa finale oramai è macchiata".

Angelici ha chiesto la vittoria a tavolino.
"È stata una mossa che tutti si aspettavano, soprattutto dopo quello che è successo nel 2015 (il Boca fu espulso dalla Libertadores e multato per degli scontri prima di una partita con il River, ndr), una punizione grandissima perché poi il River ha vinto quella coppa. Qui è successa una cosa simile, ma il risultato è stato diverso. Angelici era in sintonia con i tifosi... Anche se poi tutti sanno cosa vuol dire questa finale, quanto è importante da giocare".

Perché capitano queste cose, in Argentina?
"Sono emblematiche e si riferiscono alla maniera di come viviamo il calcio. Non è migliore né peggiore, solo che pensiamo sia una religione, uno stile di vita. Per noi, che abbiano tanti tanti problemi in settimana, diventa poi uno sfogo".

Quindi non è un problema riguardante il calcio?
"No, è sociale. Il calcio è solo la conseguenza, la dimostrazione delle tensioni che vedi dappertutto. È successo anche quando abbiamo votato la legge sull'aborto, ci sono stati incidenti e scontri. Come società non siamo mai stati così violenti, c'è un punto in cui ti devi fermare. Non è legato al calcio, la gente è stanca di tante cose. Soffre e si sfoga".

Gomez in un'intervista ha detto che comandano i tifosi.
"Non credo. Ci sono queste associazioni, chiamiamole così, ma non penso che abbiano il potere di fare e gestire il calcio, questo no. Bisogna levarle, sono una cosa negativa. In questa ultima partita sono successe cose particolari, ma è un mondo abbastanza grande".

Il calcio argentino è calato?
"Forse sì, ora sta risalendo un'altra volta. La finale di andata, finita 2-2, è stata uno spettacolo bellissimo per il mondo, sia in campo che fuori. Dobbiamo costruire sicurezza, rapporti con i tifosi, tenere stretti i talenti che ci sono nelle varie squadre. Vero è che abbiamo problemi nelle federazione, in Nazionale, ma ci sono club che stanno incominciando a giocare bene, si tengono i giocatori e li vendono dopo".

In Nazionale c'è Scaloni... e Maradona lo ha già battezzato.
"Quel che dice Diego dobbiamo tenerlo sempre in una considerazione particolare. È molto amato in Argentina, va ascoltato e basta, non è giusto replicare. Lionel lo conosco bene, ho vissuto con lui Germania 2006, gli è capitata quest'occasione e ha saputo mettersi intorno persone di qualità come Aimar e Samuel. Ha cambiato in maniera radicale, facendo molto e bene. Il ruolo del ct possono svolgerlo in pochi".

Una investitura.
"È pacato, è una persona studiosa, con la sua personalità. Gli è capitata quest'occasione, ora gli han detto di continuare fino alla Copa America in Brasile. È una bella sfida".

L'Argentina non vince dal 1993. Come la vivete?
"In maniera drammatica. Da noi, come in Italia, conta solo il risultato. Ci sono tante generazioni che si sono avvicinate molto, quarti di finale, Copa America... dobbiamo cambiare in qualche modo".

La domanda sorge spontanea, Messi?
"No, non è ingombrante. Lui si è vestito da salvatore della patria in tante situazioni. Purtroppo l'Argentina non è il Barcellona, non sono giocatori né peggiori né migliori. Diversi. Tutto qui, ci sono state molte situazioni nelle quali ha portato la squadra in alto, non gli si può chiedere di più".

Però si parlava di frizioni con Dybala e Higuain.
"Messi non ha la polemica incorporata, vuole giocare solo a calcio. Non lo scopro io, fa sempre bene perché è umile, serio, anche se è il capitano della Nazionale".

C'è stato un periodo di ostracismo con Icardi.
"Penso sia passato tutto, è il presente, sta facendo bene".

Un altro argentino che conosce è Javier Zanetti.
"Può fare tutto, ha un'immagine e una credibilità che va oltre il calcio. È un bene per l'Inter e speriamo, in un futuro, anche per la Nazionale".

Che ne pensa dell'arrivo di Marotta?
"Non c'entra niente la rivalità, sono cambiamenti amministrativi, è un professionista esemplare. L'Inter si sta ricostruendo dopo il cambiamento societario, da Moratti ai cinesi. Mi sembra una mossa molto intelligente, la Juve ha salutato Marotta da professionista qual è, quindi non cambia nulla. Gli scontri sono legati al senso d'appartenenza, più ai calciatori che ai dirigenti".

E Burdisso, cosa vuole fare?
"Voglio rimanere nel calcio, mi sono preparato per questo. Sono appassionato ed è la mia maniera di vivere. Ho fatto sapere due mesi fa che non avrei più giocato, è tutto nuovo, sto trovando del tempo per fare cose che avevo rimandato. Andare a trovare persone, allenatori, dare forma al mio calcio per ripartire. Ho avuto colloqui per diverse società, sia qui che in Argentina, è un periodo di transizione che a me serve per valutare".

Quindi allenatore?
"Vorrei essere vicino al campo, lì è dove mi sento di poter dare il meglio. Non vuol dire nulla se molti miei compagni sono diventati poi tecnici, ognuno fa il suo percorso e bisogna avere le idee chiare. Ora sono a Torino, sto valutando come iniziare".

Potendo prendere la macchina del tempo cambierebbe qualcosa?
"No. ho fatto tanto. Ma tanto. Quando guardo indietro vedo moltissimo, ho giocato mondiali, vinto Scudetti, campionati argentini, Libertadores, Intercontinentali, ho giocato moltissime partite in Nazionale, mi sono divertito a Genova e Torino, due realtà bellissime del calcio italiano. Io provo soddisfazione".

Genova, Ponte Morandi...
"Ho chiamato tutti tutti tutti quelli che frequentavo. Io ci passavo ogni giorno, due volte. Credo che per chiunque ci sia stato lo stesso pensiero. Quello genovese è un popolo bellissimo, autentico, per il resto mi auguro non succeda più qualcosa del genere".

Tuo fratello non ha fatto benissimo in Italia.
"È capitato troppo giovane, in un anno particolare per la Roma, eravamo quattro centrali. Io, Juan, Mexes... e siamo stati tutti bene. È stato particolare per i risultati, volevamo vincere lo Scudetto perso l'anno prima. Ranieri si fidava dei giocatori esperti, ma mio fratello l'altro giorno ha fatto una bellissima partita contro il Boca, ora gioca nell'Independiente. Sono orgoglioso di quello che sta facendo".

Lei ha lasciato nell'estate precedente al Triplete. Delusione?
"Assolutamente no, al contrario. Non è un rimpianto, è un motivo di gioia aver visto i miei compagni vincere tutto. Mi dispiace per quello che hanno vinto contro di me, cioè Coppa Italia e Serie A, ma solo perché io ci ho messo tutto e volevo esultare io. La scelta di andare via era mia, avevo il Mondiale in Sudafrica che poi ho giocato. È stato il momento giusto. A Roma ho vissuto anni bellissimi".

Ecco, Ranieri, è tornato in Premier. Salverà il Fulham?
"Io penso di sì, ha un carisma pazzesco, ha un impatto sulle persone molto forte. Quello che ha fatto al Leicester resta unico, in Premier ma forse in tutti i paesi per il calcio moderno. Ho avuto un rapporto bellissimo con lui".

Ultime due: che allenatore vorrebbe essere?
"Ho avuto la fortuna di essere stato allenato da moltissimi tecnici, da Mourinho a Luis Enrique, Carlos Bianchi, Bielsa, Rudi Garcia, Montella, Spalletti, Zeman, Mazzarri. Da tutti si impara, sotto questo aspetto ho un'esperienza molto positiva. Anche Peckerman vuol dire molto per gli argentini, con Gasperini mi sono molto divertito".

Appunto, com'è avere Maradona come allenatore?
"Com'è avere Dio come allenatore? È difficile da spiegare a parole, è unico, nel bene e nel male. Sono cresciuto con la sua immagine, ma come mitologia. È un personaggio mitologico".

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