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ESCLUSIVA TMW - Cinquini: "Dopo Italia-Svezia Mancini allo Zenit staccò la spina"

di Raimondo De Magistris
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© foto di Federico De Luca

Una lunga carriera nel calcio. Un'avventura allo Zenit San Pietroburgo finita pochi mesi fa e la certezza di esser pronto a rigettarsi nella mischia. Oreste Cinquini, direttore sportivo classe 1947, si racconta nel corso di una intervista rilasciata a TMW: "L'importante è lo spirito e quello non è cambiato. Mi sembra di avere ancora 35 anni. Vuole un esempio?".

Prego.
"Scorsa settimana ho preso l'auto e sono andato a Belgrado solo per vedere una partita. Ho fatto 1500 km in auto in una giornata per vedere un match che mi sembrava importante. Le pazzie che facevo a 30 anni le faccio anche adesso".

Riavvolgiamo il nastro. Partendo dall'ultima avventura allo Zenit.
"Ero in una grande società. In cui abbiamo fatto anche buone cose, ma purtroppo quando non arrivano risultati in società che sono abituate a vincere ecco che la proprietà cambia".

Domanda secca: l'ultima disastrosa stagione è colpa di Mancini?
"Lui è arrivato tra l'entusiasmo generale, ma a un certo punto le cose sono cambiate...".

Quando?
"Quando l'Italia ha pareggiato con la Svezia e Ventura è stato esonerato".

E Mancini ha subito pensato alla panchina della Nazionale?
"E' questione di concentrazione, quei piccoli dettagli che alla fine pesano come macigni. Goccia dopo goccia si creano quelle situazioni che ti portano a non concentrarti sul tuo obiettivo primario. Adesso, ad esempio, si vede un Mancini molto diverso".

Che sta facendo quello che voleva.
"Lui voleva diventare ct della Nazionale a tutti i costi, era chiaro a tutti. E adesso stiamo vedendo il vero Mancini".

Domanda di mercato: perché in estate non è riuscito a portare Laxalt allo Zenit?
"Perché s'è inserito il Milan. Non era il nostro primo obiettivo, ci servirà un laterale sinistro e avevamo pensato a Magnússon, che poi è andato al CSKA Mosca. A quel punto abbiamo intavolato la trattativa per Laxalt, ma s'è inserito al Milan".

Allo Zenit, però, è riuscito a portare Leandro Paredes.
"Un giocatore fortissimo, che secondo me giocherebbe in qualsiasi squadra. Alla Juventus come al Real Madrid".

Lei in Italia a chi lo consiglierebbe?
"Alla Roma. Può sembrare paradossale, perché è il club dal quale l'abbiamo acquistato, ma credo sia la squadra che abbia più bisogno di un giocatore con le sue caratteristiche. Anche al Milan farebbe molto comodo".

Ma lo Zenit lo venderà a gennaio?
"Non credo proprio. Loro vogliono vincere il campionato e tornare in Champions League".

Facciamo un altro passo indietro, lei arrivò in Russia con Capello per guidare la Nazionale.
"Ci qualificammo a Brasile 2014 a discapito del Portogallo, poi per tutta una serie di fattori non riuscimmo a superare la fase a gironi. Ma fu quella un'avventura molto bella".

All'ultimo Mondiale la Russia è stata tra le rivelazioni. Come mai i giocatori russi faticano lontano dalla Russian Premier League?
"E' una questione di abitudini, una questione culturale. Molti giocatori russi negli anni passati sono approdati nelle squadre europee e hanno stentato".

Come Golovin.
"Che per me resta un grandissimo centrocampista".

Da dove vorrebbe ripartire?
"Mi piacerebbe rientrare in Italia. Lo so che è difficile, perché il calcio è come una centrifuga e se resti tanti anni all'estero poi si cade nel dimenticatoio. Però ho voglia di ripartire".

Da un campionato in cui la Juventus è protagonista assoluta.
"La Juventus fa un campionato a sé. La squadra e la società sono di un altro livello".

Hanno costruito una macchina perfetta.
"Loro hanno costruito la squadra per vincere la Champions. Ritengono di poter vincere abbastanza agevolmente il campionato e hanno un allenatore molto bravo, che riesce sempre a tenere alta l'asticella dell'attenzione".

E questo fa la differenza.
"Assolutamente. La Juventus, a differenza di Napoli, Inter o Milan, non fallisce quando c'è da vincere. E' più continua e questa è una dote delle grandissime squadre".

© Riproduzione riservata
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