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Alessio De Petrillo: "Mi piacerebbe allenare al sud"

di Luca Esposito
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© foto di Tommaso Sabino/TuttoLegaPro.com

Alessio De Petrillo, ex Monza, Tuttocuoio e Prato, è tra gli allenatori di calcio che sono stati ammessi al master UEFA Pro di Coverciano. Il programma prevede che dal 26 di questo mese gli allievi soggiornino per qualche giorno a Udine per la lezione di Massimo Oddo, tecnico dell’Udinese, dopo l’incontro con Luciano Spalletti, allenatore dell’Inter, ad Appiano Gentile. Nell’intervista concessa a TuttoC.com De Petrillo ha parlato non solo dei tre gironi della Serie C, ma anche dissertato sul dato numerico dei tecnici, che spesso finiscono per pagare in prima persona il rendimento non ottimale delle squadre: a oggi sono 23 gli esoneri e 4 le dimissioni.

“Sono numeri importanti, però siamo anche nella norma, un po’ in tutti gli anni è così. Non ci vedo niente di diverso dal passato”.

L’allenatore spesso crea la squadra concordando le scelte dei giocatori con il direttore sportivo. Eppure, spesso paga il tecnico più che il ds o gli stessi giocatori.

”Capisco, ma probabilmente la figura dell’allenatore negli anni si è sminuita. Ha perso quell’importanza che dovrebbe avere nel progetto tecnico”.

Di recente alcuni allenatori hanno addirittura rinunciato al loro incarico, come è il caso di Giuseppe Sannino a Trieste. Secondo lei che cosa spinge un allenatore a dimettersi?

“A quanto mi è dato sapere, a Trieste c’erano già delle tensioni da un po’ di tempo. Questa è la mia impressione da esterno, poi probabilmente la Triestina si aspettava di primeggiare. Forse in una piazza come Trieste è un po’ più difficile rimanere calmi vedendosi una domenica dentro ai play-off e un’altra fuori. E non ci si aspetta neanche di trovarsi tra il nono e il decimo posto con una squadra importante, perché nell’attacco alabardato c’è un certo Rachid Arma, e la società che prende Arma ha l’obiettivo di primeggiare”.

Invece a Pordenone l’allenatore Colucci è stato esonerato. Si sa degli investimenti fatti dalla proprietà per rinforzare la squadra, quindi evidentemente qualcosa non ha funzionato sotto l’aspetto dei risultati.

“In effetti dopo la partita di Coppa Italia con l’Inter, quando era uscito solo ai rigori, il Pordenone ha avuto delle difficoltà. Non vivendo dall’interno non so se ci sia potuto essere un contraccolpo psicologico, sta di fatto che da quella partita i ramarri hanno avuto una caduta libera. Probabilmente c’è un aspetto mentale, perché la stessa cosa era capitata lo scorso anno anche all’Alessandria, che era arrivata in Semifinale di Coppa Italia con il Milan”.

Secondo lei nei tre gironi della C quali potrebbero essere le squadre favorite? Nel girone A il Livorno ha avuto un periodo di flessione.

“Credo che il Livorno stia attraversando una fase di crisi, bisogna vedere come ne esce. È una squadra che è praticamente convalescente, ma noto che anche le altre che stanno dietro non riescono ad approfittarne più di tanto, perché Siena, Viterbese e Pisa avrebbero potuto accorciare”.

Il girone B è guidato dal Padova che ha già un discreto vantaggio sulle inseguitrici.

“Sì, ed è anche il girone più tosto sotto il punto di vista tecnico, per quello che riguarda l’alta classifica, perché tra le squadre che vengono dopo il Padova c’è la Feralpisalò che non è da trascurare per importanza di squadra e organico. Stessa cosa per Sambenedettese e Reggiana, poi c’è il Bassano che è una discreta squadra. Il Padova non dimostra cedimenti a quanto vedo”.

E anche nel girone C il Lecce è in vantaggio di 6 punti sul Catania che si trova secondo.

“Quello è un bel girone. Il Lecce lo vedo favorito per la vittoria finale in questo momento. Ho visto la partita che il Catania ha giocato contro la Virtus Francavilla, e la Virtus avrebbe meritato qualche cosa di più. Il Catania ha un buon organico ma il più delle volte non è riuscito ad approfittare di qualche occasione in cui il Lecce non ha vinto”.

Ha allenato prevalentemente al Nord. Se le arrivasse una chiamata dal Sud?

“Ci andrei subito. Avendo passato metà della mia vita al Sud, so che cosa vuol dire vivere quelle piazze. Potrei considerarlo”.

In quale modo può essere salvata la Serie C? Ogni anno qualche società scompare. Ritiene opportuno ridurre a 40 il numero delle iscrizioni, oppure pensa che più squadre ci possano stare?

“Personalmente non sarei per levare altri posti di lavoro: già quando hanno tolto la Serie C2 sono state eliminate diverse squadre e quindi diversi posti di lavoro. Non mi riferisco solo agli allenatori, ma ai collaboratori, i dipendenti, i fisioterapisti e anche ai giornalisti, perché scrivere di una squadra in C2 e seguire una squadra in Eccellenza non sono la stessa cosa in termini di spazi e di prestigio. Secondo il mio punto di vista le regole dovrebbero essere fatte rispettare, perché ci sono. Bisogna impedire agli ‘avventurieri’ di imbarcarsi in gestioni che tanto si sa già dove portano. Il calcio lo dovrebbe fare chi lo può fare. Certamente non ridurrei il numero delle compagini da iscrivere, semmai amplierei la categoria con le seconde squadre in un campionato a parte. Metterei le retrocessioni, come è stato fatto nel Campionato Primavera 1, perché le retrocessioni formano. Quando il calciatore gioca per qualcosa di importante, cresce prima”.

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