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Abete sulla Figc: "Tommasi, difficoltà politiche. Serie A ritrovi l'unità"

di Pietro Lazzerini
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Giancarlo Abete, ex presidente federale, ora membro del consiglio della FIGC, ha parlato delle elezioni della Federazione su Radio Rai Uno nel corso di Radio Anch'io lo Sport: "Il favorito? Dovrebbero essere Sibilia e Gravina perché Tommasi ha difficoltà a far transitare un messaggio nei confronti delle società. Non è un problema relativo alla persona, ma al fatto che le società hanno più peso e non riesce a veicolare il suo messaggio da sindacalista. Sibilia ha una componente maggioritario con la LND ma Gravina ha una forte trasversalità perché ha lavorato sempre in un'ottica di sistema. Lotito? E' una persona di grande qualità da un punto di vista imprenditoriale ma non rappresenta certo l'unità del sistema e l'istituzionalità del ruolo stesso. Ha posizionato la A in un confronto con le componenti e ha portato a una ulteriore spaccatura, che si è allargata anche alla Serie B. Pensare di organizzare un sistema nell'ottica del 'con me o contro di me' non è pensabile. E' un sistema complesso che viene rappresentato dall'equilibrio tra le varie componenti. Rivoluzione di assetto anziché rigidità di posizioni? Il problema non è nel rapporto tra la Serie A e le altre componenti, ma è quello che succede all'interno della Lega. Non hanno un presidente né un amministratore delegato. Ci sono problemi anche allo statuto della stessa lega. Essendo una componente fondamentale del sistema, deve ritrovare delle dimensioni di unità e progetto che sono mancate negli ultimi anni. Anche negli 8 anni della mia presidenza, la Serie A non ha mai avuto un ruolo importante nella FIGC, non perché osteggiata ma perché incapace di farlo. Commissariamento? Penso che non ci sia questo rischio perché c'è un sistema che garantisce il fatto che chi avrà più voti, diventerà presidente. Il problema sarà la governabilità successiva, perché servirà una maggioranza di seggi che potrebbe per esempio essere il problema di Tommasi. Prima c'era la clausola di largo consenso, che adesso non c'è più. Adesso alla quarta votazione, con la maggioranza assoluta si diventa presidente e quindi non c'è rischio di commissariamento.

Anche nel corso della mia elezione, non ero il nome abbracciato pubblicamente da tutti, ma alla fine sono stato eletto col 93% delle preferenze segrete. Percezione di cosa avviene all'esterno rispetto alle elezioni? E' naturale che chi ha giocato, come Tommasi, gode di una rendita di immagine che qualunque dirigente non può avere. Il vissuto del campo fa la differenza agli occhi del tifoso. In termini di comunicazione non ci possono essere confronti. Ma guidare la Federazione è una cosa diversa, serve la politica sportiva. Serve concedere dei ruoli a chi ha fatto sport attivamente, si può coniugare le due cose, un progetto politico che vada a braccetto con un progetto sportivo. Stallo imbarazzante? Senza dubbio, ma c'è anche la necessità di trovare l'unità di intenti. Se ci si presenta in modo disorganico e con una logica di conflittualità latente è chiaro che l'opinione pubblica critichi negativamente l'accaduto, soprattutto dopo ciò che è accaduto sul campo. Ogni componente deve fare la sua parte per dimenticare il fallimento mondiale e riprendere un discorso sportivo interrotto in precedenza. Tavecchio è stato rieletto presidente quasi un anno fa, con la Serie A che non ha mai partecipato a causa dell'assenza del presidente e dei consiglieri. La Serie A deve trovare un progetto unitario, deve sparire la logica del conflitto per il conflitto e tutti devono lavorare insieme. Il vero risultato in tal senso è che la Serie A poi non riesce a contare niente in sede decisionale a livello federale. La prima cosa da fare è quella di avere un presidente federale il più possibile autonomo e che non sia soggetto alla logica degli schieramenti e delle pressioni. Negli ultimi anni ci sono stati troppi galli nel pollaio. Poi si deve puntare sui giovani e sulla loro formazione".

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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