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TMW RADIO - Vigorito: "Baroni? Esonero non è sempre la soluzione. Vediamo"

di Simone Bernabei
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

“Noi siamo stati la sorpresa della scorsa Serie B e, per non deludere le aspettative, lo saremo anche in questa nostra prima Serie A. Diciamo che abbiamo fatto divertire la gente perché, altrimenti, ci si abituava alle nostre vittorie. Quando vinci diventi subito antipatico. Stiamo vivendo un’avventura meravigliosa che molti non avrebbero mai immaginato. Un po’ per l’inesperienza, per le assenze e per la forza degli avversari, questo inizio di campionato ci ha visti faticare. Mi auguro non per lo scarso livello della squadra. Se come credo non si tratta di questo, prima o poi ci riprenderemo. Nel caso la massima serie si rivelasse troppo per noi, torneremo da dove siamo venuti e, più avanti, ci riproveremo”. Con queste parole il presidente del Benevento, Oreste Vigorito, è intervenuto a ‘TMW Radio’, ospite della trasmissione ‘Due in Fuorigioco’.

Forse il Benevento dovrebbe giocare un po’ più all’italiana?
“Tutti quelli che alle 17 di domenica pomeriggio sanno come si doveva affrontare la partita, dovrebbero fare gli allenatori già un paio d’ore prima. Non mi sento di dire che giocando in modo diverso avremmo portato a casa risultati differenti da quelli ottenuti fino ad ora. La squadra ha scelto di proporre un gioco e al momento i risultati non parlano bene. Ci sono però tecnici che hanno tutta la mia fiducia, in grado di far ragionare i calciatori attraverso ritiri costruttivi e mai punitivi. Se fosse tutto così semplice come mettersi in difesa e accontentarsi magari di un pareggio, probabilmente nessuno vincerebbe mai. Dovremmo tutti ricordare che le partite cominciano con il risultato di zero a zero e spesso finiscono diversamente. Non perché la maggior parte giochi un calcio propositivo, ma semplicemente perché questo è il calcio”.

Baroni rischia la panchina?
“Non appartengo a quella categoria di presidenti che ha l’abitudine di anticipare le proprie idee e intenzioni. Credo nella correttezza dei rapporti. Baroni è il nostro allenatore e continuerà ad esserlo fino a quando una comunicazione ufficiale non dirà il contrario. Certamente non saranno i media a saperlo prima del tecnico che viene da un campionato splendido, come lo è lui. Fino a qualche mese fa era un buon allenatore e adesso, dopo sei partite negative dove non solo lui ha colpe, viene messo in discussione. Non sempre l’esonero è la soluzione. Bisogna essere capaci di scavare a fondo fino a trovare le radici dei problemi di una squadra”.

Se potesse prendere un calciatore da un’altra squadra, chi prenderebbe?
“Ce ne sono tanti: Handanovic, Dybala, Mertens, Insigne, Messi. Io non sono un tecnico e per questo motivo conosco solo quelli bravi. Ascolto sempre tutti e cerco di far felici i ventimila spettatori che saranno allo stadio. Ognuno di loro, se gli si chiedesse una formazione ideale, ne comporrebbe una diversa da tutte le altre”.

Con i suoi allenatori parla di calcio?
“Prima di tutto, come dovrebbero fare in molti, ascolto. Poi, se serve, dico quello che penso. Il calcio non è il mio business ma la mia passione. Una passione che però non deve travolgere”.

In passato qualche attrito con il ds Di Somma. Il rapporto adesso è solido?
“Mai avuto conflitti su questioni tecniche con Salvatore. Quelle riguardano più che altro l’allenatore. La competenza del nostro direttore sportivo è provata dal fatto che negli ultimi cinque anni ha vinto tre campionati. Tutti possono andare incontro a un anno sfortunato e potrebbe essere quello in corso. Quando la società individua un obiettivo di mercato, io posso esprimere un parere su ciò che riguarda i costi e i benefici. Per il resto abbiamo tante figure competenti: vedremo se anche quest’anno avranno fatto bene”.

Arriverà il rinnovo di Ciciretti?
“Amato, due anni fa, era un calciatore disoccupato. Aveva attraversato una profonda crisi. Noi siamo riusciti a individuarlo prima degli altri grazie alla conoscenza tecnica di chi lo ha recuperato. Credo che, dopo due ottimi campionati disputati, gli proporremo un rinnovo di contratto. Se invece il ragazzo dovesse esprimere la voglia di cambiare maglia ci penseremo”.

La posizione del club rispetto al caso Lucioni?
“Per il ragazzo c’è una profonda amarezza. Se mi chiedeste di bruciarmi un braccio in suo favore, lo farei. Non perché sono il presidente del Benevento, ma perché convinto sia stato vittima di un errore”.

State guardando al mercato degli svincolati?
“In seguito al caso di Fabio, mi hanno stilato una lista di possibili sostituti. Riscontriamo una grossa urgenza, avendo diversi calciatori di ruolo in infermeria. Al momento però non siamo riusciti ad individuare qualcuno che non abbia bisogno almeno di un paio di mesi per rimettersi in forma e ricominciare a giocare. A questo punto potremmo aspettare la finestra di gennaio, nella speranza di recuperare qualche infortunato. Credo che per domenica ritroveremo il centrale albanese Djimsiti, di proprietà dell’Atalanta, che aspetta di esordire con noi”.

I tifosi protestano sulla prelazione biglietti: come pensate di risolvere?
“In realtà è una situazione emersa solo adesso che a Benevento arriva l’Inter. Contro Torino, Roma e Bologna sono rimasti invenduti circa quattromila biglietti. Non c’eravamo ancora posti il problema senza un precedente di sold out. Abbiamo però già iniziato a pensare a come tutelare la nostra tifoseria. Per le prossime vendite, dedicheremo i primi due giorni esclusivamente alle ricevitorie nazionali, poi dal terzo si procederà online. Questo perché la vendita sul web non permette il controllo sulla destinazione finale dei biglietti. Non appoggiamo princìpi di bagarinaggio, anzi li condanniamo e combattiamo con ogni mezzo legale”.

La distanza tra grandi e piccoli club si è accentuata?
“Le ragioni sono sotto gli occhi di tutti anche se molti fingono di non vedere. Sono ragioni di natura economica e comunicativa. Se prendiamo i contributi relativi ai diritti televisivi, tra Juventus e Benevento ci sono 100 milioni di differenza. Aggiungo poi la conoscenza totale del mondo del calcio: una volta le società si organizzavano con degli osservatori che spesso avevano possibilità di scoprire talenti nascosti, sia in Italia che all’estero, senza l’onnipresente e oggi inevitabile concorrenza. Tutti adesso conoscono tutto. Le piccole non hanno quindi più la possibilità di crescere ragazzi nel vivaio, laddove ancora giovanissimi vengono corteggiati dai talent scout delle big. Arrivare prima non basta più. Fino a quando non ci sarà la modifica della legge Melandri, fino a che non si capirà che Juventus, Milan e tutte le altre grandi non giocano da sole, il divario tenderà ad aumentare sempre di più. Credo che il calcio sia un fenomeno di massa e, come tale, con i fatti va garantito a tutti. È giusto che ci sia fair play, dando sempre la possibilità alle squadre di potersi gestire senza andare incontro a ‘tagli di teste’. Andrebbe poi anche riequilibrato il contratto di allenatori e calciatori per evitare cali ingiustificati delle prestazioni, a fronte invece di regolari pagamenti”.

Com’è la sua vita da presidente di Serie A?
“Il calcio è solo una delle componenti. Quando vado allo stadio sono contento di vedere sorrisi, anche se pochi ultimamente. Questa è la mia soddisfazione maggiore. Sono felice di continuare l’opera di mio fratello. È più un dare che avere qualcosa in cambio. Bene se riusciamo a mantenere la Serie A. Avremmo assolto all’ennesimo obiettivo che ci si era dato. Se falliremo, avremo comunque il coraggio di affrontare quello che sarà il futuro”.

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