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TMW RADIO - Ronchi: "Gli USA squadra finita. Kakà non ha più il passo"

di Andrea Losapio
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Fabio Ronchi, intermediario di mercato nordamericano, ha parlato ai microfoni di TMW Radio sul tonfo degli Stati Uniti, eliminati dal Mondiale per mano di Trinidad & Tobago. "Sicuramente è stato uno choc, oramai anche voi, come tutti, leggete gli stessi nostri articoli grazie ai social media. I tifosi sono scioccati, gli operatori sono arrabbiati, quelli che fanno calcio invece pensano che continuare così vada bene. L'eliminazione porterà a certi cambiamenti, forse qualche testa salterà perché funziona così negli States. Le bocce non sono ancora ferme, Alexi Lalas ha rilasciato un'intervista dove era arrabbiatissimo. Altri sono andati contro l'estabilishment, chiedono il licenziamento di Arena che qui credono un buon allenatore. Il problema è molto più vasto, questa squadra era già cotta e finita. Non ci sono grandi nomi"

Sul processo di crescita. "La MLS è migliorata perché ci sono giocatori più forti, perfezionati dal punto di vista tecnico e tattico, ma non mi pare che questa generazione sia sostituibile al momento. Forse bisogna solo essere messi in campo per vedere. È veramente un momento in cui la scossa è ancora troppo forte".

Sulle nuovi generazioni. "Il discorso è molto complesso, che parte dal basso verso l'alto. Parliamo dei bambini, di come sono sviluppati i giocatori, perché il sistema non dà accesso semplice per diventare calciatori. C'è una frase che si chiama pay for play che è chiave per capire il problema. L'accesso al calcio non è come il nostro, in Europa e in Sud America, buttando giù due maglioni dopo scuola, nei prati. Qui è tutto molto organizzato, servono strutture e soldi. Ogni volta bisogna pagare e non tutti sono disponibili. Gli allenamenti sono uno o due alla settimana, poi c'è il problema trasporti... Non c'è il campetto dietro scuola. Il mio bambino è più bravo di quelli della sua età, ma quando ha potuto scegliere ha preferito il baseball. Non tutti possono pagare per giocare 1000 o 2000 dollari all'anno per un'ora alla settimana più una alla domenica".

Sui Chicago Fire. "C'è un'accademia con dei bravi allenatori, ma è molto costoso farne parte. I sudamericani hanno le loro leghe ma sono emarginati, per loro è difficile entrare a far parte del sistema migliore".

Sugli stipendi. "Quando un calciatore ha fatto 10-15 anni di carriera può avere guadagnato 250 mila dollari l'anno. Che però sono stipendi da impiegati, pur di un certo livello, negli Stati Uniti. A fine carriera se sono stati bravi hanno messo via dei soldi per far partire qualcosa di loro".

Su Arena. "Dovrebbe essere l'eccellenza, da noi non sarebbe un grosso allenatore. Ora c'è la polemica di Ventura, prima era visto di buon occhio. Arena non è apprezzato, ma dopo lui c'è il nulla".

Sui giocatori e la finestra di mercato scorsa. "Ce ne sono tanti, dalla Serie A, che in modo diretto o indiretto hanno avuto successo qua. Mi viene in mente Maxi Moralez, ci sono Mancosu e Donadel. Poi si è parlato di Diamanti. Però sono sempre visti come in fondo alla carriera. Giovinco è la punta di diamante, non ha giocatori a quella altezza. È stata una scommessa andata bene per Toronto. Ora i dirigenti non vogliono i Pirlo o i Kakà, forse anche Gerrard. Li vogliono specifici, con caratteristiche precise, ma giovani. Attingere ai mercati europei non è possibile a meno di casi eccezionali".

Su Kakà. "È stato amatissimo a Orlando, nonostante fosse arrivato quando era già in declino. Credo sia il più pagato della MLS, c'è stato un discorso particolare perché la proprietà è in parte brasiliana. Lui è stato molto importante. Credo abbia vinto il premio da miglior giocatore, ma il passo non è più quello".

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