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TMW RADIO - Baresi: "Milan bene a tratti. Messi? Meglio di Maradona"

di Alessandro Rimi
Fonte: Dall'inviato a Milano
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© foto di Stefano Porta/PhotoViews

Nella settimana milanese di Panorama d'Italia, al Teatro San Babila è andato in scena l'evento "A tu per tu con la leggenda: Beppe Bergomi e Franco Baresi si raccontano". L'ex campione rossonero, dal palco, ha parlato della sua carriera e, in special modo, del confronto con l'Inter.

Che derby è stato?
“Una partita strana. Nel primo tempo un Milan bloccato rispetto a quanto fatto vedere nel secondo. Resta il fatto che le cose buone ci sono state. A tratti l’Inter andava in difficoltà, peccando un po’ in fase difensiva. Forse bisognava essere più coraggiosi. Nei derby c’è sempre stata intensità ed equilibrio. Storicamente il Milan cerca lo spettacolo oltre che la lotta pura. Quel primo tempo però ha deluso. Troppo attendista. Da sottolineare comunque il clima molto bello tra le due tifoserie”.

E’ appena iniziata una nuova era. Come allora con Berlusconi...
“Quando arrivò il nuovo presidente c'era grande attesa e curiosità. La prima volta a Milanello fu molto particolare, venivamo da anni tribolati e fu una liberazione. Vedevamo finalmente un futuro migliore”.

Il Milan di Sacchi faceva fatica contro i nerazzurri?
“Arrigo era avanti. Persino il Napoli di Maradona giocava un calcio all'italiana. L’Inter però era una squadra intensa, quando li affrontavamo avevamo spesso a disposizione poche armi per fare male: cross e colpi di testa. Il nostro sistema di gioco comunque sorprendeva. Provavano a copiarlo un po’ tutti, ma emulare nel calcio non è facile. Ci volle un po’ di tempo prima che gli altri club si adeguassero”.

Come vivevate le idee del nuovo allenatore?
“Noi eravamo un gruppo di giovani che non aveva ancora vinto e voleva stupire. Con Sacchi la cultura del calcio e la concentrazione si rafforzavano di settimana in settimana. È stato difficile entrare subito nella sua mentalità ma piano piano ci rendevamo conto che la strada era quella giusta. Pretendeva sempre tantissimo. Se andavamo a cento all'ora la domenica, era perché accadeva lo stesso nel corso della settimana”.

Che ricordo ha dei Mondiali del ‘94?
“A pensarci ancora adesso sembra un film. Dovettero operarmi subito dopo l’infortunio, ma rimasi con il gruppo che riuscì ad arrivare fino alla fine. Fu un’impresa. Tra squalifica e infortuni, il ct aveva gli uomini contati e, per questo, decise di puntare su di me. Non sapevo quanto avrei resistito, ma conoscevo molto bene le sue idee”.

In quegli anni il Milan era molto “europeo”...
“La Serie A era tosta: c’era l’Inter, il Napoli, la Samp. In Italia abbiamo sofferto con Sacchi, perdevamo punti inconsciamente, ma il fascino dell’Europa ci caricava. Cambiavamo totalmente faccia”.

Raccontano di un van Basten senza paura
“Marco non temeva niente e nessuno. Si esaltava quando Vierchowod stava lì a soffocarlo”.

Lei nei derby chi soffriva di più?
“In modo particolare Klinsmann, ti veniva sempre addosso. Poi Serena, Matthaus e Berti che in queste partite si esaltava. C’era sempre una sana rivalità”.

Il Derby segue i cambiamenti della città?
“Milano è diventata molto bella e internazionale. Io mi sento un po’ milanese dopo trent’anni in questa città”.

Dialogo migliore con Sacchi o Capello?
“Credo di poter dire con Arrigo. Capello era un po’ introverso, lasciava fare, magari interveniva duramente quando non gli andava bene qualcosa, ma sapeva di calcio e gestiva bene i grandi campioni”.

Attorno a Sacchi girano mille aneddoti divertenti
“Aveva l’abitudine di passare a salutarci nelle nostre doppie camere prima che ci addormentassimo. In realtà ci stressava ancora un po’, con ulteriori indicazioni prima del sonno. Dopo qualche anno però, appreso il suo iter, spegnevamo le luci in tempo perché non entrasse più a parlarci”.

Sono utili i confronti tra senatori e giovani calciatori?
“Ci sono sempre stati. Servono per ritrovarsi e non perdere la fiducia. Ogni tanto bisogna farsi sentire”.

Perché si dice basta al calcio giocato?
“Spesso per i problemi fisici. Ho giocato tante gare non al meglio. In quei momenti capisci che devi smettere anche se ancora giovane. Si lasciano abitudini che porti avanti da vent’anni, ma è importante poi rimanere attivi nel calcio e in questo modo pesa meno. Prima o poi va accettato”.

Il suo giocatore preferito in assoluto?
“Dico Messi che, per certi versi, è più forte di Maradona. Diego aveva più personalità e forza, ma i gol di Leo non li ha mai fatti”.

Oggi i difensori come se la cavano rispetto al passato?
“Forse prima c’era più attenzione, dovuta al fatto che nel calcio di oggi si tende a giocare di più con il pallone”.

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