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TMW Magazine - Gentile: "Crisi Italia? Manca passione, si pensa troppo ai soldi"

di Luca Bargellini
Fonte: intervista di Gaetano Mocciaro
Intervista rilasciata a TMW Magazine, mensile di approfondimento calcistico di Tuttomercatoweb.com
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

60 anni dopo l’Italia non parteciperà ai Mondiali. Un suicidio sportivo non solo figlio delle scelte del commissario tecnico Giampiero Ventura ma anche per l’incapacità del nostro movimento calcistico di sfornare campioni. E i risultati delle nazionali giovanili lo testimoniano: l’ultimo successo a livello di Under 21 risale al 2004: una Nazionale che ha regalato giocatori come Daniele De Rossi e Andrea Barzagli, giocatori divenuti campioni del Mondo che hanno deciso di dire recentemente addio all’Italia. Il ct di allora era Claudio Gentile, capace di regalarci nello stesso anno uno storico bronzo Olimpico ad Atene. E in esclusiva per TMW Magazine ci dice la sua sul decadimento del calcio italiano:

Claudio Gentile, cosa sta succedendo al calcio italiano?
“Il risultato della Nazionale è un po’ lo specchio di questo Paese che è messo veramente male. Venendo al calcio molti giovani fanno i calciatori non con lo scopo di fare lo sport, spinti dalla passione, ma per fare soldi visto che il calcio dà queste possibilità. Uno dei più grandi errori è l’addio agli oratori. Chiuso l’oratorio il calcio è andato indietro”.

E le scuole calcio?
“Le scuole calcio non sono punti dove si possono creare dei campioni. Il campione lo fai in oratorio quando stai fino alla sera a giocare a pallone”.

Il problema oratorio è però identico nel resto d’Europa. La Germania però ha dimostrato di essere in grado di sfornare talenti a ogni generazione.
“In Germania hanno investito. Hanno cambiato la politica a livello d’immagine. Fallita una spedizione importante hanno rivoluzionato tutto. Chiaramente essendo più solida economicamente la Germania ha potuto permettersi di fare grandi investimenti, tanto da aver costruito 350-400 scuole calcio”.

Sembra un’eternità quando Lei portava l’Under 21 alla vittoria degli Europei e poi alla medaglia di bronzo alle Olimpiadi.
“Non sono passati 100 anni, vero. Ma anche se sono passati poco più di 10 anni c’era più possibilità di attingere a giocatori di un certo livello. Personalmente ho potuto “costruire” i miei ragazzi, arrivando a risultati sorprendenti. E alla fine ottenevi una conquista importante. Pensi che sei ragazzi della Nazionale arrivata terza ad Atene 2004 sono diventati due anni dopo campioni del Mondo”.

Cosa è cambiato da allora?
“L’ambiente non è ideale per un ragazzo. A partire dai genitori dei ragazzi che pensano solo ai soldi. A mio avviso hanno rovinato non dico il calcio ma le discipline in generale. Vogliono che diventino dei campioni, ignorando il fatto che su 1000 che ci provano uno può sfondare. Ai miei tempi i genitori non è che avessero tempo per venire a vederti e l’unico tuo punto di riferimento in campo era l’allenatore. Ascoltavi solo lui, senza che una mamma o un padre si intromettesse”.

Una situazione cambiata però in senso generale, che non giustifica come una Nazionale con la tradizione dell’Italia non abbia giocatori in grado di portarci a un Mondiale.
“Certamente non mi aspettavo un crollo del genere. Il calcio italiano è sempre stato ai vertici e la mancata qualificazione ai Mondiali ha arrecato un danno economico incalcolabile. La realtà è che molta gente non è nemmeno all’altezza di poter insegnare. Pensavamo di non aver bisogno di investire sui centri sportivi, sulle scuole. Gli altri lo hanno fatto e ci hanno superato. I giovani ci sono, ma ci vuole una scuola che sappia insegnare. A livello di Federazione ci vuole gente capace di selezionare e far crescere i giocatori. Perché non solo il club è importante per la crescita, ma anche la Federazione. Molti ragazzi sono cresciuti con le proprie selezioni, confrontandosi con altre nazioni. Ora c’è la possibilità di ricostruire, l’importante è non sbagliare la scelta del presidente”.

Lei è l’ultimo che ha portato la Nazionale Under 21 a una medaglia d’oro. E ha portato una medaglia Olimpica nel 2004 che mancava dal 1936. Non si sente tradito dalla Federazione?
“Altroché. Un allenatore che ha successo, che porta una medaglia che mancava al calcio italiano da anni trattato nel modo come sono stato trattato è incredibile. Pago il fatto di non essermi piegato ai giocatori che mi raccomandavano, la mia era stata una politica di meritocrazia. E difatti ho vinto. E se a livello di Under da allora non abbiamo più vinto niente mi sembra che forse un po’ di ragione ce l’ho. Con i raccomandati non ottieni risultati, sono i giocatori di qualità che fanno la differenza”.

Anche all’epoca c’erano tante pressioni?
“Ne arrivavano da tutte le parti: procuratori, presidenti, direttori sportivi. Io non ho mai dato retta a nessuno, sono andato avanti per la mia strada e risultati si sono visti”.

Dopo l’esperienza con gli azzurrini non ha più allenato. Come mai?
“Io ho avuto richieste e non poche dall’estero, ma il mio intento è quello di allenare in Italia. Me lo chiedo sempre: perché non posso allenare in Italia? Sono ancora fiducioso. Pago il fatto di essere uno dice le cose come stanno”.

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