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Montella e gli attaccanti, un rapporto complicato: solo Pepito si è salvato

di Michele Pavese
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© foto di Federico De Luca

C'era una volta un attaccante da 141 reti in Serie A e 233 in carriera. Un giocatore rapido, tecnico e con un istinto del gol innato, una seconda punta che oggi farebbe la fortuna di tanti tecnici illuminati. Da allenatore, però, Vincenzo Montella non è quasi mai riuscito ad esaltare le caratteristiche dei suoi bomber, probabilmente perché tra gli illuminati della panchina rientra anche lui. E allora per i centravanti vecchio stampo è dura, mentre a nozze vanno quei giocatori di talento, veloci e bravi nello stretto, dinamici e abili negli inserimenti, capaci di saltare l'uomo e di decidere le partite con una singolo movimento o un colpo di classe.

Le statistiche in campionato, in questo senso, non lasciano spazio a dubbi:
Roma, da febbraio a maggio 2011: miglior marcatore Totti con 11 gol
Catania, stagione 2011-12: Lodi 9 gol, Bergessio 7, Gomez e Barrientos 4, Maxi Lopez 3 (fino a gennaio)
Fiorentina, stagione 2012-13: Jovetic 13 gol, Ljajic 11, Toni 8, Aquilani 7, Cuadrado 5
Fiorentina, stagione 2013-14: Rossi 16 gol (14 nel girone d'andata), Cuadrado 11, Aquilani e Borja Valero 6, Vargas e Matri 4
Fiorentina, stagione 2014-15: Ilicic 8 gol, Babacar 7, Salah 6 (solo girone di ritorno), Cuadrado (fino a gennaio), Gomez e Gilardino 4
Sampdoria, da novembre 2015 a maggio 2016: Soriano 5, Eder 3 (ne aveva realizzati ben 9 con Zenga nei primi mesi), Quagliarella e Fernando 3, Muriel 2
Milan, stagione 2016-17: Bacca 13, Suso 7, Lapadula 6, Pasalic 5, Bonaventura e Deulofeu 3
Milan, stagione in corso: Suso 5, Kalinic 3, Kessié e Cutrone 2

Come si può notare, le difficoltà più evidenti si sono riscontrate a Genova, mentre l'unica eccezione è rappresentata da Giuseppe Rossi, straordinario nella prima metà della stagione 2013-14 e fermato solo da uno dei tanti gravi infortuni patiti in carriera. Un attaccante moderno capace di esaltarsi in quella che era una vera e propria cooperativa del gol, una squadra che giocava un calcio piacevole, a tratti spettacolare, con Cuadrado e Borja Valero elementi indispensabili nel 4-3-3 variabile (all'occorrenza diventava 3-5-2 o 4-3-2-1). Proprio la capacità di adattare giocatori e modulo all'avversario e allo sviluppo del match è una delle qualità riconosciute al Montella allenatore, che in quegli anni conquistò tre quarti posti e tanti elogi dagli addetti ai lavori. Qualità che sembra però aver smarrito da due anni a questa parte, anche a causa di rose non sempre all'altezza delle sue idee: se guardiamo al Milan attuale, si avverte l'assenza del "secondo regista" (quello che era Borja Valero nella Fiorentina) e di centrocampisti ed esterni bravi negli inserimenti senza palla. La manovra risulta troppo lenta, la ricerca sistematica dell'uno contro uno sulle corsie laterali diventa l'unica opzione offensiva e nessuno cerca di verticalizzare, anche perché il punto di riferimento avanzato si schiaccia spesso sulla trequarti e non dà profondità, lasciando vuota l'area avversaria, che non viene "riempita" dalle due mezzali o dagli esterni. Se Bacca non sembrava coinvolto a sufficienza nella manovra, Kalinic dà l'impressione di essere altrettanto spaesato e avulso dalla stessa, non riuscendo a dialogare con i compagni: l'ex viola doveva essere l'uomo giusto al posto giusto, ma appare smarrito forse più del colombiano, che almeno negli ultimi venti metri risultava incisivo.

Oggi, gli obiettivi prefissati all'inizio della stagione sono praticamente compromessi. Le attenuanti, però, ci sono: il Milan ha investito tanto sul mercato, lasciando scoperti alcuni tasselli fondamentali per gli equilibri della squadra e soprattutto per gli automatismi offensivi. E questo, alla fine, potrebbe costare caro, al netto del rapporto complicato di Montella con i suoi attaccanti.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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