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LIVE TMW - Juve, Chiellini: "Ero bruttino e sgraziato, ho lavorato sodo"

di Marco Spadavecchia
Dall'inviato a Torino
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Ancora stordito dalla batosta accusata con gli azzurri, ma come sempre disponibile e sorridente, in attesa di rivederlo in campo tra Samp e Barcellona Giorgio Chiellini torna a parlare in occasione dell'incontro dal titolo "Randstad Next", meeting è organizzato da Randstad operatore delle risorse umane e official partner della Juventus. Un percorso di orientamento professionale dedicato a sportivi dopo il ritiro dell’attività agonistica, in scena all'Allianz Stadium; dove, la sua miglior collocazione collocazione oggi è certamente in mezzo al campo, avendo ancora da tanto da dire. Il bianconero comincia parlando del suo passato: "Sono cresciuto a Livorno, dove ho frequentato lo scientifico nonostante il calcio. Ho fatto tante assenze per via dei tanti allenamenti. Ho sempre pensato di andare all'università, e mi sono preparato per farlo. Interrogazioni programmate, recuperi e tanta volontà, nonostante le numerose difficoltà che non mi hanno impedito, di uscire con 92/100. All'università ho scelto poi economia, avrei forse fatto medicina se non avessi giocato, mio padre era un ortopedico. Ovviamente, ho sempre dato la priorità al calcio e ho accantonato gli studi. Ero già professionista, tra la serie B con il Livorno e la serie A con la Fiorentina. Ho dato giusto un esame, per saltare il militare... (sorride, ndr). Una volta a Torino, mi sono accorto di avere tanto tempo libero, nel pomeriggio o dopo l'allenamento. Ho preferito studiare che giocare alla play station e guardare un film. Ho portato avanti il mio percorso di studi verso la triennale in pochissimo tempo. Mi sono laureato dopo un Europeo e un Mondiale. E nessuno mi ha poi forzato nel riprendere, verso la specialistica" le parole del centrale bianconero, intervistato dal giornalista Alessandro Antinelli".

Hai fatto tutto questo per il dopo? "L'ho sempre fatto per il presente, non pensando mai a quando avrei smesso di giocare. Anche, e soprattutto, per avere un pensiero diverso e migliore durante la mia carriera sportiva. Ovvio, la specializzazione in business administration potrà aiutarmi in futuro".

Si dice che a fine carriera di uno sportivo ci sia un vuoto. Si colma con la consapevolezza? "Il vuoto è inevitabile, dopo tanti anni dedicati allo sport che amiamo. Ho 33 anni, è normale cominciare a pensare a quando appenderò gli scarpini al chiodo, cercando di aprirmi qualche nuova strada. Non so cosa farò di preciso in futuro, spero di non trascorrere troppo tempo lontano dalla famiglia. Insomma, potrei rimanere nel calcio ma non 200 giorni all'anno lontano da casa. Uscire dal calcio? Ora sono concentrato su questo mondo, non è facile trovare spazio in altri ambiti lavorando nella stessa eccellenza che ho vissuto nello sport e con la Juventus".

Quanto conta lo spogliatoio? "Il campione è la persona che gioca bene per se stesso, il fuoriclasse fa giocare bene chi gli sta intorno. Atleti compagni come Buffon e Pirlo, oltre ad avere qualità tecniche indescrivibili, facevano crescere in campo i compagni. Nello spogliatoio di oggi ci sono 6 sudamericani, 3 tedeschi e 2 croati, ad esempio, ed è difficile convivere con culture differenti. Per alcuni è sempre 'toda joia', noi siamo un po' più musoni".

Sappiamo che si può fallire, la storia azzurra di questa settimana ce lo insegna.... "Paradossalmente, le esperienza ti aiutano a superare le difficoltà. E quando si è giovani, è più difficile farlo. La famiglia in tutto questo è fondamentale, un elemento di vitale importanza per ogni ragazzo, insieme alle figure più esperte nello spogliatoio, quando mancano le certezze, dopo i fallimenti".

Quanto conta, invece, la formazione? "Moltissimo, i calciatori hanno la consapevolezza che il 99 per cento dovrà fare qualcosa finita la carriera, al di là dalla condizione economica. Rimettersi in gioco in un ambiente che non è il proprio, in un'altra dimensione, è sicuramente complicato".

Parlando di te, quali sono state le tue qualità più importanti? "Innanzitutto la predisposizione fisica, sin dall'inizio, dalle selezioni regionali passando dall'unger 15 alla maggiore. Però ero sempre considerato più bruttino: sgraziato, grezzo. Poi sono migliorato con gli anni, anche grazie ad allenatori che hanno creduto in me. A 17 anni è stata dura, quando i miei amici uscivano il sabato sera e io dovevo pensare al pallone. Se lo si fa con passione, però, viene più semplice. Tanti grandi talenti non sono riusciti ad arrivare ad alti livelli proprio per la costanza. Alla mia età posso ancora migliorare, oggi la testa compensa quello che ho perso a livello fisico".

L'incontro con Giorgio Chiellini termina alle 15.54.

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