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La resa di Pioli, ragione Mancini: "Serve chiarezza". Ma tardi nove mesi dopo

di Francesco Fontana
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

La conferenza stampa di domenica pomeriggio, a caldo dopo l'ennesima sconfitta in stagione, questa volta contro il Genoa, è stata la prima, vera occasione in cui Stefano Pioli si è in qualche modo sentito l'ormai ex allenatore dell'Interr. In particolare, una frase ha fatto capire tante cose lasciando spazio quasi nullo ai dubbi: "Meglio iniziare la prossima stagione senza Europa League? Quello che conta è che ci sia chiarezza, questo è ciò che servirà".

Un bel 'sassolino' tolto e una constatazione, o meglio, l'ammissione che mai e poi mai avrebbe immaginato di trovare tanta confusione in un club certamente di livello europeo tornato sì ricco economicamente parlando, ma povero dal punto di vista societario con lacune palesi. Al momento in Serie A la Juventus rappresenta l'espressione massimale del club-modello, la conferma che il solo denaro non può bastare per essere ai vertici e raggiungere il successo. L'Inter, in questo senso, non può che essere considerata l'esatto opposto.

Le parole del tecnico di Parma sono state chiare. Anzi, chiarissime. Lui, dentro di sé, sa benissimo che le prossime saranno le ultime tre gare su questa panchina. E da uomo sempre estremamente 'abbottonato' (dal punto di vista mediatico) ha fatto intendere moltissimo con quelle poche parole. Esattamente nove mesi dopo, ecco che torna così attuale il nome di Roberto Mancini, l'unico che dopo José Mourinho ha cercato di iniziare un certo tipo di progetto facendo 'pulizia'. Cercando di portare chiarezza, per l'appunto.

E se non fosse stato per le assurde idee di Erick Thohir (uno dei pochi esempi di presidente in uscita senza maggioranza con potere decisionale...) coadiuvato dall'ex amministratore delegato Michael Bolingbroke, che di fatto hanno portato il coach jesino a lasciare Milano, molto, molto probabilmente la squadra oggi sarebbe in lotta per la Champions League. Invece l'ex Manchester City, portato allo sfinimento dal tycoon indonesiano, ha deciso di salutare sul più bello, proprio con l'arrivo di un gruppo tanto solido come Suning Group. Abbastanza strano, considerando che il Mancio stupido non lo è mai stato e difficilmente avrebbe rinunciato al triennale offerto dalla proprietà cinese con tutte le possibilità che ne sarebbero conseguite.

Lamentava confusione, mancanza di trasparenza all'interno del club. Assenza di figure di riferimento vere. Lamentava tantissimo disordine in un ambiente che, prima di tutto, avrebbe dovuto assestarsi proprio internamente prima di pensare al campo e al mercato. No, nessun ascolto. La dirigenza ha fatto di testa propria, affidandosi soprattutto a persone esterne in sede di trattativa (Kia Joorabchian). Risultato: giocatori strapagati e rendimento nettamente inferiore alle attese (vedi Joao Mario e Gabriel Barbosa, elementi che l'ex allenatore non avrebbe voluto o non riteneva fondamentali, al netto soprattutto di un esborso tanto pesante).

Nove mesi dopo le parole di Pioli non fanno altro che confermare quanto temuto da Mancini nell'estate 2016. Forse (sicuramente) qualcuno avrebbe dovuto dargli ascolto. Perché se così fosse stato, probabilmente in Corso Vittorio Emanuele oggi non si ritroverebbero ad analizzare i motivi di un tristissimo 7° posto con la miseria di 56 punti in classifica. Nove mesi sono tanti, ormai è troppo tardi.

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