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La Lazio dei paradossi. Da Inzaghi a Biglia, passando per Luis Alberto

di Andrea Losapio
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

Nove vittorie consecutive non possono bastare. La Lazio vola in campionato, è l'unica squadra a punteggio pieno in Europa League, crea e sforni nuovi grandi protagonisti del calcio italiano. Sembrerebbe un nuovo Leicester - che comunque fatturava molto di più dei biancocelesti - ma è incredibile come questa squadra sia costruita sugli equivoci, sugli errori altrui, sugli sliding doors che possono cambiare, quasi sempre in peggio, una stagione.

AVVICENDAMENTO BIELSA-INZAGHI - La Lazio di quest'anno non è un prodotto di qualche stagione fa. Non è un piano quinquennale di stampo stalinista, bensì l'ardore di un anno fa. Marcelo Bielsa era il nuovo allenatore, dopo un viaggio in Argentina in una notte di metà giugno. Poi c'era la firma, qualche giorno dopo, e contestualmente Simone Inzaghi diventava il nuovo allenatore della Salernitana, più o meno la squadra B di Lotito. Poi, come ampiamente preventivabile, Bielsa - senza le dovute garanzie - si tirò indietro per evitare di imbarcarsi in un'avventura con il presidente più originale della Serie A. Lì nacque l'Inzaghi bis, dopo il traghettamento del post Pioli, che ora vale numeri da record e l'interesse della Juventus.

PARADOSSO KEITA-LUIS ALBERTO - Keita Balde è stato, senza discussioni, il miglior giocatore della scorsa annata in casa Lazio. Tanti gol, accelerazioni, pochi comportamenti da superstar fuori dal campo. Se non per la questione contratto, anelato e forse immeritato per i primi anni, giustificabile per la stagione passata. Keita alla fine è andato via, al Monaco, e sono arrivati due portoghesi sconosciuti - e per ora ancora oggetti misteriosi - trovando in casa il sostituto. Luis Alberto sta meravigliando tutti, è cresciuto esponenzialmente e riesce a innescare Immobile come pochi altri. Incredibile pensare che i Chicago Fire abbiano provato a prenderlo fino all'ultimo, con un'offerta da 4 miioni di euro, e probabilmente ci sarebbero riusciti se non fosse arrivato il Monaco.

IL FRANCHI DI MILINKOVIC-SAVIC - Dopo l'addio di Biglia è arrivato Lucas Leiva, ma la stella del centrocampo è Milinkovic-Savic, cresciuto esponenzialmente e nel mirino di tutte le big d'Europa. Gol, assist, inserimenti e palle rubate, un centrocampista box to box come vogliono le squadre di Premier League. Che, però, nel 2015 era a un passo dalla Fiorentina, aveva passato un giorno a Firenze visitando il Franchi, salvo poi cambiare idea "in lacrime". Ora chi piange, probabilmente, è la squadra viola.

L'INFORTUNIO DI FELIPE ANDERSON - Incredibile come il brasiliano sia contemporaneamente il giocatore più di talento e più inutile della rosa laziale. Certo, quando tornerà potrà avere un ruolo da protagonista, ma è anche difficile togliere dall'undici titolare chi ha portato a nove vittorie consecutive, ma i tanti impegni daranno comunque una dimensione all'ex Santos.

DA QUARTO PORTIERE A TITOLARE INAMOVIBILE - Quando venne nominato Inzaghi come allenatore della Lazio, il titolare era Marchetti. Il secondo, invece, Berisha, intenzionato però a giocare di più e dare una dimensione nuova alla propria carriera. Ed era appena arrivato Vargic, croato - classe 1987 - con tre presenze nella nazionale scaccorossa. E poi? Marchetti alle prese con gli acciacchi dell'età, Berisha all'Atalanta e duello Strakosha-Vargic per la porta. Vinto dall'albanese che si è preso tutte le possibili rivincite. Tanto da finire nella lista dei desideri delle grandi. Difficile, per un portiere, convincere gli operatori di mercato a scommettere su di lui. Così come nessuno avrebbe scommesso un euro su questa Lazio, sempre più bella.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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