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Inter, se non uccide fortifica. E ora scenda in campo Sabatini

di Alessandro Rimi
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

Visti i limiti di una rosa che qualche tassello mancante ce l’ha, prima o poi doveva accadere. Certo, non conoscevamo - e neppure ci aspettavamo - le modalità con le quali il primo schiaffone si sarebbe presentato ai granatieri di Spalletti, ma tant’è. Si prende e si porta a casa, di modo che ci si possa rimuginare su. Quanto di straordinario fatto fino ad ora non sparisce da un momento all’altro. C’è e pesa parecchio ai fini di una graduatoria che, potenzialmente, pone in prima pagina quattro squadre raggomitolate in due lunghezze. Il plus ultra che, in modo del tutto inatteso, già si configura quando siamo quasi al giro di boa.

Nondimeno, quanto successo negli ultimi sei giorni, non può passare inosservato. Tra Pordenone e Udinese, a tratti, si è sperimentato l’inverosimile. Prima una gara giocata con fortissimo senso di presunzione e risolta per grazia del cielo, poi l’improvvisa esplosione del passivismo - circoscritto nei secondi 45’ - calato tra i massimi esponenti della rinascita e del talento purissimo: Skriniar, Santon, Vecino e Perisic su tutti. Eppure i nerazzurri erano entrati in campo con una voglia tremenda di tracciare una x rossa sulla gara di coppa, aggredendo l’avversario e producendo una quantità abnorme di occasioni da gol. Dopo lo svantaggio ha impiegato un niente per riportare il sereno. I patemi, invece, erano lì a un passo ad attendere tutti quanti noi, illusi di poter vivere l’ennesima rimonta di cuore e spietatezza. Al tramonto della partita, sul 3-1, l’Udinese cercava il quarto. La differenza stava tutta in quell’atteggiamento a momenti brutale dei friulani. Di solito, invece, capita di osservare esattamente il contrario. Va bene - ma mica tanto - Brozovic (zero tiri nello specchio della porta), Miranda e Santon, ma quando perfino Skriniar, portatore sano di perfezione, commette una sfilza di errori a tratti inquietanti, cominci a capire che non è giornata.

I numeri dicono che l’Udinese sta iniziando a diventare allergica per la Beneamata: l’Inter non perdeva con i friulani in A da cinque turni e, negli ultimi sette scontri diretti a San Siro, ha pianto addirittura quattro volte. Ma è davvero bastato un impegno settimanale in più per far crollare un muro a prova di bomba? Evidentemente sì. Qualcosa, signori, è successo. Tutte le certezze in vigore ad Appiano fino a martedì, adesso ballano in maniera cervellotica e illogica. Rischiare di venire eliminati dalla coppa nazionale, per mezzo della sesta forza della Serie C, deve aver necessariamente scatenato un’estemporanea inettitudine che, se in assenza di un’immediata reazione, è un attimo che si trasforma in qualcosa di permanente. Le tanto decantate abilità demiurgiche “spallettiane”, mai come prima, dovranno prontamente prendere il sopravvento su un probabile declivio psicologico della squadra tutta.

Ieri vincono Napoli, Roma e Juventus. L’Inter scivola così al terzo posto - a meno due dalla vetta - con i giallorossi che dovranno recuperare il match contro la Sampdoria. La Lazio è staccata ma tutt'altro che fuori dalla corsa Champions: il torneo è ancora molto lungo. Dice, Lucio: “La mia è una squadra di un certo livello, ma durante queste settimane di mercato è inevitabile riunirsi. Abbiamo la forza per arrivare in fondo, tuttavia avremmo bisogno di qualcosa per fare quel passettino in più”. Passettino che, ad oggi, non appare impellente. Tra poco, ahinoi, lo sarà. D’altra parte, contrariamente a quanto racconta Spalletti, di titolari in rosa non ce ne sono più di tredici, a voler essere larghi. Persistono limiti di numero rispetto alle concorrenti che, ineluttabilmente, iniziano a farsi sentire.

Gennaio è in arrivo e qualcosa bisognerà inventarsi. I problemi legati al FFP non spariscono dopo il primo ko stagionale. C’erano e restano ancora. Naturale che Luciano da Certaldo provi a lanciare messaggi in ogni forma, ma prima sarà necessario sedersi attorno a un tavolo e valutare tutte le opzioni possibili. In società c’è gente che spesso ha saputo fare la differenza. In fondo perché Suning, quando c’era da scegliere l’uomo mercato, ha virato su Sabatini? Lo ha fatto laddove sono in pochi a saper cambiare le carte in tavola come lui e anche meno a scovare tesori in luoghi nei quali nessun altro li cerca. Ciò che s’intende far passare è che i successi non sono esclusivamente figli delle tre cifre (per adesso). Barella, Verdi, Chiesa, Donsah, Cristante, Torreira, Pellegri, Jankto e Barak, per rimanere in tema Udinese, rappresentano il santo graal della nostra Serie A. Ben vengano i Ramires e i Pastore, ma con un po’ di pazienza e pure qualche piccolo sforzo, si scoprirebbe un ben di Dio capace di donare nuova luce a un Paradiso qualche volta prigioniero della sua apparente magnificienza.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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