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Claudio Nassi: "Le scoperte di Van Basten"

di Redazione TMW
Fonte: Claudionassi.com
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Mi piace guardare quello che la gente fa e non soffermarmi più di tanto su ciò che dice. Ho sempre visto con sospetto i grandi calciatori, una volta appese le scarpe al chiodo. Ho lavorato sei anni a Torino a Tuttosport e analizzato la Juventus di Boniperti e Giuliano. Notavo che un anno prima che si spegnessero sistematicamente li cedevano, vedi Cabrini al Bologna, Tardelli all'Inter, Gentile alla Fiorentina e così via. Mi chiedevo perché, quando potevano essere utilizzati in società in vari ruoli. Ma, nella più parte dei casi, avrebbero creato problemi, non avendo l'umiltà di ripartire da zero. Di fronte a una nuova esperienza dovevano soltanto mettersi in fila e imparare. Con la piazza e la stampa che vivevano di ricordi e continuavano a osannarli, non era facile pensare che si allineassero e la storia diceva che un solo grande calciatore è stato un grande dirigente: Boniperti. Ma prima l'Avvocato l'aveva testato, facendogli dirigere il ramo agricolo della SAI. Come, se guardo gli allenatori, trovo Cruyff e Beckenbauer, anche se dopo il Bayern Monaco e la Nazionale decise di passare la mano per pilotare il calcio dall'esterno.

Ecco perché quando ho letto le migliorie che Van Basten, nuovo Direttore dello sviluppo tecnico e dell'innovazione del gioco della FIFA, desidererebbe apportare, ho avuto ulteriore conferma. E, si badi bene, parlo di uno che avevo acquistato per la Fiorentina il 21 marzo dell''86, che ho seguito e ammirato in tutta la carriera anche per i comportamenti, ma che, una volta smesso di giocare, non ha avuto lo stesso successo. Non entro nel merito delle proposte, che vanno dalla fine del fuorigioco al tempo effettivo negli ultimi 10', all'espulsione temporanea come nella pallamano, all'abolizione del pareggio, mutuando gli "shoot out" dall'hockey su ghiaccio. Dopo l'idea di Infantino di disputare il Mondiale a 48 squadre non mi stupisco di nulla, ma, dopo aver vissuto le varie situazioni del calcio, mi permetto di ripetere che non c'è bisogno di cambiare per cambiare se si vuol migliorare. Quando sento i calciatori che fanno gli opinionisti, mi domando perché nessuno abbia parlato della designazione del livornese Banti per Fiorentina - Juventus. Se non si colgono queste sottigliezze, che sottigliezze non sono, non puoi spiegare il calcio, perché il calcio è un'altra cosa. Semplice come gioco, ma complesso. E poi non si ripete che spesso decide un particolare? E Banti non è il più importante tra i particolari, se è il magistrato che può assolvere, condannare o dare la condizionale? E in quale condizione si è messo chi andava a dirigere la squadra del concittadino, se non dell'amico, Allegri? Nel dubbio, se avesse fatto pendere l'ago della bilancia dalla parte dei bianconeri, ve l'immaginate gli avversari?

Ecco un esempio di condizionamento, apparentemente sottile per chi non conosce la categoria arbitrale, la più brava, la più preparata e quella che comanda, ha comandato e comanderà sempre il calcio. Inutile aggiungere come ogni designazione, sia a livello nazionale che internazionale, sia soppesata più volte. Per questo il problema rimane il maggior numero di regole uguali per tutti, per ridurre al minimo la percentuale di errore di chi dirige e limitare un potere discrezionale troppo ampio, perché l'imperativo categorico rimane uno: cercare sempre maggiore credibilità.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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