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Una Cenerentola da 140 milioni di euro. Perché il Leicester non è favola

di Andrea Losapio
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© foto di Federico De Luca

Tifare Leicester in questo preciso periodo storico calcistico appare quasi come un obbligo. Perché è obiettivamente qualcosa di incredibile, un club che un anno fa era all'ultimo posto della Premier League, con molti giocatori provenienti dalle leghe inferiori, un Kramaric colpo invernale che faticava a ingranare. Mahrez era croce e delizia, gol ed espulsioni. Vardy di reti non ne segnava moltissime, ma spesso finiva sul tabellino alla voce assist. Poi l'arrivo di Ranieri, Lineker che, da sbigottito tifoso dei Foxes, twittava "Really?", veramente? Come l'amica bellissima che si fidanza con il brutto della compagnia, anche un po' perdente. E non certo per i soldi.
Perché è vero che Claudio Ranieri, italian british (e maccheronico), ha sempre fatto benino in Inghilterra. O in Spagna. Però sembrava avesse già fatto il suo tempo quasi dieci anni fa, quando Mourinho gli dava del settantenne, ancorato a un calcio vecchio. Quello dei Batistuta e dei Cecchi Gori, più che agli Aguero o agli Januzaj. Tutti si sono sentiti un po' Lineker dagli arrivi di Kanté o di Fuchs. Oppure di Benalouane, pagato l'enormità di otto milioni di euro e poi relegato in panchina fra Morgan e Huth.
Proprio Benalouane è la cartina tornasole del perché il Leicester è tutt'altro che una favola impossibile. Perché l'Inter, un anno fa, lo voleva per 1,5 milioni di euro, e l'Atalanta ci stava pensando, ponendo il veto solamente perché a gennaio galleggiava in cattive acque. Venduto a 5 volte tanto dopo sei mesi, con la possibilità, per il Leicester, di mandarlo in panchina. Oppure lo stesso Kramaric, quattordici milioni di euro: sempre parlando di Atalanta si può pensare a Comandini, pagato la stessa cifra dal Milan e divenuto rovina delle casse per più stagioni successive.

Insomma, alzare l'asticella non è molto semplice, in Premier League. Più facile spendere soldi in maniera drammatica, cosa che i Blues hanno fatto: Kramaric e Benalouane valgono più o meno la campagna trasferimenti del Napoli.
A proposito degli azzurri, nella classifica Deloitte sono ovviamente dietro, per dodici milioni di euro, rispetto al Leicester. E questo è il dato fondamentale per capire qual è il ruolo della squadra di Ranieri. Impossibile parlare di Cenerentola per una società che fattura 140 milioni di euro. Quasi tutte le partecipanti alla Premier hanno lo stesso indotto (se non maggiore), ma azzeccando un paio di acquisti si può davvero salire verso la fab four. Certo, questioni di alternative, e Ranieri è stato fortunatissimo a innescare l'esplosione di tutti quanti i suoi giocatori, da Mahrez a Drinkwater, da Schmeichel a Fuchs, passando appunto per Kanté, Okazaki, Vardy o Albrighton.
Il Leicester è più una moda che una conoscenza: impossibile, va detto, non emozionarsi per una storia sportiva del genere. Ma quando ci sono paragoni improponibili con Sassuolo, Chievo o Empoli, qualcuno dovrebbe guardare i bilanci. Perché il Leicester è la ventiquattresima società del mondo per fatturato. Davanti a tutte le italiane tranne le tre strisciate.
Ci sono altri grandissimi esempi di vincenti, dall'Atletico Madrid al Borussia Dortmund, che hanno dominato Liga e Bundesliga pur avendo gli sfavori del pronostico. E con molti meno soldi del Leicester attuale. Le imprese non sono valse l'aggettivo di favola, perché? Il Siviglia è andato, per la prima volta nella sua storia, sopra i 100 milioni di fatturato nella scorsa annata. Ci tornerà, ma solo grazie alle cessioni. Al Leicester non servono nemmeno.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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