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Luca Serafini: "Mihajlovic fino a giugno per buonsenso e coerenza..."

di Redazione TMW
Fonte: Luca Serafini
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© foto di Federico De Luca

L'epopea del Milan di Berlusconi è nata anche e soprattutto dalla scelta degli allenatori. C'erano entusiasmo, mezzi, soldi per acquistare i migliori giocatori, ma c'era soprattutto una filosofia che andava assolutamente condivisa dal tecnico. In principio fu Arrigo Sacchi. Poi Fabio Capello. Poi Alberto Zaccheroni. In 15 anni solo 3 allenatori. Falliti gli esperimenti stranieri Tabarez e Terim dopo i ritorni anonimi di Sacchi e Capello, il Milan sposò Ancelotti che di Sacchi fu prezioso scudiero prima e straordinario allievo poi. Dopo Carletto, e sono già 7 anni, il buio. Lampi di genio presunto con scelte mal riposte. L'ultima in ordine di tempo quella di Sinisa Mihajlovic.

Non solo l'allenatore serbo tradisce naturalmente quel dna rossonero richiesto prima ancora del curriculum e delle referenze, ma non si è mai distinto per imprinting tattici e di gioco - nelle sue esperienze precedenti - anche solo vicine a quella ormai impolverata filosofia. Il Milan è stato per un quarto di secolo Berlusconi, Galliani, Braida e Ramaccioni, mentre alle scrivanie si sono alternati in 30 anni solo Paolo Taveggia e Umberto Gandini (altri due dirigenti sin da giovani forgiati alla corte del "Gruppo" come orgogliosamente veniva definita la famiglia Fininvest dal suo presidente). Tralasciando gli orpelli relativi alla lealtà, alla sportività, al rispetto degli avversari, alle idee avveniristiche circa il marketing, gli spalti numerati e coperti, le trasferte vietate, lo stadio di proprietà e un codice etico tradito a Marsiglia, il calcio richiesto da Berlusconi si basava sullo spettacolo, sull'attacco, sulla mentalità vincente. La "mentalità vincente" non è un effimero esercizio di psicologia: si basa sull'autodisciplina, sui comportamenti professionali in allenamento, in partita, nella vita privata di personaggi pubblici, ricchi e famosi. Nessun allenatore fino al 2011 ha mai avuto bisogno di ricordare questi comandamenti - se non sporadicamente e comunque soltanto per colpa di qualche singolo -, avendo in spogliatoio discepoli devoti e ferventi. Poi, lo sfascio dl 2012 con l'epurazione degli apostoli.

La necessità estiva del 2015 da parte di Sinisa di redigere un "codice etico" ha rappresentato l'ultimo campanello d'allarme significativo sulla fine di un'epoca, già profondamente segnata da qualche tribolata stagione.

Cacciare Mihajlovic adesso, però, Fiorentina o non Fiorentina, Coppa Italia o non Coppa Italia, non avrebbe senso. La squadra fino a giugno questa è e questa rimarrà salvo intuizioni e spese di cui al momento non v'è traccia. La personalità, nonostante gli "uomini veri" citati dopo l'1-1 dell'Olimpico, è fragile. La scossa dei cambi di panchina serve a chi ha smarrito la strada per obiettivi minimi, come la Roma. Il Milan non ha mai avuto obiettivi, ma chimere, come un piazzamento Champions (mai stato a portata di mano dall'inizio del campionato), o un piazzamento per l'Europa o - infine - il ripiego di una Coppa Italia che come sappiamo nel nostro Paese diventa importante solo per chi la vince e comunque mai prima dei 90' della finale. Dunque allontanare adesso un interista per far spazio a uno juventino non ha senso, né per strategia né per filosofia. Né per quegli stipendi a ufo che solo gli Zamparini di turno regalano a destra e a manca per soddisfare le proprie, provinciali, miopi turbe dittatoriali. Con Mihajlovic vedremo il Milan a singhiozzo fino a maggio, vedremo trasformare in virtù le elementari necessità come quella del portiere, non avremo mai la sensazione di uno che ama e capisce l'ambiente dove vive e lavora, altrimenti non parlerebbe di "un'aria strana intorno" mentre sale e scende tra il 7° e il 10° posto da 4 mesi a questa parte. Non vi è però nessuna garanzia che il suo sostituto saprebbe fare molto meglio, o semplicemente meglio, che vorrebbe dire ragionevolmente il 6° posto finale.

Sarebbe invece più importante una dichiarazione di fiducia illimitata fino a fine stagione, vada come vada. E mantenerla. Vorrebbe dire che un pizzico di buonsenso è rimasto e un filo di coerenza è stato ritrovato. Una cosa assai più importante di un interista e uno juventino, nella stessa stagione, sulla panchina del Milan.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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