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Il mercato fa la classifica, o è la classifica che fa il mercato? Analisi sulle big 5 del nostro campionato

di Luca Marchetti
Nato a Terni il 6 maggio 1976, lavora a Sky come vice caporedattore e si occupa del coordinamento del telegiornale. Tra i volti più conosciuti del calciomercato per l'emittente di Rupert Murdoch.
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© foto di Federico De Luca

Facciamo un gioco, proviamo a rileggere il mercato con il senno di poi. E' il lavoro più facile, giudicare in base a quello che abbiamo visto finora in campionato. Vedere veramente chi può sorridere, chi è cresciuto. Chi invece ha toppato. Chi ha fatto il salto più in alto. Chi invece dovrà necessariamente rimettere mano al portafogli (magari cedendo pure).
E sembra banale dirlo ma anche qui le prime tre della classe sono quelle con più luci che ombre. E forse i distacchi in classifica possiamo vederli anche in relazione a quello che è successo anche nelle finestre di mercato.
Prendete Napoli e Juventus, quindi. Intanto ognuna delle due squadre ha giocatori che se domani dovessero decidere di vendere (e non ne hanno intenzione) avrebbero a disposizione almeno 100 milioni di euro. E con quei soldi (come abbiamo detto la scorsa settimana) potrebbero ricostruire una squadra per intero. Da una parte (sponda bianconera) Cavani, Isco, Andre Gomes, Gundogan, Mkhitaryan, Lukaku, Goetze, almeno quelli conosciuti. Dall'altra (sponda azzurra) Andre Gomes, Maksimovic, Sportiello, Klaassen, Vecino, Kramer, giusto per rimanere su quelli che il Napoli ha certamente seguito.
Ma obiettivi di mercato a parte se valutiamo la rosa della Juventus anche i giocatori pagati molto (come per esempio Alex Sandro e Dybala) non solo hanno portato alla Juve dei risultati tecnici incredibili (le 20 partite vinte nelle ultime 21) ma hanno addirittura visto crescere il loro valore. Forse di tutti quelli arrivati in bianconero nelle ultime due sessioni di mercato quello che non ha fatto un salto di qualità (per il bilanci) è Hernanes, pagato all'ultimo giorno della finestra estiva 11 milioni di euro.
Anche il Napoli ha visto crescere i valori di mercato dei suoi giocatori più forti. Esempi? Koulibaly, Hamisk, Higuain, Jorginho. Anche Hysaj e Allan, arrivati nel mercato invernale. Insomma Sarri è riuscito a far rendere al meglio anche chi era stato acquistato dalle precedenti gestioni sportive (e questo è un tema ricorrente, anche altrove vedi Roma). Cosa invece non ha girato sono sostanzialmente due cose: i rincalzi (primo fra tutti Gabbiadini che però comunque era stato valutato almeno 25 milioni di euro dal Wolfsburg, e il Napoli disse no) e soprattutto i rinforzi di gennaio: sia Regini che Grassi non hanno fatto neanche un minuto con la nuova maglia. Come a dire: quando ci sarebbe stato bisogno di scalare l'ultimo gradino il Napoli non ce l'ha fatta. I motivi sono tanti e li abbiamo analizzati a lungo nei mesi scorsi. Sostanzialmente il Napoli non ha voluto farsi prendere in giro da nessuno e non ha trovato nessuno per cui valesse veramente la pena aprire il portafogli preferendo prenotare i propri obiettivi per la prossima sessione di mercato. E se questo ora potrebbe pesare sulla classifica, non necessariamente deve essere considerato un errore grave o l'unico motivo per cui in questo momento la Juve sta scappando.
Insomma il comprare tanto per comprare non funziona. Mai. Quando si compra bisogna essere convinti. Prendete la Roma. Alzi la mano chi avrebbe minimamente creduto che l'impatto di El Shaarawy e Perotti sarebbe stato questo. Sabatini ha covato questi acquisti a lungo, facendo diventare i due giocatori quasi un tormentone. Tanto che molti avevano delle perplessità concrete su quanto sarebbero stati utili.

Hanno risposto sul campo. Ma qui è necessario fare un'altra valutazione: l'impatto di Spalletti. E qui torniamo al discorso di Sarri/Napoli. Il grande lavoro dei due allenatori di Roma e Napoli è stato quello non solo di continuare ad essere competitivi (o di tornare ad esserlo) ma anche di aver aumentato i valori di mercato dei propri giocatori. Certo vincere ha un altro sapore, ma vince solo uno. Essere in grado di poter avere una società solida è comunque altrettanto importante (almeno per il bilancio, che evidentemente non stuzzica l'entusiasmo dei tifosi però...).
E a proposito di giocatori che rendono o che invece si fermano. Prendete Eder: da tutti considerato come miglior acquisto del mercato invernale non è riuscito affatto ad imporsi in maglia nerazzurra. Dobbiamo parlare di acquisto sbagliato? A livello di rendimento certamente sì. Così come per altri giocatori nerazzurri (vedi Jovetic) sui quali Mancini aveva puntato molto per tornare ai vertici, almeno in Italia. I risultati non aiutano, ma i risultati sono la conseguenza del rendimento in campo. Sempre intrecciato con la capacità dell'allenatore, ovvio. E nella Milano nerazzurra siamo al limite. Alcuni hanno fallito (su tutti Kondogbia che non ha mai ingranato al 100%), altri non hanno pienamente convinto (Ljajic e Telles che difficilmente saranno riscattati). La sensazione è che si andrà incontro a un'altra rivoluzione, anche se il punto interrogativo più grande (non per la società, questo va sottolineato) è proprio la permanenza di Mancini se non con un progetto molto ambizioso (e concreto).
E a proposito di allenatori arriviamo al Milan. Mihajlovic (ormai pare evidente) ha un rapporto ai minimi termini con la presidenza. Addirittura se dovesse andar male (molto male) con la Juve potrebbe salutare in anticipo. Il presidente Berlusconi vuole Brocchi: è deciso in questa sua convinzione. Per un Milan italiano che peschi dalla sua Primavera. E' un percorso difficile, complicato, lungo. Non si può pretendere di vincere subito, ma la convinzione presidenziale si basa principalmente su due tre giocatori molto giovani che il Milan già ha e sui quali vuole costruire: Donnarumma, Romagnoli e Niang. Se a questi aggiungi Bonaventura, Bacca, De Sciglio (più gli altri componenti della rosa rossonera che saranno confermati) il disegno di Berlusconi non è molto lontano dalla realtà. Quello che forse è lontano è la spesa: scordatevi gli 80 milioni spesi la scorsa estate. Il mercato del Milan sarà diverso. Ma per tornare a Brocchi non mettete in soffitta l'idea di Di Francesco né tantomeno quella Lippi (che potrebbe essere il direttore tecnico rossonero, una sorta di guida per la prima esperienza di Brocchi sulla panchina dei "grandi")
Non sarà un caso quindi. Ma le ambizioni o le delusioni delle grandi vanno di pari passo con le scelte fatte sul mercato. Di pari passo con le scelte e le capacità dei loro allenatori. Il mercato ingloba e determina. Non solo i bilanci, anche le classifiche.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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