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Germania-Italia, differenza più abissale del 4-1. Viaggio nella riforma tedesca: la FIGC prenda esempio. Conte ha ragione: i dati inchiodano i nostri club

di Raimondo De Magistris
Nato a Napoli il 10/03/88, laureato in Filosofia e Comunicazione presso l'Università Orientale di Napoli. Lavora per Tuttomercatoweb.com dal 2008, è il vice direttore dal 2012
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Possiamo offenderli chiamandoli crucchi. Possiamo dire - in alcuni casi illuderci - che poi nelle gare importanti vinciamo sempre noi. E possiamo aggiungere, a ragione, che il loro rigore d'azione e di pensiero non è sempre la strada giusta. Opponendo con soddisfazione la nostra capacità di adattamento e di improvvisazione, quella che a volte ci porta a ottenere risultati straordinari, del tutto inattesi. A gettare davvero il cuore oltre l'ostacolo.
Eppure, circoscrivendo il discorso all'ambito sportivo, non c'è dubbio che in questo momento la Germania sia anni luce avanti a noi. Il 4-1 di martedì scorso non spiega bene il divario che c'è tra i due movimenti. Perché la Germania da ormai 15 anni ha portato avanti un discorso di programmazione che in Italia non abbiamo nemmeno abbozzato. E se adesso la Germania si ritrova con la nazionale più forte del mondo - e negli ultimi anni ha fatto incetta di trofei anche a livello giovanile - non è certo frutto del caso.
Occorre fare un passo indietro: Campionato Europeo di Belgio e Paesi Bassi. La Germania rimedia una figuraccia. In tre gare contro Romania, Inghilterra e Portogallo conquista un solo punto. Una disfatta. Nelle federazione teutonica iniziano profonde riflessioni e la risposta che produce questa lunga disquisizione è la più semplice: bisogna investire sui settori giovanili. Seriamente.
Nel 2001 viene introdotto la norma che obbliga i club delle prime due serie - Bundesliga e Zweite Bundesliga - ad avere una squadra in ogni categoria giovanile a partire dagli Under 12. E si chiede a una nuova generazione di allenatori, che deve essere sempre supportata da strutture adeguate, di puntare sulla tecnica. E' stato aggiunto, inoltre, l'obbligo per tutte le formazioni dall'Under 16 in avanti di avere almeno dodici giocatori candidabili a una maglia della nazionale di categoria. Eventuale penalizzazione? La revoca della licenza per la partecipazione ai campionati.
La strategia è semplice e lineare, la migliore per favorire la crescita di giovani calciatori tedeschi. Una strategia che ha portato risultati sul medio e lungo termine. E che risultati. La vittoria del Mondiale nel 2006 è stato per noi il momento più alto di una generazione che già aveva dato tutto, ma che alle spalle aveva il deserto. La Germania, battuta in semifinale, proprio in quei mesi portava avanti una rinascita che ha prodotto frutti importanti negli anni successivi. Il Mondiale, inoltre, servì per rimodernare o in molti casi ricostruire gli stadi. Un modo per riportare i tifosi allo stadio (congiunto, in molti casi, a una precisa strategia di prezzi popolari), fare della Bundesliga il campionato con più persone allo stadio e aumentare i ricavi.

Tornando però specificamente al discorso nazionali, ci sono dei dati che inchiodano una federazione come la nostra che non riesce a creare queste riforme strutturali. La Germania, mediamente, ha molti più giocatori tedeschi in rosa rispetto agli italiani in forza alle squadre di Serie A. Di seguito il dato (rilevazione di Transfermarkt.it) relativo alla percentuale di stranieri nelle prime sei squadre in classifica. Quelle che, in teoria, dovrebbe fornire il maggior numero dei giocatori alle rispettive Nazionali.

1) Juventus 61.5% di stranieri
2) Napoli 68%
3) Roma 82.1%
4) Fiorentina 79.2%
5) Inter 82.6%
6) Milan 48.1%

1) Bayern Monaco 57.7%
2) Borussia Dortmund 45.8%
3) Hertha Berlino 46.7%
4) Bayer Leverkusen 55.6%
5) Mainz 53.3%
6) Schalke 04 41.4%

In Italia solo il Milan ha una percentuale di stranieri inferiore al 60%. In Germania, nessuno dei top club arriva al 60%. Senza contare che la Bundesliga, che non è il campionato più ambito al mondo, molti dei suoi talenti più importanti li ha già esportati: Kroos milita nel Real Madrid, Özil nell'Arsenal, ter Stegen al Barcellona, Sami Khedira alla Juventus, Emre Can al Liverpool. Giusto per restare sui giocatori frutto di questa nuova generazione che sono già in top club europei. In Italia, restando sullo stesso target, l'unico che possiamo opporre è il regista del PSG Marco Verratti. Ha ragione quindi Conte a lamentarsi del fatto che in Italia il numero di giocatori 'convocabili' sia decisamente più basso rispetto a quello di altri paesi.
A questo dato c'è da aggiungerne un altro ancora più importante, quello decisivo che ci inchioda definitivamente. E fa capire come la riforma prodotto nel 2014 dalla FIGC - subito dopo la disfatta in Brasile - non è nemmeno paragonabile a quella della DFB. Quest'ultima negli ultimi 15 anni per incentivare la crescita dei settori giovanili ha investito oltre 300 milioni di euro e i club di Bundesliga nella stagione 2014/15 hanno investito 93.3 milioni di euro, il 4.4% in più rispetto alla precedente annata. In Italia i nostri club hanno investito quasi la metà, siamo sui 50 milioni di euro.
Dati preoccupanti, a cui bisognerebbe aggiungerne anche altri (il nostro è il campionato più vecchio d'Europa, ad esempio) che dipingono bene il quadro complessivo. La differenza tra Germania e Italia, in questo momento, è abissale. Va ben oltre il 4-1 dell'Allianz Arena.

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