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Ferrante su Perugia-Salernitana: "Nessuna delle due squadre può perdere"

di Luca Esposito
Marco Ferrante
Marco Ferrante
© foto di Federico De Luca

L'ex attaccante Marco Ferrante è quello che si può considerare il doppio ex di Perugia-Salernitana, partita prevista per domani allo stadio Renato Curi: i granata hanno l'acqua alla gola, gli umbri puntano alla quarta vittoria di fila per riavvicinarsi ai play-off, sono tutti motivi che portano a credere che i tre punti saranno necessari alle due squadre. A Salerno Ferrante aveva giocato nella stagione del quinto posto, il secondo consecutivo, nel 1995-96, mentre a Perugia era stato nella stagione precedente: ricordi differenti, ma la consapevolezza che l'esplosione per lui sarebbe arrivata con un'altra maglia granata, quella del Torino. Presidente della Marco Ferrante Soccer School, la scuola calcio che porta il suo nome, Ferrante si è concesso ai microfoni di TuttoSalernitana.com per raccontare la sua esperienza in Campania e quella in Umbria.
"L'esperienza più positiva delle due è stata sicuramente quella alla Salernitana: con Colomba sfiorammo la Serie A. Invece a Perugia in Serie B, benché ci fosse una squadra importante, ci furono varie problematiche di rapporti con Gaucci e alcuni giocatori, quindi non fu una stagione esaltante sotto il profilo personale e umano. Ero rimasto fuori rosa così come altri giocatori".

Avrebbe potuto ambire a una sistemazione in Serie A, perché ad esempio aveva fatto parte dei diciotto olimpionici nel '92.
"Sono dell'avviso che ero ancora abbastanza giovane. Dopo l'esperienza di Salerno sono passato al Torino, negli anni sono maturato calcisticamente, e vengo ricordato per quello che ho fatto a Torino".

In quella Salernitana del '95-'96 c'era anche Pisano, che però era rimasto indisponibile per mesi.
"Sì, aveva il crociato rotto, era un giocatore importante ma era venuto meno, quindi in quella Salernitana avremmo potuto giocare insieme: avevamo avuto la fortuna di avere un grande allenatore a prescindere, e deve essere bravo il tecnico a far coesistere due prime punte".

Nel '96 era in campo a Perugia con la maglia della Salernitana, vinceste con un gol segnato proprio da lei in avvio, e il finale fu di 2-1.
"Ne è passata di acqua sotto i ponti, però ho un ricordo positivo. Era una partita che ci poteva proiettare verso l'alto, la vincemmo con una buona organizzazione di gioco, spirito di sacrificio e personalità. La promozione sfumò all'ultima giornata, ma forse avevamo sbagliato qualche partita prima. È facile dire che la promozione era mancata perché non si fosse vinta l'ultima: secondo me si erano persi dei punti per strada e quelli non si potevano recuperare più purtroppo".

Che atmosfera si viveva a Salerno e a Perugia a quel tempo?
"Due tifoserie eccezionali. In particolare la tifoseria della Salernitana mi resta più a cuore, era una tifoseria 'imbarazzante' per quanto bella. Anche se andavi in svantaggio in casa la Curva incitava e i tifosi saltavano per novantacinque minuti. Se non si faceva bottino pieno però poteva esserci qualche rancore, poteva esserci qualche fischio, perché il tifoso paga e vorrebbe vedere sempre un bello spettacolo".

Ci crederebbe che a Salerno (e anche a Perugia) la quasi totalità degli allenamenti si svolge a porte chiuse adesso?
"Questo non è piacevole per il tifoso incallito che vorrebbe vedere i propri beniamini durante la settimana. Non lo reputo giusto, però molte società lo fanno: anche il Torino in Serie A fa così, la spiegazione sarà a livello aziendale, forse si fa per lavorare in tranquillità avere meno spie sulle giocate che si vanno a provare durante la settimana. Ci sono tante cose che la gente alle volte non si spiega ma delle verità ci sono".

Il Perugia è in centroclassifica, la Salernitana addirittura penultima. Quale delle due ha deluso di più secondo lei?
"Probabilmente la Salernitana in questo momento, perché è a cinque punti dalla tranquillità, ma questi punti bisogna conquistarli, perché poi le partite cominciano a diminuire, e alla fine guardarsi indietro e ripensare agli errori non è una bella cosa, se si rischia di retrocedere, specialmente per una piazza come Salerno. Raggiungere i play-out e giocarsi la salvezza sarebbe già importante. Invece il Perugia se facesse bottino pieno riuscirebbe a riavvicinarsi alla zona play-off. Questo è un campionato davvero particolare perché ci sono le prime due che corrono e dietro qualcuna inciampa. Si può vincere contro tutti e si può perdere contro tutti, partite in Serie B ce ne sono ancora molte. Il fattore campo può incidere, ma le motivazioni sono talmente alte che in due-tre settimane si può stravolgere la classifica".

Nella Salernitana ci sono Donnarumma e Coda, nel Perugia ci sono Bianchi, Prcic e Ardemagni, rivede se stesso in qualcuno di questi giocatori?
"Forse Ardemagni per la scaltrezza sotto porta. È un po' un misto Coda che è anche giovane, Donnarumma gioca sul filo del fuorigioco, Bianchi è colui che dopo di me in questi ultimi decenni ha fatto più gol nel Torino, un po' tutti si rispecchiano in qualcosina, ma probabilmente non vedo un calciatore tanto similare a me. Ma è chiaro che gli obiettivi si raggiungono sempre di squadra, e non attraverso un solo reparto: in carriera ho vinto dei campionati, ma sono anche retrocesso essendo l'unico capocannoniere italiano in Serie A".

Non c'è in lei del rammarico per non essere riuscito ad arrivare in Nazionale A?
"Secondo me al tempo in cui giocavo io c'era abbastanza peso politico per le 'sette sorelle'. Feci diciotto gol in Serie A, e a Euro 2000 andò Delvecchio che in quel campionato aveva segnato un gol con la Roma, e andò Del Piero che era reduce da un infortunio. Il rammarico c'è, ognuno però ha ciò che si merita, io sono sempre in buona fede, ma a posteriori credo che il peso politico del Torino come società fosse inferiore a quello di altre società di maggior rango nazionale".

Lei è attualmente responsabile e presidente della scuola calcio di Torino che porta il suo nome. Quante soddisfazioni le ha dato e quante gliene darà?
"Ho deciso di dedicarmi alla scuola calcio per scelta. È una bella cosa perché si ha a che fare con i ragazzini, ma è un po' difficoltosa perché si ha a che fare con i genitori... C'è l'istruttore che educa i ragazzi in un certo modo a livello calcistico, e i genitori che alle volte possono pensare di sentirsi allenatori e sviare i bambini. L'obiettivo di una scuola calcio è l'insegnamento di tutti gli step per i bambini, in base all'età, ma la cosa più problematica è l'educazione per i genitori. Sicuramente il risultato non è fondamentale, anche se abbiamo delle squadre molto forti, ma è importante la crescita del bambino. Abbiamo degli obiettivi mensili che il bambino deve raggiungere, nel calcio, poi sappiamo che la percentuale è bassissima per fare sì che un bambino possa un domani ambire ai professionisti, ma uno dà tutto se stesso, con istruttori qualificati".

Sappiamo che lei è iscritto all'ADISE, l'albo dei direttori sportivi. C'è qualche calciatore di Perugia e Salernitana che lei porterebbe con sé?
"Sì, però non mi piace mai fare nomi per un discorso di correttezza nei confronti degli altri. Il margine di errore è sempre elevato, questo lo dice l'esperienza. Se dovessi vedere un giocatore per due o tre domeniche ti puoi fare un'idea, ma credo sia importante che quel giocatore abbia qualcuno che lo segua costantemente durante la settimana. Quando giocavo io c'erano i classici giocatori 'del giovedì', nel senso che quando c'era l'amichevole del giovedì facevano cose eccelse affinché la scelta del mister per la domenica ricadesse su di loro, e la domenica venivano meno per tutta una serie di fattori, perché sentivano molto la pressione del match, la tifoseria e via dicendo. Sicuramente qualche giocatore del reparto offensivo del Perugia me lo porterei, ma non dico chi".

Come potrebbe finire Perugia-Salernitana sabato?
"Un pari servirebbe a poco a tutte e due. La Salernitana smuoverebbe di poco la classifica, ma se dovesse vincere la squadra che è appena in vantaggio sulla zona play-out, quella si porterebbe a +6 o a +7. Però non è neanche facile andare a Perugia e fare bottino pieno. Viceversa, se il Perugia dovesse incappare in qualche risultato negativo, non dico che siano finiti i sogni di gloria perché il campionato è ancora lungo per i play-off, ma non deve assolutamente sbagliare la partita. A volte in queste gare, sono meglio due feriti che un morto, ma che ci siano due feriti non servirebbe a nessuno. Ho visto il Perugia vincere contro il Cagliari, a dimostrazione di quello che dicevo prima, che si può vincere contro tutti e si può perdere contro tutti. C'è la speranza anche la Salernitana possa dare tutto per fare punti, perché non mi va giù vederla al penultimo posto".

Perugia e Salerno sono due piazze in cui lavorerebbe nel futuro?
"Sicuramente sì. Sono sempre opportunità di lavoro, essendoci una programmazione alle spalle, e avendo il vantaggio di avere una tifoseria importante. Organizzando una squadra al meglio con un allenatore importante, con una società che sta con te, è la cosa migliore. Quando sei calciatore e sbagli un gol la colpa è la tua, se sei direttore sportivo e un calciatore sbaglia un gol devi assumerti le responsabilità per altri, quindi è un ruolo più complesso. Sicuramente è meglio fare il calciatore, questo è poco ma è sicuro..."

Che cosa direbbe alla tifoseria della Salernitana in questo momento?
"Sicuramente nell'arco dei novanta minuti delle partite, al di là del malumore che ci può essere, bisogna incitare sempre la squadra, applaudirla. È plausibile che se le cose vanno male si fischi o si contesti, ma nei novanta minuti bisogna mettere meno pressioni possibili ai giocatori".

Alle volte in Serie B contano i giovani e i giocatori locali, i prodotti del vivaio, perché si può inserire solo un numero limitato di over.
"Sì, ha toccato un tasto che mi preme tantissimo: ho avuto già modo di concedere un'intervista a un altro suo collega, e sono convinto che oggi bisogna curare molto il territorio, perché ci sono poche risorse, anche in Serie A, a parte qualche big. Però ci sono sempre meno soldi per investire nei settori giovanili. Essendoci l'obbligo della Federazione per quanto riguarda la Serie B, e dall'anno prossimo anche in Serie A, si dovrà lavorare molto sul territorio. Portando da Torino un ragazzo a Salerno a dodici anni, prima che possa arrivare in prima squadra passano sei anni. Sono sei anni di investimento ed è una sfida aziendale, perché statisticamente sono pochi quelli che possono arrivare tra i professionisti. Con la regola degli over si è obbligati a reinvestire nei settori giovanili, perciò spazio soprattutto agli italiani. Ognuno raccoglie ciò che si merita, se investi raccogli, ma se non investi poi alla fine hai delle problematiche e magari rischi di portare in prima squadra qualche ragazzo che non si rivela pronto".

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