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ESCLUSIVA TMW - Antonini: "Ritiro? Ci pensavo da un po'. Futuro da allenatore"

di Gaetano Mocciaro
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© foto di Federico De Luca

Una scelta di cuore per chiudere la carriera, tornare lì dove aveva mosso i primi passi da professionista. Luca Antonini in estate aveva deciso di tornare a Prato, come segno di riconoscenza verso chi lo ha cresciuto. Una stagione da calciatore interrotta a stagione in corso e che lo ha visto appendere gli scarpini al chiodo e iniziare un nuovo capitolo della sua carriera. Ai microfoni di Tuttomercatoweb l'ex Milan si racconta, parlando anche dei rossoneri a cui è ancora molto legato.

Luca Antonini, cominciamo dalla fine. Ti sei ritirato da poco e cosa inusuale lo hai fatto a campionato in corso. Un fulmine a ciel sereno
"Diciamo che è da un po' che ci pensavo. Ero andato ad Ascoli l'anno scorso per un progetto, poi a Prato per un altro progetto ma mi sono accorto che a un certo punto la voglia di andare avanti si faceva sempre più difficile. Ho preferito non prendere in giro nessuno e iniziare un'altra carriera sempre a Prato e ringrazio la società per avermi dato la possibilità".

Una scelta di cuore, quella di tornare a Prato
"Mi sembrava giusto farlo, Prato è casa di mia moglie e ho iniziato la carriera qui. Diciamo che sono venuto qui per chiudere un cerchio. Mi spiace solo per il fatto che sia finita così ma devo dire che la decisione è stata digerita bene".

Il tuo ritorno aveva portato tanto entusiasmo, le cose però sono cambiate in fretta
"Quando era partito il progetto lo stadio all'inizio era pieno, c'erano tante aspettative ma quando parte un progetto devi avere pazienza. Era stata costruita una buona squadra, con me, Tavano, giovani di buone prospettive e un allenatore che conosce bene la categoria come Acori. In tante piazze si chiede tutto e subito e la situazione è che nel giro di poche settimane si è affievolito tutto".

Di cosa ti occupi adesso?
"Ho un ruolo da allenatore e collaboro con Ciccio Esposito che è responsabile del settore giovanile. Per tre volte alla settimana alleno le eccellenze del settore giovanile, aiuto i ragazzi nella tecnica, nei movimenti col corpo, nella tattica. Altre due volte alla settimana prendo Giovanissimi e Allievi e li aiuto nella fase difensiva. Non ho voluto prendere una squadra in corsa e mettere da parte l'allenatore. E poi ho tempo per visionare altre società in Europa e farmi una cultura mia".

Dalla Serie C in cui hai esordito alla Lega Pro di oggi hai trovato tanta differenza?
"15 anni fa il livello era sicuramente più alto. Ho iniziato in C2 e la qualità era superiore, non c'era l'obbligo degli under e in generale erano campionati più difficili da vincere".

Si parla di squadre B per migliorare la Lega Pro
"Sarei d'accordo, per me le squadre B dovevano istituirle già da un po' perché le squadre di Serie A hanno rose ampie con giovani che non trovano spazio e che hanno bisogno di giocare per crescere e se lo fai nel tuo club è meglio".

Segui ancora con attenzione il Milan. Da lontano come ti spieghi il crollo degli ultimi anni e il buon lavoro di Montella, nonostante un materiale a disposizione identico rispetto a un anno fa?
"Tutto è iniziato da quando abbiamo perso lo scudetto nel 2012, battuti dalla Juventus. Da lì è iniziata la discesa, hanno lasciato tanti campioni, punti di riferimento per l'ambiente. Non c'è stata la possibilità di rimpiazzarli con giocatori dalle stesse qualità umane. Gli investimenti non sono stati fatti, non sono arrivati campioni in grado di garantire il salto di qualità. Quest'anno è cambiata la mentalità e bisogna fare un plauso a Montella. Ha portato più consapevolezza al gruppo, trasmettendo ai ragazzi fiducia. Mancava un leader carismatico, è stato trovato in lui".

Negli anni bandiere come Gattuso e Abbiati hanno sottolineato come nel gruppo mancasse l'amore per i colori rossoneri
"Quando vanno via dei punti di riferimento è difficile per i nuovi capire cosa vuol dire indossare la maglia del Milan. O ci nasci in quella società o se ci arrivi devi avere dei punti di riferimento che ti diano dei suggerimenti. Ai miei tempi c'era Paolo Maldini e lui ti faceva capire cosa voleva dire essere al Milan, e te lo dimostrava in tante piccole cose".

C'è qualcuno in questa squadra che può incarnare lo spirito Milan?
"Intanto bisogna avere pazienza, sono arrivati ragazzi che hanno fatto il settore giovanile e bisogna farli crescere senza mettere loro pressione. Nel Milan attuale c'è Abate che ha anche fatto parte di un Milan importante e che potrebbe riuscire a passare il messaggio. E vedo che qualcosa è cambiato, dall'atteggiamento si vede una mentalità diversa, una squadra che lotta su ogni pallone e che corre. Manca la qualità, ma questi ragazzi la sopperiscono con l'attaccamento. Poi se arriveranno i cinesi investiranno con i campioni e sarà compito dell'allenatore far capire loro cos'è il Milan".

Dove credi che il Milan dovrebbe intervenire sul mercato?
"Non c'è un punto preciso dove il Milan manca. Bene o male il fulcro della squadra c'è. Il problema semmai è che chi può subentrare non riesce a fare la differenza, come ad esempio succede alla Juve. Ma i bianconeri hanno avuto un progetto da quando hanno vinto il campionato. E poi hanno lo stadio di proprietà che è stato un investimento importante per il futuro, cosa che il Milan non ha. Diciamo che se devo scegliere dove aggiungere qualcosa dico in attacco, possibilmente tenendo Bacca perché il colombiano ha la qualità che ti fa vincere la partita".

Tornando alla tua carriera, qual è il tuo bilancio?
"Una buona carriera, nel senso che mi sono tolto delle soddisfazioni, ho indossato la maglia che sognavo da piccolo e questo è un obiettivo raggiunto".

Rimpianti?
"Nessuno, alla fine le scelte che ho fatto non le rimpiango. Mi è dispiaciuto stare fuori rosa nel Genoa in quei sei mesi ma anche quello mi è servito".

Cosa farai "da grande"?
"Mi vedo allenatore. Mi do da fare e iniziare con i giovani è la soluzione migliore per iniziare questa carriera".

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