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De Boer si salva e salva l'Inter, ma non per sempre. Ecco cosa succede ora in casa nerazzurra (e non solo)

di Luca Marchetti
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© foto di Federico De Luca

Dopo una partita folle che è sembrata la sintesi della natura nerazzurra in novanta minuti De Boer sorride.
Non ha scacciato tutte le nubi sulla sua testa, non avrà dissipato i dubbi che hanno covato per giorni nella testa dei dirigenti e dei tifosi nerazzurri. Ma ha dimostrato che questa Inter ha un'anima. E questa è la cosa più importante. Anima e gioco.
Si era complicata la vita, il solito pasticcio difensivo. E c'erano anche dei piccoli segnali che non lasciavano ben sperare. C'è più di un addetto ai lavori che ha sottolineato come al gol di Icardi nessuno sia andato ad abbracciare De Boer. Solo era stato dipinto, solo è rimasto anche nel momento in cui avrebbe potuto liberarsi, sfogarsi con i suoi pretoriani. E' rimasto davanti alla sua panchina. Il suo viso è rimasto impassibile. Forse sapeva che la sua difesa avrebbe ballato di nuovo con l'incontro scontro fra Murillo e Ansaldi. Forse sapeva che avrebbe sofferto come nessun'altro quando la sua squadra creava gioco, come piaceva a lui, ma non segnava neanche portando il pallone con le mani oltre Hart.
Ci è voluto un supergol di Icardi. Quello che non centrava la porta da 4 partite intere. Quello che aveva segnato senza tirare in porta il gol dell'1-0, con un rimpallo fortunoso sull'uscita del portiere inglese del Torino.
De Boer si è salvato. Poteva non bastare vincere. Ma vincere così, con una partita vibrante ha allungato la sua carriera in nerazzurro. Per quanto? Non per sempre. Lo sa per primo l'olandese: c'è la Samp all'orizzonte, c'è il Southampton ancor più pericoloso. L'Inter non solo deve vincere, deve soprattutto convincere. Deve dimostrare che ci sono dei segnali confortanti. Perché altrimenti si cambia.
Dove? La sensazione porta a un allenatore italiano.

Uno che conosca e che capisca subito l'ambiente nerazzurro. Uno che sappia calarsi in una realtà, che se dovesse decidere di cambiare, sarebbe letteralmente esplosiva. L'Inter, è inutile nasconderlo, un giro di orizzonte lo ha fatto. Sarebbe stato da pazzi non farlo: se la situazione fosse precipitata contro il Torino non poteva fare la brutta figura di non essere pronta. E quindi dei segnali li aveva lanciati in giro: Pioli, Guidolin, Mandorlini. Da non sottovalutare le piste straniere ma con la conoscenza della lingua: Blanc e Leonardo. Studiati i profili. I dirigenti nerazzurri hanno anche cercato di capire chi sarebbe potuto essere il sostituto più efficace. Magari prendendo in considerazioni anche nuove strade, azzardate in questo momento come Marco Silva, che in passato avevano affascinato i nerazzurri.
Per ora De Boer rimane. Con il ticchettio della scadenza sempre in sottofondo, ma la minaccia l'ha respinta. Ha parlato, alle tv, di lavoro, di evitare passi indietro, di suo calcio e di personalità. Ha provato a riprendersi un terreno che avrebbe voluto (e dovuto) marcare meglio. L'allenatore dipende dai risultati e se i risultati non vanno a pagare tocca a lui. De Boer lo sa. Ma per rimanere su quella panchina deve vincere e soprattutto convincere. Altrimenti l'Inter non può non prendere in considerazione delle soluzioni drastiche.
Legare il futuro dell'allenatore a una partita è sempre sbagliato: il lavoro non si può giudicare soltanto in novanta minuti. Senza il gol di Icardi staremmo parlando di un finale completamente diverso. Ecco perché le idee rimangono e la dirigenza nerazzura (quella italiana e quella cinese) deve essere convinta anche con i fatti.
Un po' come è successo a Nicola a Crotone. Doveva andare via se avesse perso. Ha rischiato di vincere a Firenze e rimane lì. Sono i risultati che decidono, ma alle volte sembra destino.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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