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Claudio Nassi: "Zitti, parla il Prof. Cruyff"

di Redazione TMW
Fonte: Claudionassi.com
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Appena ho letto che era uscito "La mia rivoluzione" di Johan Cruyff sono corso ad acquistarlo. E' andato al di là di ogni aspettativa. Ho imparato un'infinità di cose. Non sul calciatore, del quale sapevo tutto, ma dell'allenatore, del quale sapevo abbastanza, dell'uomo, di cui sapevo poco, e del dirigente, di cui non sapevo nulla. Per me è stato un esame e, per l'ennesima volta, mi sono accorto quanto non sappia. D'accordo, parlo di uno dei più grandi calciatori del mondo, di un allenatore che ha portato nuove idee, cosa non facile, e che ha fatto la storia di due grandi clubs, l'Ajax e il Barcellona, e di chi, con la creazione della Cruyff Foundation, ha aiutato le persone in carrozzina ad avere una vita migliore. Ho rivisitato i miei anni da manager, quasi come facevo 5' prima di ogni partita, quando mi domandavo se, in settimana, era stato fatto tutto quanto si doveva, perché dal fischio dell'arbitro erano i calciatori a decidere.

Quando parla l'allenatore o il D.T. e illustra le sue teorie con dovizia di particolari, non sono rimasto sorpreso. Non credo gli sia sfuggito molto. Notevole la sua capacità di analisi. Incanta quando elenca i limiti delle squadre inglesi in fase difensiva, ma fin qui niente di nuovo. Come delle sue idee sul calcio, che deve offrire spettacolo, divertire e far gioire chi va allo stadio. E qui non sono d'accordo perché, come dicono negli USA, non conta vincere, ma solo vincere. Il tifoso gioisce se vince e chi vince, alla lunga, deve per forza giocar bene. La fortuna può aiutare una, due, tre volte, ma poi se non giochi bene non vinci. Non ho mai interferito sulle decisioni tecniche né ho mai chiesto a un allenatore la formazione. Ho cercato di mettere a disposizione i calciatori migliori in rapporto alla categoria. Se poi qualcosa non andava, prendevo il toro per le corna.

Quindi le considerazioni di natura tattica di Cruyff, pur apprezzabili, mi sono interessate il giusto. A chi faceva il mio mestiere non erano indispensabili. Invece quando, dopo aver giocato con i Los Angeles Aztecs, è passato ai Washington Diplomats, ha trovato, oltre a un'organizzazione che rasentava la perfezione, un manager, Andy Dolich, che gli ha insegnato quanto uno spogliatoio poteva essere influenzato dalle finanze, con conseguenze dirette sul risultato. Non era possibile che il nono calciatore della squadra guadagnasse più del terzo solo perché aveva un procuratore più scaltro. Sono situazioni che generano tensione, irritazioni e malumori. Mi sono chiesto se in quel caso avrei avuto problemi. Ritengo di no. Non ero stato il primo a fare il procuratore nell'ottobre '82? L'altra cosa che conoscevo e mi ha stupito è quando Cruyff dice di aver perso, 2-1 con la Germania, la finale del Mondiale 1974, pur essendo la squadra più forte, per un rigore inesistente. Aveva dimenticato alcuni particolari: che i tedeschi erano i padroni di casa, che la Germania nel calcio ha sempre avuto un peso specifico notevole e che l'Olanda non ha mai contato. Il calcio è anche questo. Non sono particolari. Dimenticarli, quasi sempre, vuol dire aver già perso.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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