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Claudio Nassi: "Il concorsone del Manchester City"

di Redazione TMW
Fonte: Claudio Nassi
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© foto di Imago/Image Sport
Il "concorsone" del Manchester City
Mettetevi nei panni di uno che è nato e vissuto nel calcio, che ha imparato a leggere sui giornali sportivi, giocato, fatto il giornalista e poi il dirigente, con la fortuna di aver conosciuto veri maestri ed essersi abbeverato alla fonte dei più bravi: come può accettare che a Manchester, sponda City, Guardiola abbia scoperto la tattica di gioco più probabile per arrivare al gol? Pensate che cosa ha escogitato una società che dà 60 milioni per tre anni al tecnico: un "concorsone" per 100 selezionati in tutto il mondo, che ha visto vincere Gian Piero Cervellera, professore di informatica applicata a Siena e membro di Football Intelligence, la società di analisi statistica sul calcio, insieme con l'analista Savio e il ricercatore Consonni.

Fatti i complimenti allo staff italiano, mi è venuto da sorridere quando ho letto che "... Manchester è una città nata per studiare il calcio". Attenzione, parla uno che quando ha iniziato la carriera di manager, nel '74 alla Lucchese, si è presentato con gli scout del Fernet Tonic Bologna e della Chinamartini Torino, con l'idea di applicare al calcio dati del basket. Mi domandavo: perché a fine partita uno sport presenta lo score completo di ciò che ha fatto ciascun giocatore e un altro viaggia a spanne, con la presunzione di non sbagliare, grazie a quella frase stantìa che vuole il calcio opinabile? Iniziai nel '78 a fare lo scout della mia squadra e di quella avversaria con innegabili vantaggi, che aumentarono quando nell''84, a Perugia, si andava in campo con il computer e alla fine del primo tempo Agroppi aveva i dati relativi ai suoi e agli avversari per eventuali correttivi. Non avevo inventato nulla, ma adattato al calcio la statistica, sulla falsariga del basket USA. Nel '90, uscito dal calcio, confezionai con amici un annuario tecnico-statistico, "Tuttocalcio", dove si trovavano i dati che servivano agli allenatori, con i 10 comandamenti che aiutavano a capire i criteri con cui si erano costruite le oltre 1.000 pagine. Sapevo che cosa serviva e ciò che poteva creare problemi. Anche perché negli USA, dove si mangia pane e statistica, tanti dati sono inutili. So pure che, partendo da "Tuttocalcio", un mio ex calciatore e un giovane imprenditore di Chiavari hanno costruito un piccolo impero, servendo 450 società in tutto il mondo, fin dal martedì, dopo aver fatto lo scout di tante partite.

Ma sono convinto che troppi numeri non giovino alla causa, perché il calcio è semplice. La cosa più importante non è fare gol? E nel 90% delle volte non segnano gli stessi in ogni categoria? Perché l'unica cosa che non si può insegnare è metterla dentro. Né sono meno importanti quelli che hanno l'assist facile, gente con una marcia in più. Ebbene, se questi si lasciano liberi fanno danni. Quindi vanno marcati. Poi se una statistica inglese dice, da tempo immemore, che da palla inattiva nasce oltre un terzo dei gol, bisognerà avere la massima cura nel preparare punizioni e angoli a favore e contro. Guarda caso Ilario Castagner fu il primo a mandare un osservatore con la macchina fotografica a filmare come si disponeva sui piazzati l'avversario che avrebbe incontrato. Aggiungo che non si può trascurare il centrocampista che gioca più palloni, il regista e il difensore che in chiusura non ha l'eguale; ma andare oltre vorrebbe dire creare problemi a chi va in campo e spersonalizzare gli attori dà solo danni, non vantaggi. Non dimenticate mai di migliorare i fondamentali.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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