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Si scrive Inzaghi, si legge Cerci. Mancini: lo stesso scenario post-Balo al Milan porta proprio a Balo? Napoli: Gabbiadini motiva Benitez. Juve, mercato sotto effetto Supercoppa

di Mauro Suma
Nato a Milano il 10 Maggio 1965; Giornalista Professionista dal 1994. Dopo le esperienze professionali di carta stampata (La Notte e Il Giorno) e televisive (Telelombardia, Telenova, Eurosport), dirige Milan Channel dal 16 Dicembre 1999.
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Il Milan incontrato da Inzaghi a Milanello attorno al 10 Luglio ultimo scorso era informe e indecifrabile, frastornato da se stesso e da quanto la stagione precedente fosse stata estranea alla sua natura. In tutto e per tutto. In ogni dettaglio e ad ogni livello. Ma Inzaghi stesso ha saputo essere inesorabile. Mattone dopo mattone. Prima lo Staff, fondamentale, poi le regole, bentornate. Quindi la partenza di Balotelli e l'ultimo tuffo su Bonaventura. Non ultima quella spina attaccata nei trofei di un giorno. Non sono titoli? Intanto torna ad abituarti a vincere, che le buone abitudini fanno giri strani. Eccoci poi alla pietra decisiva, la squadra. Pippo ci ha girato attorno come uno squalo a pelo dell'acqua. Tutti i tentativi, anche quelli infruttuosi, esaminati fino a notte fonda con attenzione e cattiveria. E dopo le 7 partite date a Torres, eccolo battezzato. Il Milan che dalla Sampdoria in poi fa 9 punti autorevoli in 6 partite durissime. Il Milan del signor Inzaghi non del signor Sì passacarte come qualche infantile suggestione social tentava di dire la scorsa estate. Il Milan della collegialità dentro e fuori dal campo, in società e nello spogliatoio. È questo Inzaghi che stra voleva Cerci in estate e che lo ha ottenuto adesso in premio alla credibilità che lui stesso si è costruito. Le prossime tappe potrebbero essere un esterno difensivo a Gennaio e un centrocampo da ridisegnare a Luglio. Ma intanto Gennaio, mese cruciale per Campionato e Coppa Italia. Senza Honda, Inzaghi aveva subito bisogno di Cerci e tutta la Società è stata compatta e felice, come da tanto tempo non accadeva, di assecondare il proprio allenatore con prontezza e convinzione. Un bravo allenatore ottiene fiducia con il lavoro e l'atteggiamento giusti. Soprattutto da una società esperta e attenta come quella rossonera. Fino ad oggi chi ha creduto in Inzaghi è stato ripagato e credere in Inzaghi è una buona cosa. È il futuro.

Come aveva detto Silvio Berlusconi il 6 Giugno 2014 a Casa Milan.
Nel Gennaio 2013 il mal di pancia post Balotelli scatenò la reazione: Kovacic, Kuzmanovic e Schelotto. Due anni dopo, solo Kovacic, con tutto il rispetto per gli altri, sta dando i primi importanti frutti. Lo stesso mal di pancia post Cerci promette, in prestito e non più a cartellino come al tempo di Kovacic, altri tre nuovi arrivi. Vedremo se e vedremo come. Intanto, passata la buriana delle redazioni politicamente corrette che non vedevano l'ora di vedere il Milan scippato e che hanno dovuto a denti stretti, ma che stridore, scrivere o parlare di un'Inter beffata sul fronte maldiviano di Cerci, resta una domanda. Ma perché con una società che c'è, e lo ha dimostrato molto bene con Podolski, come quella nerazzurra, deve spendersi così tanto su certe operazioni l'allenatore, con il rischio, non muovendosi da dirigente, di creare tensioni importanti? Intanto si continua a parlare di mercato con prestiti secchi e prestiti con diritto. Attenzione, tra i prestiti estivi e i prestiti di adesso, tutti non si possono riscattare. Qualcuno si, tutti no.
Gabbiadini non è solo il sostituto di Insigne. È la garanzia che il Napoli torna a sedersi al tavolo del rafforzamento. Gabbiadini significa gol in più, proprio su quei calci piazzati che sarebbero serviti al Napoli nei primi mesi della stagione per trasformare alcuni brutti anatroccoli, i pareggi, nel cocchio di belle vittorie. Gabbiadini è anche un segnale a Rafa Benitez. Il Napoli c'è anche sul mercato e si rinforza per il futuro. A meno che, ma non crediamo, Rafa sia già in quella fase raccontata proprio ieri sul Mattino dal presidente De Laurentiis a proposito di Lavezzi, e cioè dell'addio deciso l'anno prima e consumato l'anno dopo. Se così fosse la splendida Supercoppa di Doha non sarebbe propulsiva ma semplicemente celebrativa.
Juve che succede? Dopo Bonolis che prima dell'arrivo dell'Inter allo Juventus Stadium, inziga i tifosi partenopei stipati a piazza del Plebiscito ricordando proprio la Supercoppa dei rigori nella notte di San Silvestro, bisognava forse dare un segnale forte subito. E il subito di adesso è il mercato. A proposito, se i rigori di Doha fossero andati bene, quella cosina lì Carlitos Tevez l'avrebbe detta? Altra domanda: era proprio inevitabile dirla con le Feste passate a rimirare la Supercoppa all'ombra del Vesuvio? Mah! Resta il fatto che la pur fortissima Juve non va fortissimo sul mercato. Napoli, Milan e Inter sono già scattate dai blocchi di partenza. Mentre Torino tesse e temporeggia. Non ci sono emergenze domani mattina, ma questa Juve così defilata alla voce arrivi all'aeroporto di questa fine e inizio d'anno il suo effetto lo fa. Sia in difesa che sulla tre quarti. E il fatto che i titoli dei giornali delle Feste siano più sulle uscite (quella futuribile di Tevez, quella sempre sul punto di Vidal e quella ormai scontata di Giovinco ) che sulle entrate, fa riflettere gli stessi tifosi bianconeri.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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