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Sarri, un tecnico minimal che usa lo scalpello con i guanti bianchi su di un Napoli che, se chiudesse oggi il mercato, avrebbe il diritto di essere considerato alternativo alla Juventus

di Raffaele Auriemma
Laureato in Giurisprudenza, scrittore, giornalista professionista, radiocronista dal 1985 e telecronista Mediaset Premium per le partite del Napoli. Corrispondente di Tuttosport, coordinatore per Piùenne, produce e conduce "Si gonfia la rete"
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© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews

Il miglior viatico per il Napoli che verrà arriva direttamente dalle parole di chi ha bruscamente bandito il passato. "Con Sarri è tutta un'altra cosa, ora si lavora di più": se questo concetto divisivo e cocente arriva dalla voce di Hamsik, è giusto fare due osservazioni. 1) Sarebbe stato meglio se il capitano avesse espresso il suo disappunto direttamente al tecnico che lo aveva emarginato nell'arco di due stagioni da dimenticare. 2) E' il segnale di un risorgimento che caratterizza l'intero spogliatoio di una squadra che non vede l'ora di dimostrare quanto sia stato ingiusto il quinto posto dell'ultimo campionato. Il coagulo delle nuove intenzioni si chiama Maurizio Sarri, un tecnico apparentemente minimal, eppur capace di proporre un calcio moderno, offensivo e cattivo, col sangue agli occhi e lo scalpello in guanti bianchi. Senza proclami né spocchia, con il parlar chiaro di chi non insegue sempre la frase ad effetto per sembrare più figo degli altri, ma convincente con i fatti ed il duro lavoro quotidiano. Il Napoli aveva solo bisogno di una guida sicura per credere di nuovo nelle proprie capacità e ritrovare la retta via ch'era smarrita. Si può essere punto di riferimento nel Napoli dopo un solo anno da allenatore in serie A? Sarri sta dimostrando che "si può", tanto da spegnere certi malumori collettivi con il suo sorriso genuino e frasi disarmanti come "della pressione me ne infischio". Involontariamente sta coprendo la squadra dal disappunto generale, mai sopito per il fallimento tecnico della scorsa stagione e ben volentieri si è caricato sulle spalle la responsabilità di dover fare bene in una realtà che, ora più che mai, ha bisogno di appassionarsi nuovamente ad una squadra che sappia ricevere applausi anche dopo sconfitte arrivate al termine di partite nelle quali gli avversari realmente dimostrino di essere stati più bravi dei calciatori del Napoli. E' questo il concetto di "sudare la maglia", il riconoscimento di un atleta come proprio perché si esprima in campo come farebbe ognuno dei tifosi del Napoli; che non risparmi nemmeno un grammo delle proprie energie, perché consapevole di essere pari ad ognuno degli altri compagni di squadra.

"Considero i 25 giocatori che sono qui, con me i migliori al mondo": è un concetto di sinistra, usato ad arte non per fare politica, ma per evitare che gli si chieda chi vorrebbe a destra al posto di Maggio oppure in difesa in luogo di uno tra Koulibaly e Albiol. Gioca chi più lo merita, a prescindere dal valore del cartellino e dal nome del suo procuratore: è questa la migliore garanzia per la società, per tutti i tesserati e per la gente che rifugge il sentimento obliquo della nobiltà pallonata conquistata con l'impegno e non costruita sul nome del grande club da cui proviene. Il grande calciatore è come l'allenatore bravo: deve dimostrarlo sempre e non solo sfoggiando le medaglie conquistate altrove. Perché il calcio è adesso e nessuno può vantarsi di "essere stato", senza aver dimostrato il proprio valore anche in una squadra che nel ranking europeo abbia un punteggio inferiore al sodalizio dal quale è stato prelevato. La strada giusta potrebbe essere questa, il rifiuto alla prostrazione di fronte a chi pensa di venire per colonizzare e non per mettersi a disposizione di un progetto, di una realtà che ha sempre reso grande (e costoso) chi l'ha trattata con la dignità che merita. Inter e Milan si saranno conquistate le prime pagine dei media per i colpi di mercato che hanno messo a segno, però avranno il duro compito di essere migliorate rispetto ad un Napoli che sta costruendo la squadra con il cesello, tappando i buchi che c'erano grazie all'arrivo di calciatori che si emozionano quando esprimono i loro primi pensieri da nuovi calciatori del Napoli. Negli ultimi due anni è mancato proprio questo, l'entusiasmo e la soggezione che da sempre costituiscono gli integratori naturali per generare energie insospettabili e, probabilmente, non producibili altrove. Se la sessione di mercato finisse oggi, con la permanenza di Higuain e degli altri big, la squadra di Sarri dovrebbe essere collocata con pieno diritto nel ruolo di alternativa alla Juventus e degna di concorrere per un posto in Champions League. Lì dove avrebbe dovuto trovarsi quest'anno, se solo ci fosse stata una guida concentrata sui difetti da correggere e non impegnata a cercarsi un'altra realtà per ritrovare quei riflettori spenti per l'insipienza di chi ha fatto solo finta di capire Napoli ed il suo innato bisogno di essere vincente. Almeno nel calcio.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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