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Saronni: "Il Milan sull' "aeroplanino"...col paracadute"

di Redazione TMW
Fonte: Andrea Saronni
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© foto di Guido Di Santo

Un po' alla stregua di una certa Inter morattiana di qualche stagione fa, il Milan ha già il fazzoletto in mano per salutare frettolosamente un campionato avaro e amaro ed è già in pole position per lo scudetto delle chiacchiere: se proprio bisogna rassegnarsi agli "zero tituli", almeno fare collezione di "tituloni". Per tornare a sentire scorrere un torrentello di adrenalina, per sognare un po', accidenti, è il pane di ogni tifoso respinto con perdite dalla realtà. Tra tante chiacchiere, il mercato, quello vero: necessario allora, una volta terminato il giro di ottovolante della fantasia, cercare di districarsi, di capire in che direzione si stia realmente indirizzando l'Associazione Calcio, destinata a una lunga fase di transizione, messa di fronte a un'estate in cui - salvo clamorosi colpi di scena - non ci sarà alcuna cessione di pacchetti azionari e tantomeno di corpose iniezioni di denaro fresco. Il Pres, dalla ritrovata ribalta della campagna elettorale, ha pressoché quotidianamente lanciato il grido di dolore: "Non lascio, tengo il Milan, voglio e cerco finanziatori stile qatariota". Ma benché il Milan sia sempre un brand con la B maiuscola, non è che il globo - anche quello assai ristretto dei grandi ricchi - sia pieno di gente che accetti di versare centinaia di milioni senza avere ritorni immediati in termini sia sportivi che economici. E soprattutto, che accetti di sborsare senza avere in mano le leve del comando.

Si riparte, allora, da una certezza - l'inossidabile Adriano Galliani - e da una X, da una variabile, rappresentata dagli stanziamenti extra di Berlusconi. Virgolettati alla mano, li ha promessi, senza ovviamente farne una stima anche approssimativa. Parte (buona parte?) di questo gruzzoletto verrà investito sulla questione prioritaria, che è la guida tecnica. Sfumata grazie alla trasparenza del diretto interessato la chimera (o bufala?) Ancelotti, si ribadisce che il principale obiettivo tra quelli concretamente raggiungibili (non Antonio Conte, per intenderci) ha le fattezze ancora da teenager di Vincenzo Montella, che ha tanta voglia di divorziare dalla Fiorentina. Più che cospicui aumenti di stipendio (a Firenze guadagna 1,8 milioni), l'Aeroplanino chiede delle garanzie contrattuali - durata, staff - e certamente un progetto tecnico che gli consenta, entro certi limiti, di potere scrivere nomi e cognomi sul taccuino virtuale del Dottor Galliani. Per poi ottenerne qualcuno, non solo per giocare al "Fanta". Questa è la montagna da superare perché Montella, con braccia proverbialmente spalancate, atterri a Milanello. E conoscendo le abitudini di mercato del Milan, questa non é affatto una manovra di routine.

Non dovesse riuscire, e l'Aeroplanino fosse costretto dunque a prolungare la rotta verso altri scali, ecco che da bordo un elegante gentleman latino dotato di paracadute si lancerebbe giù, verso i campi di Milanello. Si tratta di Unay Emery, mister Siviglia, mister Europa League. Mister Doyen, anche o soprattutto. Dicono che sia finito nel mirino del Real Madrid, dicono ancora di più che abbia già un preaccordo con il Milan. In realtà, è stato bloccato dalla sua grande scuderia in attesa che certe acque prestigiose raggiungano il bollore, la temperatura giusta: quella della pentola rossonera è perfetta, ma c'è qualche perplessità, qualche resistenza del Pres. Non tanto sull'allenatore, quanto su quello che sarebbe il timbro dell'ufficialità dell'ingresso dell'universo Doyen Sports (partner del ripudiato Bee Taechaubol, remember) nel mondo rossonero. Il Milan dei desideri presidenziali - ci sia augura non passeggeri ed elettorali - giovane e italiano, rimarrebbe lettera morta. E dall'altra parte, senza i lunghi tentacoli del fondo e della sua testa sportiva Nelio Lucas, un mercato importante per quantità e qualità potrebbe risultare molto difficile. O quantomeno molto costoso, aspetto che davvero spaventa chi continua a invocare rinforzi per il portafoglio del club.

Pro e contro per entrambi, dunque. Ma entrambi opzioni assoutamente valide dal punto di vista prettamente tecnico: fautori e creatori di un calcio moderno, brillante, portatori del verbo del 4-3-3 che sembra potere essere ancora il punto di partenza del prossimo Milan. Più "tikitakaro" Montella, più "verticalizzatore" Emery, ma il minimo comune denominatore è quello di allenatori che plasmano, danno un'identità precisa alla loro squadra. Se questo è il vero ballottaggio extra-elettorale - con vincitore finale - di Silvio Berlusconi, il Diavolo cade comunque bene, almeno al minuto zero dell'anno zero che sarà il 2015/16. Se invece, tra dinieghi dei candidati e "niet" di Arcore si arrivasse all'ennesima scelta interna, "creativa", obbligata dal deserto creatosi attorno, sarebbe difficile per il tifoso aprire l'ennesima linea di credito alla società. Niente contro Cristian Brocchi, anzi : solo applausi per il suo lavoro di quest'anno, la sua Primavera. Solo che è ora di piantarla - scusate - con i debuttanti allo sbaraglio, gli allenatori autoprodotti e poi fagocitati, i dadi tirati sperando che esca il 12. Brocchi può diventare un bravissimo mister, lo si faccia crescere in pace, lo si lasci irrobustire a suon di giovanili o campionati minori. Ma solo il fatto che, nel caso, si pensi di affidarlo a un "tutor" - si chiami pure Marcello Lippi, classe 1949, ultima squadra allenata nel campionato italiano nell'anno 2004 - dice tutto di quanto la stessa dirigenza milanista possa partire convinta al 100% di una scelta del genere. Dettata dalla doppia bruciatura Seedorf-Inzaghi, certamente: bene, allora perché insistere? Prova a ripartire da un allenatore giovane ma già affermato, Diavolo, provaci. Fai questo sforzo. Che chi ben comincia, poi, è già a metà dell'opera.

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