Rilanci e contromosse, gioco delle parti per Touré
Yaya Touré rimane al City. Almeno è quello che sostiene il suo procuratore, perché, bontà sua, non era un problema di soldi. All'ivoriano sarebbe bastato il secondo posto in classifica, senza mai avere una reale possibilità di vincere la Premier League, oltre alla fiducia del club che non vorrebbe cederlo per nessuna cifra. Di più, l'entusiasmo e la vicinanza dei tifosi nel giorno del suo compleanno. Come se bastasse una manifestazione di affetto dei tifosi a fare cambiare idea - che ronza in testa da più di un anno - a un calciatore di questo livello. Touré vuole andarsene, anche cambiando campionato, e quello italiano, oltre al tedesco, manca al centrocampista africano.
Alla fine la sensazione è che ci sia un tira e molla anche per non irritare ulteriormente i supporter light blue, magari chiesta dallo stesso Touré per evitare di andare allo scontro ed essere ricordato più per il divorzio che non per le prestazioni in campo.
Questa trattativa si lega a doppio filo al futuro di Roberto Mancini. Però è difficile pensare che il tecnico nerazzurro - che per la prima volta ha dato le dimissioni al Galatasaray, l'anno passato - possa voler lasciare l'Inter solamente per il futuro di un calciatore. Lo scenario ipotetico, e probabilmente distante dalla realtà, di un Mancio in versione addio potrebbe mettere ancora del sale su una ferita ancora aperta: cinque anni fa i nerazzurri vincevano la Champions League, un lustro dopo nessun allenatore è riuscito a mettere d'accordo tutti. Gasperini sta facendo bene a Genova, con la squadra più bella d'Italia, Leonardo vince al PSG da direttore tecnico, Benitez si è portato a casa qualche vessillo negli ultimi anni, Stramaccioni - il più rimpianto, non si sa bene perché - stenta con l'Udinese, mentre Mazzarri è sotto contratto per altre due stagioni. Che sia davvero l'allenatore il problema?