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Pedullà a 10 anni dalla scomparsa del Professore: "Uno Scoglio di nostalgia"

di Redazione TMW
Fonte: Alfredopedulla.com
Il 3 ottobre 2005 ci lasciava uno dei grandi personaggi del calcio italiano. Franco Scoglio
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Ricordo quella sera, la maledetta sera della scomparsa del Professore, come un incubo che ogni tanto fa capolino. A maggior ragione oggi che sono dieci anni da quando Franco Scoglio ci ha lasciato. Era il 3 ottobre 2005, mi trovavo in diretta su "Primativvu", un emittente di Avellino. In mia compagnia Gianfranco De Laurentiis, la trasmissione non era lontana dai titoli di coda. A un certo punto l'operatore di ripresa mi fece segnali strani, come se volesse dirmi qualcosa di importante. Non capivo. Lui lanciava segnali, pensavo fosse un problema di microfono, continuavo a non capire. All'improvviso scrisse qualcosa su un foglio di carta, lo appoggiò davanti alla telecamera in modo da consentirmi di leggere. Ricordo come se fosse ieri: "E' morto il Professor Scoglio". Sbiancai, diventai pallido, mi sentivo mancare e mi veniva da piangere. Durante un'opportuna e invocata pausa pubblicitaria, mi spiegarono che il Prof aveva subìto un malore dopo una lite in diretta, nel corso di una trasmissione a Genova, In diretta io, in diretta lui. Ma lui, il Prof, se n'era andato.
A Scoglio devo molto, mai potrò dimenticare. Lo conobbi da ragazzino, avevo 14 o 15 anni: accompagnavo spesso mio papà Saverio che seguiva la Reggina in casa e in trasferta. E ricordo che spesso crollavo durante le loro, interminabili, disquisizioni tattiche tra le due e le tre di mattina. Sono trascorsi circa 35 anni, ma ho ben impresso un loro interminabile dialogo prima di Turris-Reggina. Il sonno aveva preso il sopravvento, eppure ho ancora in mente le confidenze che il Prof stava facendo la notte prima della partita, nella quiete di un albergo in Campania, formazione compresa.
Assurdo.
Il Prof aveva un'intelligenza e un'ironia fuori dal comune. Conducevo trasmissioni di basket, ero ancora un "bambino" e lui un giorno mi incrociò all'imbarcadero di Reggio e mi disse: "Vi seguo sempre, continuate così, il mio Messina studia il basket.

Certi schemi li apprezziamo e li riproponiamo. Per esempio il pressing". Quanti aliscafi abbiamo preso insieme. I suoi giocatori li chiamava "bastardi", dava a tutti del "voi". Me compreso. Aveva alcuni intercalari inconfondibili ("Santa la Madonna"), indossava un borsello che gli arrivava quasi fino ai piedi, riusciva a sdrammatizzare qualsiasi cosa. Diventammo talmente amici che quando andò a Napoli ci sentivamo almeno tre volte a settimana. Non aveva legato con la squadra, forse con la proprietà. Mi raccontava le virgole, se avessi scritto tutto quello che mi diceva avrei fatto un figurone. Ma lo avrei tradito. E non si tradisce per uno scoop.
Scoglio apprezzava la lealtà, sapeva ricambiare. E diventava spassosissimo. Come quella volta quando mi disse "Alleno la Tunisia, quando venite a trovarmi?". Andai un giorno, mi mandò un autista all'aeroporto di Tunisi, il suo regno era in un punto sperduto, aveva un esercito di persone a disposizione. Mi rilasciò una delle interviste più dissacranti e spensierate, senza peli sulla lingua. Come faceva Scoglio: era per messaggi diretti, senza giri di parole, ci metteva la faccia anche nelle esagerazioni. Unico e originale al punto che i suoi difetti, tanti, passavano in secondo piano.
Ciao Prof: oggi ho preso un aliscafo e sono venuto a trovarti con la fantasia.

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