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Pablo Aimar, lascia il pagliaccio più divertente del calcio

di Andrea Losapio
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"Le vie del Signore sono infinite". Parlava così, Claudio Lotito nel 2009, sul possibile acquisto dell'allora ventinovenne Pablo Aimar, Payaso della nazionale argentina per più di un decennio, uno dei tanti piccoli Maradona cresciuti in Argentina sul finire del millennio scorso. Pure per Aimar le vie erano infinite, soprattutto per mandare in porta i propri compagni di squadra, da buonissimo numero dieci qual era. Ha vissuto le migliori stagioni del Valencia con Rafa Benitez, giocando da protagonista nelle due Liga vinte dall'ex allenatore del Napoli, oltre alla Coppa UEFA della stagione 2003-04.
Protagonista lo era già con la maglia del River Plate, i Millonarios del calcio argentino, a sedici anni. Talento precoce come tantissimi altri poi finiti in Sudamerica, appena prima dell'entrata di Saviola, altro super crack dei biancorossi. Alfa e Omega di una carriera costellata di successi ma meno di quanto fosse lecito aspettarsi.

Peccato che la sua seconda esperienza al River sia durata poco più di sei mesi: a inizio 2015 firma, il 31 maggio gioca la sua prima partita contro il Rosario Central, subendo l'ovazione del suo pubblico.
Aimar ha detto basta con una lettera accorata, dicendo di avere subito troppi infortuni ma che il fatto di non essere inserito nella lista degli eleggibili per la coppa ha accentuato i problemi. Niente polemiche, solamente una presa di coscienza. Aimar è stato salutato anche dal Benfica, con un tweet dedicato a uno dei suoi campioni. Perché il Payaso, oltre a divertire, ha rappresentato il ruolo di centrocampista offensivo argentino per parecchio tempo. Meglio di tanti altri suoi connazionali, ben più pubblicizzati.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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