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Mourinho: "Il Triplete con l'Inter il punto più alto della mia carriera"

di Luca Bargellini
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Josè Mourinho, tecnico del Chelsea, è stato ospite di GazzettaTv, ecco le sue parole: "La frase 'Io non sono un pirla'? Sapevo che sarei andato all'Inter e avevo bisogno di comunicare il più velocemente possibile in italiano. Ho avuto un insegnante fantastico che in due mesi intensi mi ha preparato veramente bene, insegnandomi parole ed espressioni di calcio. Il mio modo di comunicare è sempre spontaneo. Il calcio è per me emozione anche dopo tanti anni. Non riesco a viverlo senza passione. Ho imparato a controllare di più le emozioni. La mia carriera all'Inter è stata piena di emozioni, di momenti veri e drammatici che qualche volta mi hanno fatto uscire certe esternazioni.

Inter e Chelsea nel cuore più del Real Madrid? E' fondamentale il rapporto. Sono un uomo e la mia vita deve essere felice nella sua globalità. Ti deve piacere le persone con cui lavori, il rapporto che stabilisci con i tifosi. Tutto questo l'ho trovato con il Chelsea. Con l'Inter ho trovato tifosi unici, la squadra era incredibile.

La maledizione di Julio Cesar dopo lo scudetto del 2009? Ho sempre avuto un rapporto speciale con lo spogliatoio dell'Inter. Non è facile lavorare con me, sono molto critico con i miei giocatori perché mi piace tirare fuori il meglio da loro. Difficilmente ho feedback positivi, mi piace stimolarli, la discussione forte, amo creare personalità forte. Questo ha reso il mio lavoro più semplice. Io ero a Milano per vincere la Champions. La squadra del primo anno la squadra non era preparata. Quello che abbiamo fatto è stato qualcosa d'eccezionale grazie alla squadra.

Perché la separazione con l'Inter? Fin dall'inizio dalla mia carriera ho avuto obiettivi chiari: lasciare il Portogallo per l'Inghilterra, arrivare in Italia per il grande rispetto dei grandi allenatori italiani come Trapattoni e Sacchi. Volevo l'Italia per mettermi a confronto con questo campionato. Poi volevo riuscire a vincere anche in Spagna. Avevo rifiutato il Real quando ero al Chelsea e una cosa del genere non puoi farlo due volte in una carriera. Ho lasciato l'Inter in un momento bellissimo, capendo di aver concluso qualcosa di davvero speciale. Sono felice di aver preso parte al momento più alto della storia dell'Inter assieme a quello sotto la guida di Herrera. Con Moratti abbiamo fatto qualcosa di fantastico.

Il duello con Guardiola? Real e Barça sono due dei cinque più grandi club del Mondo e ci siamo sfidati nel momento in cui il Barcellona aveva la squadra più forte e il Real invece viveva un momento complicato. Per tutto questo il duello è stato indimenticabile.

Fabregas? "E' nato calcisticamente al Barcellona, ma è cresciuto e si è affermato in Premier. Questa è casa sua".

Messi che gioca per me? "Penso che sia difficile perché credo che lui sarà sempre del Barcellona. Un giocatore con il suo significato per il suo club non lo vedo andare via. Non vedo Messi con un'altra maglia. E' una sensazione ma posso anche sbagliare".

Balotelli e il rigore rubato ad Henderson al Liverpool? "Io di solito designo i migliori tre, ma a volte ci sono giocatori che possono essere migliori in certe situazioni. Mi piacciono i gesti di personalità, ma anche la disciplina e il rispetto. Quello che posso dire è che Mario è un giocatore fantastico sui calci di rigori perché ha grande tranquillità. Per questo era certo di segnarlo nonostante una situazione non facile al Liverpool".

Se allenerei mai un'altra squadra italiana che non sia l'Inter? "Non posso dare certezze anche perché se non avessi squadra e l'Inter non mi volesse potrei valutare altre situazioni. Quello che dico è che fra un'altra squadra e l'Inter quest'ultima avrebbe sempre la priorità"

Il triplete? "La più grande impresa della mia carriera. Anche perché è stato conquistato in Italia".

Il livello del calcio italiano? "Ogni partita in Italia è super difficile e non ho mai percepito questo calo. In Inghilterra il livello è alto, ma in Italia il livello tattico è incredibile. Ci sono sempre state difficoltà e se ci sono non si può parlare di basso livello.

Nove anni senza perdere una gara in casa per nove anni? "Ho perso due volte con il Real in tre stagioni e con il Chelsea una volta lo scorso anno. In 14 anni ho perso quattro volte in casa. E' una questione di mentalità, di fiducia, di non accettare la sconfitta di fronte ai tuoi".

Io non ho paura di perdere? "Hai ragione. Ho paura di non stare bene con me stesso, di non essere contento di quello che ho fatto. Questo è ciò che mi fa paura".

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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