Mauricio Isla, diciotto milioni buttati. O forse no
C'era un tempo in cui la Juventus cercava Xabi Alonso, chiedeva il costo del cartellino, virava sul più accessibile Christian Poulsen. Estate 2008. Anno successivo, disgrazia inversa: si cerca D'Agostino, l'Udinese chiede troppo di cartellino, si aggiunge qualche milione e arriva Felipe Melo. Lì si è davvero toccato il fondo, poiché il brasiliano è stato, di fatto, inutile (se non dannoso) per la causa bianconera, facendo il paio con l'approdo di Diego, prima osannato e poi messo in disparte. Sembra la preistoria, e in parte lo era, perché la Juventus di ora è una società all'avanguardia, una delle migliori d'Europa, forse l'unica in grado di combattere con i top club europei in prospettiva lustro: tutte le altre dovranno faticare e sudare molto più del dovuto.
E pure quando le cose sembrano andare male, la Juve riesce a ricavarci il proprio tesoretto.
Basti pensare a Mauricio Isla, arrivato per la modica cifra di tredici milioni e mezzo dall'Udinese (in realtà prima erano 18, sommati agli altri 18 per Asamoah, ma poi c'è stato uno sconto sostanziale), prima in comproprietà e poi con riscatto. Un investimento difficile da ammortizzare, soprattutto perché dopo l'infortunio il cileno, prima giocatore da big europea, si è ridimensionato e non poco. In più sulla destra non ha giovato la concorrenza di Lichtsteiner, qualità media ma abnegazione da grande: Isla, dopo un anno così così al Queens Park Rangers (retrocessione e qualche prestazione sotto la sufficienza) è rinato nella Copa America, tanto da far posare su di lui gli occhi di Newcastle e Southampton. La richiesta è oltre la doppia cifra e con un incasso del genere potrebbe partire l'assalto a Zappacosta, che l'Atalanta valuta poco meno. Oppure, e non è da escludere, sarebbe interessante rivedere il sudamericano in Italia, dopo un anno di esilio.