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Gattuso: "Milan, ai miei tempi decidevano due persone"

di Gaetano Mocciaro
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© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews

Un cuore grande così per una giusta causa. Rino Gattuso, nel pomeriggio di ieri, è stato protagonista della campagna Big Art, che finanzia dei progetti per evitare che i bimbi dell'Africa rimangano orfani di madre. Dopo aver dipinto il proprio quadro, che andrà all'asta, l'ex mediano rossonero ha concesso ai microfoni di MilanNews.it una bella e lunga chiacchierata sul momento attuale del Milan:

Rino Gattuso, quanto la sorprende questo momento di crisi del Milan?

«Vedere il Milan degli ultimi anni fa male. Sento dei giudizi molto pesanti nei confronti della presidenza e della dirigenza. Non dobbiamo mai dimenticarci che per 25 anni, il Milan, è sempre stato al top del calcio europeo e mondiale. Ci può stare un momento negativo».

Pensa che anche le vicende extra campo abbiano influito su questa situazione?

«Io sono stato sempre abituato a vedere una, massimo due persone che prendevano delle decisioni all'interno del Milan. Ora, invece, ci sono più teste e sia i calciatori e l'ambiente lo sentono. Penso che si debba migliorare sotto questo aspetto qui».

Secondo lei chi ha più responsabilità?

«Quando si vince, il merito è di tutti. Quando si perde, le colpe vanno divise. Il colpevole non è solo Pippo, non è Galliani. È chi rappresenta il club. Bisogna essere obiettivi e bisogna capire se le cose fatte fino ad oggi sono state fatte bene e farsi, tutti, un esame di coscienza».

Crede che Inzaghi abbia accettato per troppo amore la panchina del Milan?

«Quando hai pochissima esperienza e ti propongono delle piazze importanti, è difficile rifiutare. È successo anche a me a Palermo. Quando inizi ad allenare hai un'adrenalina addosso maggiore di quando giochi. Non so quante persone, davanti a delle offerte così prestigiose, avrebbero la lucidità di rifiutare».

Dopo la sconfitta di martedì, Inzaghi è stato confermato sulla panchina del Milan ed ha chiesto tempo facendo l'esempio di Ferguson. A suo avviso merita ancora fiducia?

«Li merita. È un allenatore giovane e deve averlo. Quando lo hanno scelto gli si chiedeva di essere quello che, ancora, non è ovvero un tecnico d'esperienza. Quella te la fai solo dopo anni in panchina. Ferguson ha vissuto un calcio diverso. Pippo deve essere comunque contento perché si vede che i giocatori giocano per lui. È vero che i risultati non stanno arrivando ma squadra e società sono con lui».

Lo ha sentito in questi giorni?

«No, perché quando fai questo lavoro, hai poco tempo da dedicare agli altri. Non voglio rompere le scatole anche perché non mi piaceva, a me, ricevere troppe telefonate quando ero in panchina».

Al Milan è arrivato Mattia Destro. Che cosa potrà dare in più a questa squadra l'ex attaccante della Roma?

«Non ho mai visto un singolo giocatore che arriva e risolve tutto. Forse Maradona era così. In questo momento è la squadra che deve fare il salto di qualità e se riuscirà a farlo, allora anche Destro potrà rendere al meglio».

A suo modo di vedere, la rosa del Milan è stata sopravvalutata?

«Il Milan è composto da buoni giocatori e di qualità. Oggi, però, la qualità non basta. Bisogna avere il fuoco dentro e sudare per la maglia che indossano. Per arrivare ai risultati bisogna seguire questa strada qui».

Se Mexes fosse stato un suo giocatore, come avrebbe reagito alla scenata che ha fatto contro la Lazio?

«Sicuramente mi sarei arrabbiato e avrei preso dei provvedimenti. Anche se, quando giocavo, anche io ho commesso degli errori. Sarebbe da capire cosa gli è saltato in mente in quel momento. Sono cose che, nel calcio, ci stanno ma, quando le fai, devi assumerti le tue responsabilità».

Quando la amareggia non vedere il Milan in Champions League?

«La Champions senza il Milan non è uguale. Per tanti anni il Milan è stato protagonista di questa manifestazione ed è il suo palcoscenico naturale».

Un giorno le piacerebbe allenare il Milan?
«Sarei un ipocrita se dicessi di no. Tuttavia ho scelto un percorso diverso, di lavorare sul campo, in piazze difficili. Io ho passione, voglia di fare questo lavoro ma la strada da percorrere è ancora lunga».

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