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ESCLUSIVA TMW - Di Vicino: "Esperienza in Estonia breve ma importante"

di Stefano Sica
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© foto di Federico De Luca

Quando la passione è cristallina, gli stimoli intatti e il fisico integro, può capitare anche ad una età più matura di rimettersi in discussione. E' quello che Giorgio Di Vicino ha fatto non più tardi di cinque mesi fa, decidendo di emigrare in Estonia per una scommessa tanto affascinante quanto difficile. Consapevole che la voglia di giocare, di divertirsi e di contaminarsi in un'esperienza di vita per lui inedita era più forte di qualsiasi insidia ambientale. Dandogli peraltro la spinta giusta per rigenerarsi e dimostrare di essere ancora quel giocoliere che con la sua classe metteva in circolo sogni emozioni in tante città, Salerno su tutte. Fra pochi giorni l'ex golden boy di Pianura compirà 35 anni e nel frattempo continua ad allenarsi ogni mattina presso lo stadio Simpatia di Antonio Chianese. Facendo anche da chioccia agli under del Team Napoli Soccer, il gruppo di lavoro dei calciatori svincolati che la prossima settimana radunerà anche i big. Breve ma intensa la parentesi al Sillamae Kalev, squadra partecipante alla Meistriliiga, la massima serie estone. Avventura da cui parte il suo racconto. "Mi aggregai alla squadra per una decina di giorni già a gennaio - ricorda - poi tornai in Italia confrontandomi con mia moglie per decidere se fosse questo il passo giusto da fare. Il fatto che avrei disputato l'Europa League mi ha convinto ad accettare, sapevo che sarebbe stato molto gratificante per me cimentarmi in una Coppa europea. Tra l'altro i miei ex compagni hanno pareggiato pochi giorni fa con l'Hajduk Spalato, un avversario di prestigio. Ho cercato di restare fino alla fine, ma non è stato possibile per tanti motivi. Eravamo a 200 km da Tallin e ho dovuto affrontare diversi disagi imprevisti. Sia chiaro, avevo messo tante cose in preventivo. A cominciare dal freddo per finire alla lingua e alle abitudini alimentari. Tra l'altro mia moglie mi avrebbe raggiunto a breve e tutto si sarebbe sistemato. Ma dopo un po' alcune circostanze mi hanno indotto a desistere anche se ero arrivato lì con tanto entusiasmo".

Spiegaci meglio.
"Già prima di partire mi fu promesso che sarei stato sistemato in un albergo con la possibilità di godere di pasti regolari e fare un'alimentazione sana, aspetto per me importantissimo. Ma non è andata così. Ho trovato alloggi un po' di fortuna, prima in alcune stanze lontano dal centro nel quale ci allenavamo, poi al centro stesso ma con bagni collettivi. Tra un'alimentazione che non riuscivo a fare come volevo, e gli orari del tutto sballati, è diventata dura".

Come mai allora la decisione di emigrare così lontano?
"Intanto la voglia di fare un'esperienza nuova. Ma non rinnego nulla, è stata un'avventura formativa. Ho conosciuto tante persone che magari non avrei incontrato nella mia vita senza questa opportunità. Con i miei ex compagni c'erano delle difficoltà nella comunicazione per via della lingua, ma non era questo il problema principale. Ho sentito il direttore e il presidente, i rapporti con loro sono rimasti ottimi. Mi è dispiaciuto non proseguire, sarebbero bastate davvero piccole cose per farmi ambientare meglio e convincermi a rimanere nonostante le abitudini di vita diverse. Ma non incolpo loro di nulla, lo chiarisco. Magari, per loro, questo era assolutamente normale. Solo che alcune cose bisogna viverle per capirle, parlarne semplicemente non renderebbe appieno l'idea".

Come hai trovato il calcio estone da un punto di vista tecnico-tattico?
"Noi in Italia siamo abituati a lavorare molto sotto l'aspetto tattico, in tutte le categorie. Lì magari non badano molto a questo. C'è una concezione del calcio diversa, basata soprattutto sulla fisicità, sull'agonismo e sulla velocità. In squadra c'era comunque qualche giocatore di buona qualità, anche nel giro della Nazionale maggiore".

Rilancio o ridimensionamento: cosa farà il Napoli secondo te?
"Aspettiamo che finisca il mercato, possono cambiare tante cose in entrata e in uscita. Quello di Reina è stato un grande acquisto ma da un eventuale addio di Higuain il Napoli ne risentirebbe parecchio. Per il modo di giocare di Sarri è possibile che almeno un esterno offensivo, Callejon, Insigne o Mertens, parta a beneficio di qualcuno che copra altri ruoli. Con Allan si farebbe un bel salto di qualità, un centrocampo a tre con Valdifiori e Hamsik ne uscirebbe molto rafforzato. Va migliorata la difesa che ha avuto troppi problemi l'anno scorso. Va preso almeno un elemento di grande qualità. Anche se, più in generale, mi è sembrato che nell'ultimo campionato sia mancato a volte lo spirito giusto. Altrimenti tanti errori e tanti cali di concentrazione davvero non si spiegherebbero".

Il tuo futuro? A quasi 35 anni hai ancora un entusiasmo invidiabile...
"Infatti ho ancora tanta voglia di giocare. L'esperienza in Estonia mi ha fortificato. Perché al di là di tutto mi ha dato conferma di essere ancora integro fisicamente. Proprio per questo mi sono detto che non era affatto il caso di smettere se stavo così bene atleticamente. Se mi fossi trovato in difficoltà, un pensierino ce lo avrei fatto. Invece sostenevo senza alcuna fatica partite ogni tre giorni in un contesto al quale non ero abituato, dal clima all'alimentazione. Mi sono confrontato con un calcio inedito e con idee diverse, ma è stato utilissimo. Dispiace che in Lega Pro chi ha una certa età venga penalizzato. In Estonia, per esempio, non hanno visto la mia carta di identità, dopo dieci giorni mi avevano già manifestato piena fiducia. Ora spero di abbracciare una nuova sfida. E di partire già in ritiro con qualche squadra".

Come ti vedresti nelle vesti di allenatore una volta finita la carriera agonistica?
"C'ho pensato tanto in passato e ci penso ancora. Ho preso qualche anno fa il patentino Uefa B. Potrei allenare in D e fare settore giovanile ad eccezione della Primavera. Ho girato tante squadre e ho lavorato con molti allenatori, insomma ho assorbito tantissimo. Il lavoro tattico mi affascina molto e devo dire che lo preferisco a quell'addestramento puro che invece devi impartire a ragazzi giovanissimi. Mi piace studiare l'avversario, trovare le contromisure adatte, immaginare e sperimentare tattiche nuove. Se, in questo senso, mi arrivasse la proposta giusta, la valuterei. Ma per ora la mia priorità è giocare. Non voglio assolutamente fermarmi".

Ad Aversa due anni fa hai fatto il regista e l'esterno offensivo: oggi in quale ruolo ti vedresti più adatto?
"Sono stato utilizzato in tanti ruoli in carriera, dal centrocampo in su ho coperto tutte le zone del campo. E con Zeman a Napoli ho fatto qualche volta anche il terzino sinistro. Io cerco di adattarmi a tutto. In serie A vedo che è tornato di moda il trequartista e io sono nato calcisticamente proprio in quel ruolo. Ai miei tempi quella figura venne pian piano emarginata costringendomi a svolgere altre mansioni. Con Pioli, Zeman o Delio Rossi, per esempio, mi sono adattato a fare l'esterno offensivo a destra rinunciando al mio ruolo preferito. Un ruolo che pure avevo svolto nel settore giovanile del Napoli e che mi consentiva di stare nel vivo del gioco come piaceva a me. Magari quando stai sulla fascia non è la stessa cosa. Sarebbe stato bello per me nascere 10-15 anni più tardi, ma tutto sommato non ho rimpianti. Sono contento di quello che ho fatto".

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