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Avellino, l'ex Rastelli: "Dal club acredine ingiustificata verso di me"

di Stefano Sica
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Avellino-Massimo Rastelli. Un amore durato ben tre anni e fatto di traguardi importanti come la promozione in serie B del 2013 o il raggiungimento dei play-off in questa stagione. Quando un nuovo accordo per il prolungamento del contratto (in scadenza nel 2016) sembrava ad un passo, ecco l'addio inaspettato, col trainer napoletano che ha scelto le sirene di Cagliari. Da quel momento, prima le accuse dell'entourage societario, poi la replica del tecnico affidata in esclusiva a Sportchannel214, in onda su Irpinia Tv, dopo settimane di silenzio. "Avevo indetto una conferenza stampa per giovedì 11 giugno proprio per spiegare i motivi della mia scelta di andare a Cagliari - le sue parole - oltre che per salutare tutti i giocatori che ho avuto il piacere di allenare, insieme ai collaboratori più "invisibili" come magazzinieri, massaggiatori e medici, ed ai giornalisti che erano stati sempre molto obiettivi per via dei risultati ottenuti sul campo. Questo non mi è stato concesso perché, per far sì che la trattativa andasse a buon fine, mi è stato consigliato di evitare certe dichiarazioni. E' chiaro che a tanti abbia dato fastidio vedermi indossare la sciarpa di un'altra squadra dopo un giorno, ma tutti sanno che è una prassi normale e logica per un giocatore o allenatore che cambia un club. Taccone ha detto che avrà un grande ricordo di me come allenatore e non come uomo? Mi ha dato molto fastidio in tutta questa vicenda vedere tanta acredine nei miei confronti nonostante loro conoscessero la mia volontà nel caso fosse arrivata una grande occasione. Ma poi si sa che nei mesi precedenti ero stato messo nelle condizioni di dare le dimissioni e comunque si era pensato di cambiare allenatore. Solo i play-off, finiti con quell'eco che conosciamo, ha fatto cambiare la strategia societaria. Eppure tutti ci hanno guadagnato: intanto la società che si è liberata di un allenatore ingombrante visto che dopo tre anni si poteva solo migliorare, oltre ad averci guadagnato sotto l'aspetto economico. E poi ci ho guadagnato io che sono andato in una società che per me ha rappresentato una promozione sotto l'aspetto professionale. Naturalmente Avellino non è seconda a nessuna, merita i palcoscenici della serie A.

Lo ha dimostrato in questi anni come per esempio allo Juventus Stadium o a Bologna". Spazio quindi ad un bilancio dei tre anni in Irpinia: "In Prima Divisione dovevamo vincere facendo giocare anche gli under, coniugando quindi i risultati con le esigenze di bilancio. E' stato l'anno più difficile ma l'ho definito un capolavoro. C'erano squadre costruite per vincere mentre il nostro obiettivo era quello di arrivare nei play-off. Alla fine abbiamo vinto anche la Supercoppa, l'unico trofeo in bacheca dell'Avellino nella sua storia. Al secondo anno abbiamo fatto un grande girone di andata in B in un campionato che tutti riconoscete come lungo e logorante. Il mercato di gennaio non portò quegli elementi che avrebbero reso la rosa più omogenea, quindi ho fatto respirare di più coloro che non erano abituati alla categoria. L'organico corto in sostanza ci precluse il raggiungimento dei play-off. A Bologna quest'anno sono mancati quei centimetri che avrebbero riscritto la storia dell'Avellino e del sottoscritto. Il ricordo più bello? Uscire tra gli applausi a Bologna e vedere due tifoserie rispettarsi e tifare ciascuna per la sua squadra. E' stata una immagine bellissima. Quello più brutto? Dover vedere con quanta facilità e superficialità sono stati infangati tre anni di lavoro".

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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