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Tifosi troppo esigenti o qualità pessima? Forse siamo solo stressati...

di Fabrizio Ponciroli
Nato a Magenta il 28/4/1974, giornalista professionista dal 2001. Vanta collaborazioni con diverse testate web e cartacee, oltre ad esperienze da telecronista. Opinionista Campionato dei Campioni. Direttore del mensile cartaceo CALCIO2000
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Se ne stanno vedendo di tutti i colori. Icardi che chiede al popolo nerazzurro di non fischiare, Gasperini che duella, dialetticamente parlando, con i tifosi del Grifone, Galliani che "sente un profumo diverso a San Siro" e, nello stesso tempo, predica massima collaborazione dai propri sostenitori. Ma perché? Mi sono fatto questa domanda e fatico a trovare una risposta plausibile. Di colpo, sembra che tutto dipenda dall'umore dei tifosi. Senza il loro apporto, tutto crolla... Mazzarri, si legge, è "rimasto deluso dai fischi al suo indirizzo durante Inter-Napoli". E ancora mi chiedo: ma perché? Cosa sta accadendo? Una prima ipotesi: ci sono ormai talmente così pochi tifosi allo stadio che si cerca di valorizzarli per non perdere anche quelli. Debole congettura, più facile che la verità sia altrove. Ad esempio potrebbe essere che chi paga il biglietto sia diventato talmente esigente da "pretendere" che la propria squadra vinca sempre. Non importa che si giochi bene, l'unica cosa che interessa è la vittoria. Già meglio come soluzione ma ancora non mi convince. Ci sarebbe la storia del "bel gioco". Una volta le gare del calcio italiano erano divertenti, ben giocate, imprevedibili, ora la noia regna sovrana (tranne qualche eccezione, Roma in primis). Forse è così, o forse no... Allora vengo al nocciolo della questione: e se fossimo solo tutti troppo stressati? Una volta, e dall'alto dei miei 40 anni posso dirlo, si andava a vedere la partita con meno pressioni. Certo, vincere era fondamentale ma l'ironia regnava sovrana.

Se un arbitro sbagliava, regnava un senso di "presa in giro". Insomma, ci si arrabbiava meno. Ora sembra tutto completamente diverso. La settimana pre gara è diventata una sorta di preparazione alla battaglia sportiva. Ci si carica come molle, pronte ad esplodere allo stadio. Se solo qualcosa va storto, magari la salamella del paninaro di turno leggermente bruciata, ed ecco che si parte a testa bassa, come fanno i bisonti. Non ci basta più nulla e si può (e si deve) fischiare a prescindere. Noi stressati e, di riflesso, giocatori e allenatori sempre più isolati nel loro mondo. Irraggiungibili eroi, dannati perché guadagnano troppo e giocano male ma insostituibili perché solo quelli abbiamo da fischiare... In una sorta di "Una giornata di ordinaria follia", splendido lungometraggio con protagonista Michael Douglas, non siamo più in grado di vedere il calcio ma solo quello che lo circonda. E, allora, che fare? A noi tifosi dico che, a volte, fa bene prendersi una pausa. Il tifo non è per forza uno sfogo, può essere anche una piacevole sensazione, a prescindere dall'andamento del match (basta guardarsi la sciarpata dei tifosi del Liverpool per capire che intendo). A calciatori ed allenatori consiglio di prendere spunto da altri sport dove l'interazione tra il campione e il tifoso è "umana" e "vera". Viviamo in una società stressata, sarebbe bello se il calcio restasse un gioco. Lo so, il treno e già passato da un pezzo e sono solo parole al vento. Forse sarà anche per questo che mi diverto maggiormente a vedere giocare quelli della Premier e della Bundes...

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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