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Seedorf ok, ma non è la panacea a ogni male. Quanti soldi per una Champions?

di Andrea Losapio
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© foto di MASCOLO/PHOTOVIEWS

Tutto molto bello, tutto molto olandese. Clarence Seedorf al Milan ritorna nel suo habitat naturale, quel Milanello dove lui è stato uno dei capi - spirituali e non - per quasi un decennio, vincendo e stupendo, aggiungendo quel carisma che chiunque sembra intravedere quando lo incontra. Bravissimo, non bravo, con il pallone. Saggio, per questo lo chiamavano Obama. Tutti, dai senatori ai ragazzini. Non i tifosi, quelli no, perché per più di un periodo - non solo l'ultimo, insomma - lo vedevano scorrazzare per il campo quasi svogliato, con il sedere pronunciato che ancheggiava qui e là. Fino alle partite, quelle vere, quelle di Champions, dove si svegliava e regalava emozioni. Non sempre - anzi, progressivamente è andato quasi scomparendo - ma, anche qui, per più di un periodo.
Dopo tre anni e mezzo, probabilmente, la voglia di cambiare era troppa. Massimiliano Allegri, vincente ma non convincente, ha avuto il torto di aggiungere noia e non gioco, realtà e non sogno. Quella che adesso stanno rivivendo i tifosi del Milan con l'arrivo di Seedorf, che sembra il Goffredo da Buglione della Gerusalemme Liberata scritto magistralmente da Tasso. Tutto molto bello, per tornare all'inizio, ma fino a quando sarà così? Fino alla prima sconfitta con un modulo bello ma forse incomprensibile (c'è chi parla del 3-1-3-3, non proprio da diktat presidenziale con le due punte), fino al primo gelo da distanza con una Juventus siderale - e che promette di esserlo pure la prossima stagione - o fino, più semplicemente, al termine del mercato di gennaio, con l'Atletico Madrid da affrontare in Champions League che sembra uno schiacciasassi alla pari del Barça degli ultimi mesi con Tata Martino?
Appunto, bisogna capire dove arrivare con questo Seedorf.

A Monza partì con belle parole, ottime speranze, per concludere con due retrocessioni in tre anni, la tifoseria sul piede di guerra, la cessione del club quasi per disperazione. A Milanello non è ancora partito, ma dal Botafogo lo ha fatto, dicendo che il suo obiettivo è il Mondiale per Club. A parte la sparata, che assomiglia tanto a quella di Zenga con il Palermo ("voglio lo Scudetto", tra il serio e il faceto), ma andando a scartabellare bisognerebbe anche pensare a quanto costa una Coppa dalle grandi orecchie in questo momento. Il Bayern Monaco ci ha impiegato quasi cinque anni, con una leva irripetibile del settore giovanile (Lahm, Alaba, Schweinsteiger e Muller, per dirne qualcuno), e botti mirati. Dante a parametro zero è un colpo unico, Neuer però è costato 30 milioni di euro, Ribery e Robben inutile parlarne, Mandzukic 13 milioni ma Mario Gomez quasi 27. Luiz Gustavo era stato valutato 15, sì, ma Javi Martinez 42. Obiettivamente in questo Milan - che può lanciare Cristante e De Sciglio come prossimi veri protagonisti cresciuti in rossonero - in pochissimi potrebbero anche solo pensare di giocare nel Bayern. Qualche conto: per acquistare un ottimo portiere servirebbero almeno 15 milioni (il Barça con ter Stegen, ipoteticamente), poi servirebbe cambiare almeno due quarti della difesa, tenendo buono uno fra Rami e Abate. A centrocampo almeno un paio di innesti sarebbero graditi, in avanti con Balotelli ed El Shaarawy - a patto che torni quello dell'anno scorso - potrebbe anche esserci abbondanza. Ma, obiettivamente, per il prossimo lustro sarà difficile rivedere la Coppa in Italia. A meno che Berlusconi non apra i cordoni della borsa e sganci un centinaio di milioni per il mercato, un'ultima volta: ma bisognerà capire se Seedorf sarà ancora lì.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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