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Onyewu, l'unico uomo a tener testa a Ibrahimovic

di Gaetano Mocciaro
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Non fosse stato per Zlatan Ibrahimovic, di Oguchi Onyewu in Italia difficilmente qualcuno avrebbe ancora memoria nonostante abbia vestito, o meglio, sia stato acquistato qualche anno fa niente meno che dal Milan.

Il campo, in partite ufficiali, l'ha visto una volta sola in due anni. Ma è in partitella che è entrato nella storia.

Ma facciamo un passo indietro. Nato nel 1982 a Washington da genitori nigeriani emigrati negli Stati Uniti negli anni '70, Oguchialu Chijioke Goma Lambu Onyewu, chiamato per comodità Oguchi appartiene a quella nuova generazione di statunitensi che preferiscono il soccer al Football americano e questo nonostante la mole del giovanotto (195 cm per 91 kg) sia perfetta per quest'ultima disciplina.

A 20 anni emigra in Francia, al Metz, ma si valorizza in Belgio dove si conquista una maglia con lo Standard Liegi. Col prestigioso club vallone gioca cinque stagioni e si toglie anche lo sfizio di assaggiare per 6 mesi la Premier League, collezionando 11 gettoni col Newcastle.

Partecipa ai Mondiali del 2006 ed è lì che ha il primo contatto con l'Italia: a Kaiserslautern contro la selezione di Lippi gioca un'ottima partita e gli USA bloccano i nostri sull'1-1. Sarà l'unico incidente per i futuri campioni del mondo, al contrario degli americani che guadagneranno l'unico punto in un torneo che li vedrà uscire subito

Le strade si incrociano tre anni dopo, in Confederations Cup. L'Italia vince lo scontro diretto 3-1, ma qualcosa cambia. Gli azzurri escono subito, al contrario della selezione a stelle e strisce che arriva fino in finale. E Onyewu è uno dei migliori giocatori del torneo.

Fortissimo fisicamente, la sola presenza spaventa gli avversari. Il Milan, che ha appena fallito con Senderos, rispedito all'Arsenal dopo la stagione da dimenticare, cerca un centrale di spessore e scommette proprio su Onyewu. D'altronde il giocatore arriva a parametro zero e il gioco vale la candela.

Il nuovo allenatore del Milan è Leonardo che, sebbene sia all'esordio assoluto, si guarda bene dallo schierare il giocatore. Lo fa solo contro in una partita di Champions League, in casa contro lo Zurigo, ma solo perché il titolare Nesta si fa male: la prova è disastrosa, gli svizzeri riescono addirittura a espugnare San Siro.

A ottobre in una partita con la propria Nazionale, Onyewu si infortuna gravemente al ginocchio, perdendo di fatto tutta la stagione e scatenando l'ira di Galliani che solleva l'annoso problema dei propri tesserati impegnati in gare internazionali.

Farà onore a Onyewu la scelta di rinnovare per un'altra stagione senza percepire lo stipendio, per recuperare il primo anno perso.

Si arriva al 2010 con un nuovo Milan. C'è un altro tecnico in panchina, Massimiliano Allegri e soprattutto la stella assoluta Zlatan Ibrahimovic a riaccendere gli entusiasmi. Già, proprio Ibra. Ed eccoci al tema accennato all'inizio: siamo a novembre e in una partita di allenamento a causa di un intervento dello svedese su Onyewu arriva la reazione dell'americano, tutt'altro che amichevole. Si scatena una rissa epocale e il fatto che i soggetti coinvolti siano due pesi massimi impedisce al resto della squadra di sedarla. L'allenamento verrà sospeso. Onyewu vedrà perdere la maglia rossonera proprio a seguito di quell'incidente. Verrà prestato al Twente e poi ceduto allo Sporting Lisbona. La sua sarà una parabola discendente che lo vedrà giocare (poco) con le maglie di Malaga, QPR, Sheffield Wednesday, infine il Charlton, Championship inglese, contratto firmato un mese fa.

Circa l'incidente, l'episodio si è guadagnato un capitolo dell'autobiografia di Zlatan Ibrahimovic, "Io Ibra", dove lo svedese racconta alcuni retroscena all'epoca dei fatti nascosti: "Quella volta rischiammo di ammazzarci. Dovettero intervenire alcuni compagni per dividerci". Ibra, nell'occasione, si ruppe una costola e il club nascose tutto.

Poco fortunato a calcio, Onyewu vanta un piccolo record: aver tenuto testa, almeno in una specialità, Ibrahimovic: "Chi ha vinto? Nessuno perché lui è un mostro, è grande come me ma è molto forte e non vedo un vincitore" ha dichiarato lo svedese. Un messaggio che può essere preso come suggerimento per darsi a una nuova disciplina, visto che al Charlton al momento in cui scriviamo ha giocato solo 13 minuti. In caso di dubbi chiedere all'ex collega Tim Wiese, passato dal difendere i pali del Werder Brema in Champions League, ai ring del wrestling...

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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