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Lutto: è morto Teofilo Sanson

di Redazione TMW.
Fonte: di Monica Tosolini per Udineseblog.it

E' morto Teofilo Sanson, l'uomo dei gelati, del ciclismo di Moser, del calcio dell'Udinese. Veneto di Conegliano, dove era nato nel 1927, parlava perfettamente il dialetto piemontese: dal 1948, ultimo di dodici fratelli, si era trasferito a Torino, per fare e vendere gelati. Li produceva, li trasportava con un suo trabiccolo a pedali, quello classico dei gelatai di una volta, lui vestito di bianco con un cappellino da aiuto cuoco: la foto sul lavoro era diventata la sua icona quando vedeva un milione di gelati al giorno. La sua industria si era spostata da Torino a Colognola ai Colli, presso Verona (paura dei rapimenti sotto la Mole), nel 1968, poi era passata agli americani, per tornare a lui che ne era rimasto direttore a lungo, e intanto arricchirsi della produzione di pandoro. Pedalando per Torino con i suoi gelati Sanson andava dove stavano le tifoserie calcistiche che seguivano gli allenamenti del Toro e della Juve. Divenne subito fervente tifoso granata, e in vecchiaia si divertiva a ricordare che il primo assegno da lui emesso era stato cambiato da un certo Sergio Rossi, industriale che sarebbe diventato presidente del Torino.

Amava il ciclismo profondamente, e mise su una squadra professionistica subito forte, guidata da Italo Zilioli: poteva avere Merckx ma lo lasciò all'amico Vincenzo Giacotto, il suo primo direttore sportivo, che con la procura del fuoriclasse belga diede vita ad un'altra compagine. Il suo uomo di punta fu poi Francesco Moser, l'amatissimo che però gli fece il "torto" di vincere finalmente il Giro d'Italia quando, nel 1984, era passato alla Gis, sempre gelati: e di vincerlo proprio nella tappa conclusiva, a cronometro, che arrivava a Verona. Nel 1985 e nel 1999 Teofilo Sanson fu decisivo per l'organizzazione dei Mondiali nel suo Veneto. E ogni anno, i suoi operai erano invitati alla trasferta per seguire le gare iridate, dovunque: nel 1991 li portò sino in Giappone.

Arrivò al calcio "trainato" da Franco Dal Cin, manager di grandi idee, prese l'Udinese (erano i tempi di Zico), inventò la visibilissima scritta pubblicitaria "lavorando" l'erba dello stadio Friuli, e inventò, approfittando di una smagliatura del regolamento, la scritta pubblicitaria sui calzoncini: pagò una multa comminatagli dalla federcalcio, ma quello fu forse il miglior in vestimento pubblicitario nella storia dello sport, per il rapporto fra investimento e resa. Lasciò nel 1986, si attivò come socio d'onore al Verona, continuando a tifare Toro.

Amava lo sport, in famiglia le quattro figlie (da moglie torinesissima) non gli promettevano proprio di diventare campionesse di qualcosa. Aiutò il Rovigo Rugby intestandoselo e vincendo due scudetti, si intestò nella pallanuoto il Civitavecchia, nel calcio il Conegliano e il Chioggia Sottomarina. Grande cuore, ma anche cuore clinicamente complicato, con operazioni delicate in Francia. Non sapeva smettere di lavorare, alzava case in Veneto e investiva nei terreni agricoli in Ungheria. Poi il ritiro definitivo a Scomigo, il paese della mamma e degli amici d'infanzia con i quali giocare a bocce. Nessuno voleva credere che la pila umana che lui era poteva potesse perdere dei giri, sino a fermarsi.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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