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Luca Serafini: "Milan, prospettive assenti"

di Andrea Melli
Fonte: Luca Serafini
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© foto di Federico De Luca

La Champions applaude una Roma spregiudicata e consapevole dei suoi grandi mezzi, mentre continua mettere a nudo la mentalità di una Juve che proprio non riesce ad avere il coraggio che serve quando il gioco si fa duro. In Europa non bastano i campioni, l'organizzazione di gioco, l'esperienza che pure riempiono il bagaglio delle big: servono la sfrontatezza e l'attenzione che storicamente mancano al club bianconero. Lo dice la storia: un club che vanta così tanti titoli nazionali e così poche finali e vittorie, non ha evidentemente nel suo dna i cromosomi della ribalta internazionale. Cromosomi che ha sempre avuto il Milan, da più di 50 anni a questa parte, anche nelle stagioni più difficili e buie in Italia. Considerazioni che oggi vanno tenute nel baule dei ricordi, perché dal 2007 in poi i rossoneri hanno gradatamente perso smalto e autorevolezza, prima in Europa dove hanno smesso di incutere timore, poi in campionato una volta conquistato il titolo del 2011.

La recente, costante, meticolosa, scientifica disgregazione di valori non solo tecnici che hanno contraddistinto da sempre questa società a livello internazionale, non poteva che sortire questi modesti risultati: prima le eliminazioni annunciate, poi la scomparsa dal tabellone dopo l'avvilente piazzamento nella passata stagione. Può succedere, alla fine di un ciclo. Quello che più rattrista e preoccupa non è questo, ma le prospettive assenti. Totalmente assenti. Martedì e mercoledì, seguendo le partite di Champions, sorgeva spontanea la domanda: quando tonerà il Milan nell'Europa che conta? E quando ci tornerà con l'ambizione di poter lottare fino in fondo, come sempre è stato? E quando rivedremo una squadra come nei primi 5 lustri della gestione Berlusconi, capace di spazzare via avversari, record e diffidenza rispetto al gioco e allo spettacolo? La risposta è simile per tutte e 3 le domande: non presto, purtroppo. Nascosta dietro ad alchimie più o meno pretestuose per giustificare l'assoluta mancanza di volontà di agire in maniera credibile e strategica sul mercato, la proprietà non fissa più da tempo né ambizioni né traguardi, accontentandosi genericamente di un non meglio identificato "ritorno in Europa". Vuol dire nel caso anche Europa League, può bastare. Può bastare per ripartire. Anche in questo caso però verrà da chiedersi quale tipo di cammino potrebbe percorrere una squadra reduce da una silenziosa rassegnata sconfitta contro la Juve e da 2 grigi pareggi sul campo di 2 neopromosse.

Il punto focale è questo: Inzaghi può metterci idee, entusiasmo e moduli (l'ultimo al "Manuzzi" si può discutere, ma è l'unico che possa prevedere Torres e Menez insieme, un giorno magari persino con il pulcino bagnato El Shaarawy), lavoro, passione. La squadra resta comunque paurosamente fragile in difesa, incompleta a centrocampo, sporadica nelle giocate in attacco dove nonostante tutto qualche schema e qualche idea ogni tanto si intravvedono, specie sui calci piazzati. Troppo poco per risalire la china, troppo scarso per tornare a sognare l'Europa, l'Europa che conta intendiamo. Andrebbe riaperto quel baule dei ricordi, potrebbe rinfrescare la memoria alla proprietà e alla dirigenza milanista: scorrevano soldi, fiumi di soldi per allestire e mantenere il Milan che viaggiava in betoniera e asfaltava tutti, ma scorrevano anche cascate di idee, intuizioni, progetti, ambizioni di cui proprio non vi è più alcuna traccia. Questo, al di là di Cesena, Empoli e domani sera il Chievo, è il problema che accompagnerà Inzaghi e la sua truppa da settembre a maggio. Questo è quello che non sembra garantire un ritorno nell'Olimpo in tempi ragionevoli.

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Lunedì 31 Dicembre 2018
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